Roma
Roma, da Lombardi a Raggi: ascesa e declino delle stelle del M5S



di Marco Zonetti
Da Roberta Lombardi a Virginia Raggi. Così si può sintetizzare l'ascesa del M5S dalle amministrative del 2013 al primo turno di quelle del 2016, in cui i voti del Movimento appaiono triplicati. Tre anni fa, pochi mesi dopo il trionfo alle elezioni politiche, il M5S subiva alle Comunali una sorta di forte ridimensionamento, con una Lombardi saldamente alle redini del Movimento romano e il “suo uomo” Marcello De Vito, da lei fortemente voluto come candidato a sindaco, alquanto penalizzato da una linea antimediatica imposta dall'alto. Indimenticabile, poi, il comizio di Beppe Grillo a Piazza del Popolo in cui il leader del M5S disse risolutamente all'aspirante Primo Cittadino pentastellato che, a Roma, non avrebbe mai vinto.
Nel corso della campagna elettorale i media hanno parlato di una faida tra Lombardi, che anche questa volta spingeva per l'attivissimo De Vito, e Raggi voluta da Gianroberto Casaleggio e appoggiata da Alessandro Di Battista. E senz'altro, a conti fatti, il M5S sembra essersi clamorosamente avvantaggiato dall'apparente cambio di leadership. Fino a qualche tempo fa la meno popolare dei leader del Movimento, Roberta Lombardi, amministrava una forza politica che faceva parlare di sé ma che rifuggiva la stampa e le TV, facendosene un vanto e la propria cifra distintiva. Quello che invece abbiamo sotto gli occhi oggi è un Movimento diventato sempre più simile ai partiti tradizionali – seppur ancora percepito per la maggior parte come distinto da essi, e lo dimostra l'esito delle urne capitoline – e sempre più centrato sul carisma mediatico delle sue “pentastar” di riferimento: Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista in primis, oggi forse superati quanto a risultati concreti da Virginia Raggi, prima donna aspirante sindaco di Roma ad aver raggiunto uno storico 35 %. Il primo turno ha evidenziato quindi che il M5S sale esponenzialmente nei consensi e che i romani sembrano gradire il ridimensionamento del potere di Roberta Lombardi, per molto tempo una “eminenza grigia” del tutto defilata mediaticamente, dopo la fine del suo mandato di Capogruppo alla Camera.
Ma Virginia Raggi è veramente l'artefice di questo trionfo, o i romani, stanchi di anni e anni di fallimentare amministrazione partitica, hanno in realtà premiato non lei quanto invece il M5S non direttamente colpevole degli scempi perpetrati dalle precedenti amministrazioni?
Più volte la Raggi è stata accusata di assenteismo in Consiglio Comunale e, quale esponente dell'opposizione a Marino, non è parsa brillare per incisività, mentre la sua campagna elettorale è stata perlopiù priva di contenuti e fondata soprattutto sull'immagine, elemento un tempo aborrito dal Movimento. In questi tre anni nell'Urbe, Il M5S nelle vesti della Raggi, dei suoi colleghi consiglieri comunali e dei deputati e senatori romani, si è soprattutto distinto per manifestazioni di protesta contro il sistema partitico, avvantaggiandosi enormemente dallo scandalo di Mafia Capitale e dalle opacità del rapporto Renzi-Marino, che – non è un segreto – potrebbero aver consegnato direttamente le chiavi di Roma al Movimento. Secondo molti osservatori politici, infatti, il M5S non poteva che raccogliere i frutti del susseguirsi di così tante débacle della vecchia politica, a prescindere dall'identità del candidato a sindaco. La Raggi dunque sarebbe soltanto uno dei possibili volti di una vittoria annunciata e già decisa mesi fa dalle deludenti dinamiche dei vecchi partiti nella Capitale.
Un altro elemento da considerare è che, a quanto pare almeno a Roma, la morte di Gianroberto Casaleggio e le difficoltà del M5S nelle realtà locali che governa non sembrano aver nuociuto ai consensi da parte dei cittadini capitolini che hanno dimostrato di voler appoggiare l'apparente decisione di amministrare una città strategicamente cruciale come Roma, quando invece prima il Movimento era accusato da più parti di declinare le responsabilità di governo per restare eternamente all'opposizione.