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Roma
Rifiuti Roma, il pasticcio di Raggi e Zingaretti: vogliono una nuova discarica

di Francesco Giro *

Il prossimo sindaco di Roma dovrà affrontare subito il problema dei rifiuti. Lapalissiano ma complicato. Partiamo da qualche numero: Roma produce ogni giorno circa 4700 tonnellate di rifiuti. Ciò equivale a 1,7 milioni di tonnellate di rifiuti l'anno prodotti dall’intero territorio.

Di questi circa il 42-43% viene differenziato in carta, plastica, vetro, ferro-metallo, imballaggi, legno e, voce più importante, l’organico, circa 400mila tonnellate l’anno da trattare nei siti di compostaggio.

C'è da dire che dopo una crescita costante della raccolta differenziata negli ultimi anni passata dal 24,2% del 2011 al 43,7% del 2017, con l'arrivo dei 5 Stelle in Campidoglio abbiamo avuto un rallentamento. Se addirittura con Ignazio Marino - in soli due anni - c’è stata un'impennata di quasi dieci punti della raccolta differenziata, fino al 41%, con la Raggi l'aumento è stato di un punto, un punto e mezzo, con un dato ormai inchiodato da tempo ad uno scarno 42-43%. E se la provincia di Roma (con la Capitale che fa da zavorra) si ferma al 46%, tutte le altre province del Lazio fanno meglio, dal 47% di Rieti al 51% della provincia più virtuosa di Viterbo. Tutto il resto, più di un milione di tonnellate l’anno, è indifferenziato, cioè viene conferito dai romani nei cassonetti e nei centri di raccolta senza alcuna distinzione.

Questa quota ancora imponente di rifiuto indifferenziato viene selezionato e trattato in alcuni impianti meccanici, tritovagliatori e Tmb (trattamento meccanico biologico) che producono Fos (frazione organica stabilizzata) solitamente utilizzata per coprire le discariche o destinata in discarica, materiali ferrosi, combustibili da rifiuti (Cdr) oggi classificati con la nuova denominazione Css (combustibile solido secondario) che vanno trattati successivamente in impianti di valorizzazione energetica (termocombustori, termovalorizzatori). A Roma i Tmb erano 4, due pubblici di Ama e due privati di Colari. Ma per incendi dolosi, scarsa manutenzione e inchieste giudiziarie o sono chiusi o funzionano a scartamento ridotto. Senza addentrarci in ulteriori dettagli arriviamo al punto.

La Regione Lazio ha approvato l'anno scorso il suo Piano rifiuti 2019-2025. In sintesi prevede: il 70% di raccolta differenziata entro il 2025, obiettivo irrealistico se consideriamo il rallentamento dei dati e se per l’obiettivo vengono stanziati poco più di 50 milioni di euro; contrasto alla produzione di rifiuti, riduzione della produzione di imballaggi nella grande distribuzione, contrasto al consumo della plastica monouso negli uffici, introduzione della tariffa puntuale (meno si inquina meno si paga); ma non è prevista la costruzione di nessun nuovo termovalorizzatore, perché essendo fissata dal Piano una riduzione nella produzione dei rifiuti, si considera sufficiente l'unico termovalorizzatore oggi in funzione a San Vittore in provincia di Frosinone, autorizzato per 400 mila tonnellate annue; cosa assurda visto che in Lombardia abbiamo 13 termovalorizzatori, 9 in Emilia-Romagna, 8 in Toscana, addirittura 2 in Basilicata, Sardegna e Puglia, e nel Lazio solo 1 la regione della Capitale che da sola conta più di tre milioni (fra residenti e non), dopo la chiusura di Colleferro e le liti giudiziarie per l'impianto di Malagrotta. E la normativa europea ne consente l'utilizzo fino al 2030.

Sempre il Piano prevede entro tre anni l’assoluta autosufficienza impiantistica all’interno dei 5 ATO (ambiti territoriali ottimali) della Regione, nello smaltimento e trattamento dei rifiuti. Per raggiungere questo obiettivo la Regione di Zingaretti aveva persino minacciato il Comune della Raggi di cucirgli addosso un sub-ATO Roma, staccandola dalla sua provincia nonostante il dlgs 152/2006 in materia ambientale preveda che gli ATO siano su base provinciale e nonostante il PD di Zingaretti abbia partorito la legge Delrio di riforma delle province che istituisce la Città metropolitana di Roma unendo in modo ancora più stringente la Capitale alla sua provincia. Contraddizioni della politica!

