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Roma
Nuovo stadio As Roma: su Tor di Valle il delitto perfetto dell’urbanistica

di Andrea Catarci *

Si è messa la pietra tombale sullo stadio a Tor di Valle. Solo tre mesi fa la Sindaca Raggi aveva promesso come regalo di natale per i tifosi l’avvio dei lavori, a seguito degli accordi raggiunti con la Città Metropolitana per l’unificazione di via del Mare e via Ostiense e con la Regione Lazio per potenziare la Roma Lido.

A minare tale entusiasmo era subito arrivata la notizia del pignoramento di parte dei terreni privati. Poi, qualche giorno fa, la società di calcio ha dichiarato di non essere più interessata all'utilizzo dell’impianto, ritenuto “di impossibile esecuzione” non solo per la pandemia, con corollario di denunce di Eurnova del gruppo Parnasi, soggetto proponente.

L’amministrazione capitolina ha avviato il procedimento di revoca della costruzione di stadio e business center con nota prot. QI n. 41133 del 4 marzo 2021 del Dipartimento PAU, Programmazione e Attuazione Urbanistica, ravvisando la mancanza dei presupposti per proseguire. Nella stessa si intima di consegnare entro un mese la documentazione giuridica attestante la piena disponibilità delle aree, insieme ad atti d’obbligo e fideiussioni sottoscritte congiuntamente sia da Eurnova che dall’AS Roma, necessarie per arrivare alla firma della convenzione urbanistica. Cosa che evidentemente non accadrà.

Alla sindaca Raggi e all'assessore all’urbanistica Montuori è toccata la difesa d’ufficio. Hanno ribadito che non hanno colpe, che lo stop non avviene per le procedure e i ritardi, che hanno ereditato un progetto, lavorato per renderlo compatibile con l’ambiente, ridotto l’impatto in metri cubi a tutela della città. Qualunque siano state le intenzioni, alla prova dei fatti ogni parola si è rivelata ingannatrice. A smentire tali affermazioni è stata proprio la società giallorossa, che nel declinare su Tor di Valle ha ribadito l’intenzione di realizzare una struttura verde, sostenibile e integrata con il territorio: requisiti che, evidentemente, non ha ravvisato nello “stadio fatto bene” della narrazione grillina. In realtà non c'è stato nessun miglioramento rispetto alla prima versione approvata dall'ex giunta Marino per la semplice ragione che non si è raggiunto nessun nuovo equilibrio progettuale, portando il tutto su un binario morto. Come nei classici bluff si è andati avanti lo stesso, promettendo, giocando con la passione dei tifosi, ignorando le criticità segnalate da uffici interni e da soggetti esterni all'amministrazione come il Politecnico di Torino, in quello che è un delitto perfetto, vittima le scienze urbanistiche.

Per perseguire la tutela di territorio e ambiente ci si doveva spostare altrove. Si sapeva da tempo che quella individuata non fosse una localizzazione idonea, per gli aspetti geologici e idraulici oltre che per il sistema di connessione urbana. Lo avevano dimostrato con varia documentazione associazioni, comitati e voci critiche, tra cui l’ex assessore della stessa giunta Raggi Paolo Berdini, sostituito anche per aver proposto di virare verso Romanina-Tor Vergata. Non si è voluto ascoltare e si è rimasti lì, parlando di trasparenza e alimentando pratiche oscure, guardando unicamente a dimensioni, propaganda e correttezza formale, tralasciando aspetti sostanziali come la nuova centralità urbana: in essa le infrastrutture - a cui era legata la dichiarazione di interesse pubblico - hanno finito per essere finanziate con fondi pubblici e ora, beffa dopo il danno, la giunta si sta impegnando a realizzarle lo stesso, a prescindere dallo stadio.

La giunta capitolina ha prodotto un enorme spreco di risorse pubbliche, economiche e umane. Per lunghi anni buona parte del personale dei dipartimenti tecnici, dell’avvocatura, del segretariato e di diversi staff è stato prevalentemente impiegato su tale opera - in aggiunta a consulenze, “due diligence” e altro –, tra procedure speciali e variante al Prg, rendendo l’urbanistica poco più che monotematica. In conseguenza il resto è rimasto al palo non solo nelle pratiche spicciole della quotidianità: è significativo il disinteresse riservato ai piani di riqualificazione di due trasformazioni strategiche come gli ex mercati generali dell’Ostiense e l’ex fiera di viale Colombo.

Allo stesso tempo, per amor del vero e non da ultimo, va ricordata la presenza di alcuni peccati originari presenti sin dall’avvio, precedenti all’era Raggi: dalla scelta di un’area inadatta sotto il profilo ambientale e urbanistico al gigantismo voluto come punto d'equilibrio, assicurando al privato ipotetici vantaggi e ipervalutazioni diventati ostacoli.

Mentre già si riaffacciano diverse ipotesi - la ristrutturazione di Olimpico/Flaminio, la riqualificazione dell’Eni all'Ostiense a ridosso del centro, la costruzione in semicentro a Pietralata o in zone più lontane tipo Tor Vergata – , va fatto tesoro degli errori commessi: occorre individuare quale utilità e che controindicazioni ognuna di esse comporti per Roma; serve visione, primato dell’interesse collettivo, localizzazione adatta, accordi chiari con gli investitori, dimensionamenti ragionevoli, tempi certi: senza tali fattori di controtendenza si continuerà a oscillare tra speculazione e immobilismo, con la cultura privatistica e metodi clientelari e infantili ad avere il sopravvento sulla città pubblica.

* Andrea Catarci, coordinatore del Comitato scientifico di Liberare Roma.

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