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Roma
Milo Manara s'innamora di Caravaggio. “Con lui avevo un debito”. L'intervista

di Maddalena Scarabottolo

Milo Manara si commuove di fronte ad un altro gigante della pittura come Caravaggio. “Davide e Golia” a Villa Borghese e la “Vocazione di San Matteo” a San Luigi dei Francesi sono solo alcune delle opere, conservate a Roma, che hanno fortemente colpito il fumettista.

Negli ultimi sette anni Milo Manara ha lavorato al progetto della ricostruzione a fumetti dell'intera vita del grande pittore Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio. Quest'anno, dopo 50 anni dalla pubblicazione del primo fumetto, Manara festeggia l'uscita del secondo volume dedicato al grande artista italiano intitolato “La Grazia”. Il primo tassello, “Caravaggio-La Tavolozza e la Spada”, è stato pubblicato nel 2015. Affaritaliani.it ha intervistato Manara per sapere come le opere di Caravaggio conservate a Roma abbiano influito sulla realizzazione di questa graphic novel e sulla sua poetica artistica.

Maestro Manara, dopo 50 anni di attività, cosa l'ha spinta a intraprendere un percorso dedicato a un artista come Caravaggio?
“Ho cominciato a pensare di raccontare questa vicenda straordinaria dopo 43 anni. Un debito che sentivo di avere verso questo artista, per quello che ha dato all'umanità e per quello che ha rappresentato per me personalmente. Bisogna considerare che la vita di Caravaggio è stata una vita proprio da eroe da fumetto: avventurosa, piena di fatti e avvenimenti molto forti. Con questa spada ha ucciso una persona, è stato imprigionato varie volte, è stato condannato a morte. Lui milanese a Roma, poi a Napoli, poi a Malta. Un punto di riferimento per tante situazioni geograficamente culturali diverse. Per me ha un'importanza particolare perché all'esame di maturità ho fatto l'esame orale di storia dell'arte proprio su Caravaggio. L'esame di maturità è un avvenimento molto importante per ogni studentello e quindi ha segnato una parte importante della vita. Un altro elemento importante per me è che la sua pittura è molto narrativa, è una pittura d'illustrazione. Lui racconta dei fatti, lui racconta ricorrendo a quello che noi oggi chiamiamo fiction, una finzione. Lui dispone gli attori, i modelli, come se fossero in un set e chiede a ognuno di recitare la propria parte, molto spesso senza cambiare loro nemmeno gli abiti”.

Che importanza ha avuto per il suo lavoro vedere dal vivo le opere di Caravaggio conservate in ambito romano?
“Le opere di Caravaggio sono inconfondibili. Se si entra in quadreria le opere di Caravaggio sono illuminate dall'interno, hanno una luce propria. L'uso che lui fa della luce è innovativo. Lui è stato il primo ad utilizzare la luce con un senso così drammatico e drammaturgico, creando proprio una situazione teatrale. Caravaggio sistemava la luce nel punto giusto e chiedeva ai suoi attori di esporsi esattamente in determinati modi. Penso che i suoi quadri sono inconfondibili: trasmettono emozione e commozione”.

C'è un'opera a Roma che l'ha colpita particolarmente?
“Certamente i cicli di San Luigi dei Francesi con la Vocazione di san Matteo e le due opere in Santa Maria del Popolo. E' impossibile restare senza parole. C'è un'opera però che colpisce in modo particolare per la commozione: è quella alla Galleria Borghese intitolata “Davide e Golia”. Si tratta dell'ultima versione in cui c'è l'auto ritratto di Caravaggio in veste di Golia con la testa mozzata. E' uno degli ultimi quadri che lui ha fatto ed è commovente perché si rappresenta sconfitto e umiliato dopo aver ricevuto una ferita molto grave a Napoli. La parte più coinvolgente ed emozionante è lo sguardo di Davide che lo guarda con un senso di pietà ed è come se dicesse al pittore “guarda se dovevi ridurti proprio in questo stato disgraziato”.

Nella tela non c'è odio, non c'è nemmeno la fierezza che è presente nell'opera di Michelangelo o di Donatello, ma Davide qui è un ragazzo che è quasi dispiaciuto di aver fatto quello che ha fatto”.

Le luci e le ombre che caratterizzano così fortemente l'arte di Caravaggio, come hanno influito sul suo lavoro?
“Influenzano certamente gran parte del fumetto che si basa sul bianco e sul nero. All'inizio i fumetti erano pubblicati sui quotidiani e avevano bisogno di grandi contrasti per essere letti perché venivano stampati su carta di bassa qualità. Il fumetto deriva nettamente proprio da questa divisione chiara e precisa tra il bianco e il nero che in Caravaggio diventano la luce e le tenebre. Via via che si va avanti nella vita e nelle opere di Caravaggio queste tenebre diventano sempre più incombenti e minacciose, brulicanti di spiriti e di minaccia. Non sono più un colore o un fondo scuro ma sono proprio presenze fisiche. Dal buio e dalle tenebre sembra che l'abisso ti stia guardando e che ti stia dicendo guarda che è qui che puoi arrivare. Le opere di Caravaggio raccontano benissimo l'evoluzione del suo stato d'animo e della sua progressiva perdizione”.

Come vede la Roma che ha abbandonato Caravaggio e la città che è oggi?
“Posso pensare alla Roma che Caravaggio ha abbandonato, una città in cui vivevano tanti altri artisti e in particolare penso ad Artemisia Gentileschi. Artemisia fu un personaggio emblematico, per fare un paragone con la nostra epoca, proprio perché lei stessa ha subito quegli oltraggi che sembrano così frequenti in questo periodo. Roma, vista da un punto di vista architettonico, rispettava invece un po' di più l'anima caravaggesca:i ruderi che soprattutto di notte, l'ora più amata da Caravaggio, sembrano degli animali facevano parte della sua poetica. Queste rovine antiche stabiliscono lo sfondo perfetto per la tenebra caravaggesca. La Roma Barocca è fondamentale per fare da sfondo alla vita di questo uomo. Oggi vedo la città cambiata specialmente per lo scorrazzare di cinesi un po' dappertutto e comunque per la grande massa di turisti. Penso che Roma sia molto diversa da quella di Caravaggio più che altro sul piano antropologico non tanto sul piano architettonico. Tra l'altro le zone che bazzicava il pittore, diciamo da piazza del Popolo a Piazza Venezia, la zona del Pantheon e Piazza di Spagna, mi sembra siano rimaste intatte, non mi pare sia cambiato molto. Penso sia una cosa importante perché mi ha permesso di fare una ricostruzione. Ciò che è cambiato molto sono le persone e il modo di vivere questa città”.

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