Sempre il Piano regionale sollecita i Comuni e gli Ato di riferimento a realizzare impianti di compostaggio per la frazione organica (senza tuttavia indicarne il reale fabbisogno aggiuntivo che oggi è per l'intera Regione di circa 300mila tonnellate annue) e individuare nuove discariche chiamate con un puro eufemismo “di servizio” in attesa che il circuito integrato dei rifiuti si chiuda e per non allarmare l’Europa che ne impone il superamento o quanto meno un uso marginale per il conferimento della quota indifferenziata residuale. Infine nel Piano si porta a modello da replicare sul territorio il nuovo compound industriale di Colleferro, un insediamento per il trattamento di 220 mila tonnellate annue, per la produzione di Fos, biogas e Css, da trattare nei cementifici, nelle centrali elettriche e nel termovalorizzatore di San Vittore. Insomma hanno chiuso un termovalorizzatore per aprire un impianto di cui finora non si è visto granché ma che finisce comunque per alimentare gli inceneritori!

Quello che invece si sa è che per il revamping del vecchio termovalorizzatore (poi definitivamente chiuso) sono stati sprecati 10 milioni di euro. E la cosa grave è che Roma oggi ricorre al cosiddetto “turismo dei rifiuti” che vengono smaltiti in provincia (discarica di Civitavecchia) o in Regione (Frosinone, Latina e Viterbo) o fuori Regione (Abruzzo, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia). Ad esempio solo il 10% del compostaggio di Roma che - come abbiamo già ricordato - ogni anno produce 400 mila tonnellate viene gestito a Maccarese. Tutto il resto viene spedito in Veneto e in Friuli. Come il Cdr e altri residui stabilizzati vengono spediti in molti paesi europei come la Germania, la Romania, la Bulgaria, solo per citarne alcuni e il risultato è che i romani pagano la bolletta Tari più cara d'Italia.... no d’Europa. Secondo Legambiente 249,76 euro pro capite l’anno. E intanto Ama, la disastrata azienda municipalizzata dei rifiuti di Roma, annuncia il suo libro dei sogni: 4 tritovagliatori mobili, un mega Tmb da 540mila tonnellate (oppure 4 moduli più piccoli da 180), un sito di compostaggio a Cesano e il raddoppio di quello progettato a Casal Selce.

Ma la verità è che si lavora per una nuova discarica. E dove? Ma sempre dalle parti di Malagrotta. E già la chiamano Malagrotta2. Niente a che fare con la vecchia proprietà ma vicino al territorio tristemente noto per aver ospitato per 40 anni la più grande buca d'Europa, a Valle Galeria, nell’Agro romano, dove l'agricoltura dovrebbe essere l'attività principale e più protetta, in via Monte Carnevale.

In tutto questo si inserisce il caos politico legislativo, poiché la legge regionale 1 del 2020 al suo interno conteneva l'art.15 comma 1 bis sui rifiuti che vietava la costruzione di nuovi impianti di incenerimento e per evitare che il governo portasse le leggi di fronte alla Corte Costituzionale, nei primi giorni di novembre ha approvato la legge regionale n. 243 del 25 settembre 2020 concernente "Disposizioni modificative di leggi regionali", tra cui i la gestione dei rifiuti. La legge mette in atto la modifica chiesta dal Ministero dell'Ambiente al fine di eliminare il divieto alla realizzazione di impianti di incenerimento e coincenerimento rifiuti o che utilizzano combustibili derivanti da rifiuti comunque denominati, per tutto il territorio regionale. Il fatto strano che in data 5 novembre è stato approvato un emendamento a firma 5 Stelle che impone lo stop a inceneritori e mega impianti. Il rischio ora è che il piano venga impugnato dal governo e faccia la stessa fine del Ptpr. Io a questo nuovo pasticcio dico semplicemente NO.

* Francesco Giro, Senatore di Forza Italia e Segretario del Senato della Repubblica

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