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Roma
Omicidio Cerciello, la vedova al processo: “Uscì con le manette nei jeans”

Omicidio Mario Cerciello Rega, al processo per la morte del vicebrigadiere dei carabinieri ucciso la notte del 26 luglio 2019 in corte d'assise parla la moglie, Maria Rosaria Esilio. Una deposizione toccante e commovente quella della vedova, che ha raccontato come ha conosciuto Cerciello e come "a suon di sacrifici" facessero tutto assieme condividendo ogni cosa.

"Ci siamo conosciuti nel 2010 - ha esordito la moglie di Cerciello -, mi aveva fatto una corte spudorata e mi disse subito che voleva sposarmi. Un amore vivo e completo, fatto di tanti sacrifici per costruirci un futuro. Ho conosciuto Mario l'anno dopo che aveva perso suo padre. Si è dovuto assumere responsabilità che non sono quelle di un ragazzo di 26 anni. Chiunque ci parlava, anche per poco, sapeva che poteva contare su di lui. Mario era un uomo all'antica, un uomo di valore, riusciva a esserci per tutti. Era un carabiniere, un punto di riferimento per tutti, si dedicava agli ultimi e ai senza tetto. Poi ci siamo sposati il 13 giugno 2019, abbiamo coronato un sogno. Ci eravamo riusciti finalmente, eravamo una famiglia. Eravamo complementari. In viaggio di nozze siamo andati in Madagascar".

La sera della tragedia "siamo stati a casa fino alle 23 - ha raccontato la signora Esilio -. Ho preparato gli abiti, il portafoglio con manette nel suo pantalone jeans e maglietta di cotone. Mario aveva un borsello, come sempre. Le manette e il portafoglio le portava nella tasca anteriore e posteriore. Lui mi saluta e se va a lavoro".

"Ci siamo sentiti dopo mezzanotte perché era Sant'Anna e poi più tardi, perché volevo sapere se tornava in mattinata così stavamo insieme. Era intorno all'1.30 e poi sono andata a dormire. Alle 4 precise - ha proseguito la vedova - mi ha chiamato mio cognato Paolo dicendomi che era successo qualcosa a Mario. Che lo stavano operando. Ho chiamato in caserma e dalla voce del piantone ho capito che era successo qualcosa di grave. Ho chiesto se in caserma c'era qualcuno e mi disse che tutti i militari avevano raggiunto l'ospedale. Poi ho chiamato i miei genitori. Li ho avvisati e ho chiamato un collega che stava al Santo Spirito. Sono scesa e non sapevo neanche dove si prendessero i taxi. Poi è arrivato un taxi che mi ha accompagnato lì, non ha voluto neanche i soldi. Arrivo in ospedale dal lato del pronto soccorso, erano tutti lì. Sono andata dritta vicino alla porta e c'era il comandante Ottaviani e mi disse che stavano operando Mario. In quel momento è uscito l'infermiere e mi ha dato i suoi effetti personali, la fede, la collana e un bracciale. Ho atteso sui gradini di una scala. Sul muretto notai le manette di Mario, volevo prenderle ma mi hanno detto che non potevo. Ho atteso la moglie del comandante che mi ha accompagnato dai medici, una situazione surreale. I medici mi hanno detto che non avevano potuto fare di più e che Mario era morto".

"Ricordo mio marito sul lettino di ospedale, con un lenzuolo addosso – conclude la vedova –. Gli ho dovuto chiudere gli occhi perché me lo avevano ucciso. Gli ho dato l'ultimo bacio. Sono rimasta un po' sul suo letto per l'ultima volta, poggiandomi con la testa sul suo petto, come quando ci addormentavamo. Mi aveva promesso che la domenica saremmo andati al mare".

Niente domiciliari per Hjorth: resta in carcere

Resta in carcere Christian Gabriel Natale Hjorth, lo studente americano accusato, in concorso con Finnegan Lee Elder, dell’omicidio di Cerciello Rega. La prima corte d'assise di Roma ha respinto la richiesta di arresti domiciliari che i difensori di Hjorth, gli avvocati Francesco Petrelli e Fabio Alonzi, avevano presentato il 24 settembre scorso. La corte d'assise non ha condiviso le argomentazioni della difesa secondo cui le esigenze cautelari potevano "ritenersi notevolmente scemate" o comunque "di grado tale da poter essere soddisfatte con i domiciliari, eventualmente con il braccialetto elettronico", in assenza di un "pericolo di fuga e del rischio di reiterazione del reato".

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