Roma
Mele marce, la pianta è malata. "Tangentopoli non è mai finita"


Dalla militanza nel partito comunista all'incarico di segretario nazionale dei "giovani" Fgci scelto direttamente da Alessandro Natta, nel 1987 eletto deputato per la prima volta, protagonista del Laboratorio Politico per la Sinistra che sosteneva la candidatura di Cuperlo alla segreteria del Pd nel 2013, Pietro Folena traccia per Affaritaliani.it un quadro impietoso dello scandalo di Mafia Capitale, capace di investire i partiti politici come lo fece Tangentopoli nel 1992: ora come allora il male è nella politica.
“Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Articolo 49. Costituzione della Repubblica Italiana. Sta nella negazione di questo principio la ragione più profonda delle dimensioni della questione morale, rappresentate plasticamente da Mafia Capitale. Si fa fatica a stare dietro la cronaca, tanto racconta la degenerazione profonda e diffusa della politica. Ma il problema non si risolve solo togliendo le mele marce: non solo perché non si sa quante di sane rimarrebbero sull'albero. Forse tante, ma destinate ad ammalarsi anche loro. E' la pianta che è malata.
Sono più di vent'anni, dal 92 in poi, che alla degenerazione dei partiti politici della prima repubblica si è risposto dicendo che il male stava nei partiti. Siamo passati ai partiti personali, col nome del leader -spesso presunto tale- nel simbolo, dall'estrema destra all'estrema sinistra. Ora quasi l'intero arco delle forze parlamentari coltiva l'ideologia che la politica sia proprietà dei rappresentanti, e non dei rappresentati. Lo statuto del Partito Democratico, che demolisce l'idea della partecipazione politica organizzata affidando il destino della politica alla vittoria di un Capo, è il logico sbocco di questa ideologia. Così come la cancellazione di ogni finanziamento pubblico alla politica. Oggi molti consiglieri, eletti, rappresentanti politici e dirigenti amministrativi passano al soldo dei privati, in una commistione senza precedenti. A Roma addirittura sono dipendenti di gruppi criminali e illegali".
"Non ho sentito parole di autocritica da parte di nessuno dei capi e signori delle tessere del PD romano - continua Folena - Se è vero che la Grande Degenerazione è iniziata sotto Gianni Alemanno sindaco, ciò non toglie che di essa faccia parte un numero crescente di esponenti della sinistra. E che per un grande partito popolare e democratico questa ferita è immensa. Ci sono le energie per reagire. Ci sono le forze, di diverse generazioni, da chiamare in campo, e da raccogliere per una rigenerazione a Roma, come in altri territori. Ma il tema centrale che Matteo Renzi e Matteo Orfini dovrebbero prendere in mano è quello dell'attuazione dell'articolo 49 della Costituzione. Della legge che regoli la vita democratica e associativa dei partiti, cominciando dall'abrogazione dell'orrore giuridico e morale dello statuto del PD.
Sento dire che il PD oggi non è più contendibile -con un'espressione per me sbagliata-: che è una struttura chiusa e respingente. E' vero. Purtroppo tutta la politica lo è, chiusa nelle aule rappresentative, sorda alla società, ai suoi dolori, ai suoi slanci, alla sua forza. Da lì bisogna ripartire: da un partito sociale, da una politica sociale che, sull'onda del papato di Francesco e di tanti esempi di comunità e di solidarietà, dia voce a chi non ne ha".
"Se non si corre presto ai ripari - conclude Pietro Folena - con una inversione radicale dopo tanti anni, temo che vedremo sgretolarsi quello che rimane della democrazia italiana".
Alcuni dei benficiari dei versamenti in chiaro e relative cifre corrisposte da Salvatore Buzzi tra febbraio 2008 e gennaio 2015