Papa Francesco, amato e odiato. Il 2017 di Francesco tra critiche e ostilità - Affaritaliani.it

Roma

Papa Francesco, amato e odiato. Il 2017 di Francesco tra critiche e ostilità

I viaggi di Francesco dall'Egitto a Fatima, dalla Colombia al Bangladesh

di Diana Maltagliati

Papa Francesco amato e odiato. Il 2017 è stato il quinto anno di pontificato per Bergoglio, il pontifex francescano che non si sforza di stare nei ranghi imposti dalla Chiesa e che quando interviene di persona davanti ai fedeli spesso parla a braccio e con il cuore, abbandonando i discorsi preparati per improvvisare.

 

Un Papa imprevedibile che ha costretto il Vaticano ad aumentare i membri della scorta che si ritrovano a “inseguirlo” quando abbandona la papa-car per stringere le mani dei pellegrini in piazza San Pietro e per vietargli di bere e mangiare quanto offerto dai fedeli.
Che Francesco non fosse semplicemente un personaggio di facciata, lo si era capito già da tempo, ma i segnali continuano ad arrivare incessanti e, secondo la stampa, il pontefice non potrà “mangiare il panettone” con serenità quest'anno.
Gli attacchi ricevuti da membri stessi della Chiesa in questo 2017 quasi concluso sono stati infatti molteplici. C'è stato chi gli si è opposto apertamente, addirittura firmando un documento in cui gli si contestano le parole redatte nell'Amoris Laetitia che potrebbero “facilitare eresie”. E chi lo ha fatto sottobanco, quando Roma si è risvegliata tappezzata di poster in cui Bergoglio veniva rappresentato con un volto truce e il messaggio impresso recitava: “A France', hai commissariato Congregazioni, rimosso sacerdoti, decapitato l'Ordine di Malta e i Francescani dell'Immacolata, ignorato i Cardinali... ma n'do sta la tua misericordia?”.

Il Papa ha dimostrato però di essere duro a cedere alle pressioni e nonostante l'età e la stanchezza, ha viaggiato per tutto il 2017 dentro e fuori dall'Italia. Prima l'Egitto, poi Fatima, dopo ancora la Colombia fino ad arrivare in Myanmar e Bangladesh. Francesco aveva annunciato pubblicamente di voler visitare anche il Sud Sudan, un paese devastato dalla guerriglia e dalla fame, ma il Vaticano è subito corso ai ripari smentendo le parole del Santo Padre. “Il viaggio del Papa in Sud Sudan non sarà nel 2017. Il viaggio era finora oggetto di studio, ma non è mai stato annunciato ufficialmente”, ha dovuto dichiarare di fretta e furia il portavoce Greg Burke.
Quindi niente Sud Sudan (almeno per ora), ma le paure della Chiesa riguardo ai comportamenti “poco ortodossi” di Papa Francesco lo hanno seguito anche nelle visite concordate.

Il viaggio in Egitto

Il 28 e 29 aprile il papa va in Egitto. Quartieri blindati e sicurezza raddoppiata per evitare incidenti durante il viaggio.
Francesco, accolto con un abbraccio dal Grande Imam Al-Tayeb (incontrato in Vaticano un anno prima), ha parlato di terrorismo e ha chiesto al Paese di contribuire a condannarlo e sconfiggerlo.

Il viaggio a Fatima

A Fatima Papa Francesco ha abbattuto il muro che si era creato intorno al Terzo segreto dei pastorelli, utilizzando le parole esatte di Lúcia de Jesus Rosa dos Santos. La monaca portoghese parlò di "un vescovo vestito di bianco, abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre, che sale una montagna ripida, in cima alla quale c'era una grande Croce di tronchi grezzi, come se fosse di sughero con la corteccia. Prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo tremulo, con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce, venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni".

Il viaggio in Colombia

In Colombia Bergoglio ha avuto un piccolo incidente sulla papa-mobile e il livido che ne è scaturito lo ha accompagnato per tutto il viaggio, che si è iniziato il 6 settembre e si è concluso l'11.
Durante l'Angelus a Cartagena il Papa ne ha approfittato per parlare della situazione critica del Venezuela e per lanciare un appello “affinché si respinga ogni tipo di violenza nella vita politica e si trovi una soluzione alla grave crisi che si sta vivendo e che tocca tutti, specialmente i più poveri e svantaggiati della società”.


Il viaggio in Myanmar e Bangladesh

Quando il 27 novembre il pontefice è atterrato a Yangon, nessuno, nemmeno i suoi collaboratori più fidati, sapevano se Francesco avrebbe dato retta a chi gli consigliava caldamente di non pronunciare mai la parola “Rohingya”.
Con Rohingya si indica il gruppo etnico di religione islamica proveniente dallo stato di Rakhine in Birmania e dal Bangladesh, dove la popolazione s'è riversata in seguito all'intervento violento dell'esercito. Secondo i rapporti ufficiali delle Nazioni Unite, si tratta di una delle minoranze più perseguitate al mondo. Pronunciare il loro nome, in Myanmar, significa sollevare rancori ancora non assopiti.
E Bergoglio, la parola “proibita” l'ha pronunciata davvero, quando ha incontrato personalmente 16 esponenti del gruppo etnico per un meeting interreligioso: “La presenza di Dio oggi si chiama anche Rohingya. Che ognuno abbia la sua risposta”, ha detto. Il papa ha ascoltato ad uno ad uno i profughi, vedendoli piangere ed emozionarsi.
Un altro incontro fondamentale è stato quello col premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. A quattr'occhi i due si sono parlati per poco più di 20 minuti, ma la leader birmana ha avuto l'occasione di esprimere al Papa la propria vicinanza quando ha incluso il Santo Padre nella cerchia dei “buoni amici”, parlandogli anche in italiano prima per ringraziarlo della visita e poi per dirgli: “Continuiamo a camminare insieme con fiducia”.