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Roma
Matti per la birra, da operai a imprenditori: Heineken rilancia Birra Messina

dal nostro inviato Massimiliano Martinelli

Dal fallimento di un marchio centenario alla rinascita, quindi il successo anche fuori dallo storico territorio, grazie solo alla determinazione e alla passione dei propri dipendenti. Heineken scommette sulla cooperativa “Birrificio Messina”; la storia di 15 operai diventati imprenditori supera lo stretto e sposa l'ambizione della multinazionale di Amsterdam.

 

L'ultimo capitolo di una lunghissima storia legata al marchio, fondato nel 1923 e sopravvissuto grazie ad una piccola impresa, quasi impossibile da capire però se non la si vede e non la si tocca da vicino.

La sfida era difficile; spiegare la Sicilia, la sua personalità e la sua storia, quindi la portata dell'impresa, a chi l'isola non la vive quotidianamente. Con questo spirito Heineken Italia ha aperto alla stampa le porte dello stabilimento di Larderia, Messina, per un “dietro le quinte” della nuova partnership. Ad accogliere i giornalisti è Domenico Sorrenti, detto Mimmo, presidente della Cooperativa nonché autentico padrone di casa. Mimmo è uno dei 15 “matti”, come sottolinea lui stesso più volte, che nel 2013 hanno investito in prima persona per scongiurare la chiusura del marchio, fin dal 1923 parte integrante della città e non solo.

 

La storia

Rilevato nel 1988 da Heineken, lo storico birrificio del centro di Messina diventa con gli anni sempre più difficile da gestire. Registrata l'impossibilità di un adeguamento logistico sulle orme dei moderni impianti, quindi anche quello di ottenere nuovi terreni lontani dal centro città, Heineken prima sposta la produzione in provincia di Taranto quindi, nel 2007, anche l'imbottigliamento di Birra Messina oltrepassa lo stretto.

La sede messinese torna quindi agli storici proprietari, la famiglia Faranda, per poi chiudere nel 2011. “Siamo stati ingannati dell'ex proprietario e ci siamo ritrovati buttati fuori – ammette Mimmo – Prima abbiamo protestato, poi ci siamo riuniti intorno ad un tavolo per decidere cosa fare. Di circa 40 persone 15 'matti' hanno deciso di diventare imprenditori investendo di tasca propria”. La cooperativa nasce così nel 2013 grazie alla caparbietà e al Tfr di un piccolo gruppo di maestri birrai, che dopo soli 3 anni iniziano la produzione di due nuove birre, “Birra dello Stretto” e “Birra Doc”, nell'attuale impianto di Larderia. Quindi il rilancio anche grazie anche alle braccia delle nuove generazioni al lavoro, la visita nel 2018 in Vaticano accolti dal Papa, le prime soddisfazioni nonostante ogni pronostico: “Il bilancio è quasi in pareggio, ci aspettiamo a breve i primi utili – racconta Mimmo – Sono riuscito a riscattare la casa che avevo impegnato, è già qualcosa”.

La sfida

Un piccolo capolavoro di bravura che non è passato inosservato dalle parti di Heineken, che da gennaio 2019 ha affiancato la cooperativa con la nuova Birra Messina Cristalli di Sale. Una lager dal colore dorato, naturalmente fresca, che regala al palato note floreali e sensazioni fruttate. Insospettabile ingrediente segreto è il sale, con cristalli che arrivano dalle saline di Trapani che fanno risaltare la percezione dei sapori. Un inno alla Sicilia unita dallo stretto fino a Trapani, alla tradizione ma anche all'innovazione, attraverso il gusto ma anche dal semplice design. Sulla bottiglia trionfano infatti elementi decorativi che ricordano da vicino le tipiche ceramiche siciliane, con elementi blu accesi su sfondo bianco. Il legame che ha con la terra da cui viene si spinge però oltre il razionale, toccando le corde dell'emotività, abbracciando quasi affettivamente l'intera regione da nord a sud.

Sapore di sale

Terminata la visita a Messina, rotta quindi verso il luogo che custodisce il segreto della nuova birra: Trapani. Lì alle porte della città tra alghe colorate tramite betacarotene e fenicotteri la famiglia Culcasi porta avanti una tradizione che dura da oltre 50 anni, raccogliendo solo con l'aiuto di una pala quel sale naturale, frutto di sole e vento, divenuto un vero e proprio fenomeno. Dall'uso alimentare fino all'applicazione nel campo del benessere, passando per attrazione turistica esplosa solo di recente, il sale è tornato quasi ad occupare il ruolo centrale che aveva nell'antichità. La salina è un'oasi vera e propria, sotto tutela del Wwf, dove il tempo sembra si sia fermato e la raccolta si fa ancora tutta manualmente sotto il cocente sole di agosto. L'ombra di un mulino centenario è l'unico riparo contro temperatura altissime già a giugno, l'orizzonte del mare l'unico limite, poi una distesa di terra quasi selvaggia amata con la stessa intensità da Trapani fino a Messina.

 

Sicilia, siciliani e "sicilitudine". La ricerca

La ricerca delle proprie radici e l'affermazione di un'identità unica ma complessa si confermano infine alla base del grande lavoro di Heineken, che per l'occasione presenta uno studio commissionato alla Doxa su un campione di 1600 persone. Il significato è tutto nel titolo: "La Sicilia vista dai siciliani. Viaggio nella sicilitudine". Emerge così che i siciliani non sono solo orgogliosi, ma anche orgogliosi di definirsi "diversi" da altri Italiani. Nel rapporto tra città in cui ancora oggi infuria la guerra su arancine o arancini, si scopre poi a sopresa che trionfa l'appartenenza alla Sicilia a discapito del campanilismo. Il dialetto rappresenta inoltre un valore: solo il 4% degli intervistati non lo parla mai. Nessun dubbio poi sulle caratteristiche caratteriali, i siciliani si associano a parole come accoglienza, generosità e ricchezza d'animo. Il cibo più rappresentativo? L'84% indica i dolci, dai cannolli alle cassate passando per granite, tamponati però a stretto giro da arancini, panelle, milza e tutto quel patrimonio di rosticceria e street food. E ancora, la abitudini più radicate sono ancora il pranzo la domenica in famiglia e le feste tradizionali popolari.

 

Una ricerca a 50 anni dalla fortunata definizione di Leonardo Sciascia, che portò il termine al centro del dibattito, che si dimostra ancora attuale, sposandosi con l'esigenza di raccontare la Sicilia attraverso tutte le sue caratteristiche. Mille sfaccettature che vanno a comporre un mosaico complesso ma bellissimo, da oggi tenuto insieme da un nuovo tassello. Il 90% dei siciliani intervistati dichiara infatti di conoscere birra Messina, il 57% la consuma. Ben il 94% invece si dice felice dell'imminente approdo della birra fuori dai confini della Sicilia. Insomma, un piccolo plebiscito che rafforza l'immagine di un orgoglio made in Sicilia e di una regione che riesce ad andare oltre le divisioni. Greca, spagnola o arba che sia, le mille anime della regione rispondono in coro all'appello di Birra Messina confermando l'esigenza di un'unione tra nord e sud, ancora meglio se avviene tramite la birra: "È un messaggio che ci piace e di cui abbiamo bisogno".

 

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