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Roma
Processo Regeni, un buco di 19 minuti: "Cancellati i video in metropolitana"

Due testimoni chiave nel processo per l'omicidio, il sequestro di persona e la tortura di Giulio Regeni ucciso il 25 gennaio 2016 al Cairo: uno ha acconsentito a deporre, l'altro ha declinato sostenendo che, in quanto egiziano, è troppo pericoloso collaborare con gli inquirenti italiani.

A occuparsi di entrambi i testimoni è stata la pubblica accusa, sostenuta dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, nel processo in corte d'assise a Roma che vede imputati 4 agenti dei servizi egiziani.

La prima testimone

La prima testimone citata è la docente dell'Università di Cambrige, Maha Abdelrahman, tutor di Regeni nel periodo in cui il giovane era al Cairo. La professoressa "ha accettato di deporre sulla vicenda. È la prima volta che lo fa", ha detto in udienza Colaiocco che ha chiesto alla corte la possibilità di ascoltare la docente in videoconferenza. In una mail infatti "ha spiegato di non poter venire a deporre in Italia per via delle condizioni di salute di un parente ma che è disponibile a una videoconferenza".L'altro testimone è invece egiziano ed è indicato con il nome "Zeta" per tutelarne l'identità. Nel corso delle indagini preliminari, "Zeta" aveva fornito agli investigatori elementi relativi al depistaggio.

Colaiacco alla sbarra

Colaiocco ha raccontato che l'uomo ritiene "troppo pericoloso venire a deporre in Italia e teme ulteriori conseguenze oltre a quelle già subite da parte delle autorità egiziane". Attraverso una mail, il testimone "ha confermato quanto detto nel corso delle indagini preliminari - ha aggiunto Colaiocco -. Il testimone dice di non essere in grado di venire in Italia per paura di ciò che possa accadere a lui o alla sua famiglia. Fu arrestato dalle autorità egiziane - ha sottolineato il procuratore - dopo aver collaborato con le autorità italiane. Ad arrestarlo fu uno degli imputati". Il procuratore ha chiesto di poter produrre e fare acquisire agli atti del processo un audio registrato dal testimone. La corte si è riservata.L'ufficiale che aveva diretto la perquisizione dopo la sparatoria, "era legato da relazioni telefoniche con il colonnello che risulta essere la figura centrale nella ricerca informativa delle autorità egiziane su Giulio Regeni quando lui era ancora in vita", ha detto Onofrio Panebianco, colonnello del Ros dei carabinieri, ascoltato in aula, riferendosi alla sparatoria durante la quale vennero uccisi i 5 presunti truffatori indicati dalle autorità egiziane come assassini di Regeni.

La versione di Panebianco

"Noi abbiamo iniziato quindi a pensare che la sparatoria - ha anche detto Panebianco -, il ritrovamento dei documenti e anche le telefonate, potessero essere attuate per attribuire la morte di Giulio a qualcun altro che non fossero gli apparati egiziani". Tra i due ufficiali egiziani, ci sono stati, secondo l'ufficiale del Ros, telefonate prima e dopo la perquisizione.Ascoltati anche i periti che hanno esaminato il materiale consegnato dal 15 maggio 2018 dalle autorità egiziane. I due hanno riferito di un buco temporale di 19 minuti nelle immagini registrate dalle telecamere della stazione metropolitana al Cairo, proprio quando Giulio Regeni, il 25 gennaio 2016, sarebbe dovuto transitare ancora vivo. Alle 19:53 del 25 gennaio, il ripetitore della stazione metropolitana aggancia il telefono cellulare del ricercatore triestino. Di lui non c'è traccia perché dalle 19:49 alle 20:08, non ci sono immagini.

La videosorveglianza

I due tecnici hanno riferito che il sistema di sorveglianza della stazione aveva una capacità di immagazzinamento dati pari a "36 terabyte, sufficienti per registrare 15 giorni nominali - hanno detto i testimoni -. Il sistema di gestione, però, è stato cambiato tra il 25 gennaio e 3 marzo 2016. Come conseguenza si sono perse tutte le impostazioni del sistema precedente, sovrascrivendo il file di log; quel file – hanno spiegato i tecnici - permette di capire quali operazioni sono state effettuate sul sistema, comprese le cancellazioni"."Stanno emergendo sempre di più i depistaggi egiziani: oggi si è parlato della sparatoria che ha coinvolto la banda di 10 persone che non c'entra nulla con la storia di Giulio. Stiamo mettendo sempre più a fuoco le responsabilità sui depistaggi e tassello dopo tassello ci stiamo avvicinando alla verità"., ha commentato l'avvocato Alessandra Ballerini, legale dei genitori di Giulio Regeni, a termine dell'udienza nell'aula Occorsio del tribunale di Roma. "Tutti i testimoni sono importanti - ha aggiunto, riferendosi al testimone egiziano e alla docente inglese - quelli secretati sono particolarmente importanti: per aiutarci hanno messo a rischio la propria vita, per avere giustizia".







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