Picchiata anche in gravidanza e davanti ai figli. Nove anni di inferno - Affaritaliani.it

Roma

Picchiata anche in gravidanza e davanti ai figli. Nove anni di inferno

Arrestato un moldavo di 34 anni per lesioni aggravate con percosse

Picchiata, schiaffeggiata e presa a calci: 9 anni di inferno fino a quando la donna, disperata, non ha deciso di denunciare le aggressioni che subiva dentro le mura domestiche dal compagno.

 

L'uomo, un 34enne moldavo, è stato arrestato dagli agenti della Polizia di Stato della Squadra Mobile, nell’ambito di indagini coordinate dalla locale Procura. E' accusato anche di lesioni aggravate per le percosse che hanno causato sulla donna una contusione cranio-facciale, escoriazioni ed ecchimosi varie e multiple sul dorso, sulle spalle, sui polsi e sulla parete addominale, come risulta dal referto medico dell’ospedale in cui ha cercato rifugio quando, per la prima volta, è riuscita a chiedere aiuto e protezione per sé e per i figli, palesando il proprio terrore per il comportamento violento e gravemente minaccioso del suo compagno.

Dal 2008 infatti, il 34enne aggrediva la convivente picchiandola, schiaffeggiandola e trascinandola per i capelli, anche durante la gravidanza del loro primo figlio. Alle sofferenze fisiche si univano quelle psicologiche e morali, che consistevano principalmente in offese verbali. Le sopraffazioni avvenivano perfino davanti ai figli, di sei e otto anni, e in un’occasione l’uomo aveva aggredito la donna con sedie e attaccapanni mentre, in un’altra, le aveva fratturato una costola con un calcio.
La vittima ha trovato la forza di denunciare quanto subito soltanto lo scorso 26 ottobre. Qualche giorno prima, infatti, si era recata al pronto soccorso per ricevere le cure necessarie a causa delle ferite inferte dal compagno e, in quell’occasione, è stata presa in carico da un centro antiviolenza e collocata in un luogo protetto, da dove ha trovato la forza di denunciare quanto sopportava da anni.

Grazie alle numerose informazioni raccolte dalle persone informate sui fatti e alla documentazione fotografica attestante le lesioni subite dalla donna, sono stati confermati i racconti e acquisiti elementi gravi, univoci e concordanti, che hanno portato all’applicazione della suddetta misura cautelare.