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Roma
Roma non è una città per giovani. La crescita zero anche tra gli immigrati

di Andrea Catarci *

A Roma c’è una grande questione giovanile da affrontare.Essa è offuscata dai cumuli di rifiuti, dalle buche nelle strade, dall’incuria del verde, dal trasporto pubblico indecente, nonché dalle strampalate giustificazioni esibite dalla Sindaca Raggi e dalla sua giunta per coprire i disastri in serie. È tuttavia irrimandabile, data la gravità della situazione, metterla tra i primi punti dell’agenda politica cittadina.

Su di essa incide ampiamente la congiuntura demografica italiana e continentale.

Guardando all’ambito nazionalesi evidenziauna generale riduzione della natalità e il progressivo invecchiamento della popolazione. Da un quarantennio l’Italia è passata daun milione a meno di 500.000 nascite l’anno, registrando nel 2018 il minimo storico con circa 440.000, -18.000 rispetto al 2017. Questo dato, su cui pesa anche la riduzione dei nati da genitoristranieri, colloca l’Italia all’ultimo posto della classifica continentale, capeggiata dall’Irlanda.

Alla caduta della natalità si accompagna l’invecchiamento della popolazione, con 20,4 milioni di under 35 su una popolazione di 60,4 milioni -cioè solo il 34% -, insieme a 26 milioni tra i 35 e i 64 anni - cioè il 43,3% - e 13,7 milioni di over 64 - il 22,8%-. Basti pensare che nel 1959 questi ultimi erano il 9,1%, i 35-64 erano il 34,6% e i primi erano il 56,3%. Stando alle previsioni il quadro è destinato a peggiorare: tra venti anni ci saranno più anziani che under 35, cioè 18,8 milioni – il 31,6% - contro 18,6 milioni – il 31,2% -, aggravando le problematiche strutturali del welfare e di un mercato del lavoro con meno persone attive e un’età media più alta.

La specificità romana

I problemi della nostra città, però, non sono solo ascrivibili alla tendenza generale. Se il declino demografico della penisola nella sua estrema disomogeneità si concentra ampiamente nelle regioni dell’Italia meridionale, che hanno perso 310.000 abitanti nel quadriennio 2015-2019, tale flusso di giovani in uscita non ha più Roma tra le mète scelte, come chiaramente evidenziato nel Rapporto Censis 2019. In generale l’area metropolitana della Capitale è a crescita zero, con soli 166 abitanti in più negli ultimi 4 anni. Il confronto con l’area metropolitana milanese è tanto significativo quanto impietoso: nel 2018, con 68.000 nuove iscrizioni anagrafiche la città lombardasupera nettamente l’area romana,ferma a 57.000.Dal 2012, nella generale contrazione, si è verificato un clamoroso ribaltamento: l’area romana, che si attestava allora sulle 91.000 entrate, ha visto ridursi l’arrivo dei migranti come di persone dalle altre regioni e dal resto del Lazio; quella milanese, che stava a 77.000, ha invece tenuto sul fronte degli arrivi dal resto della penisola, confermandosi insieme a Bologna e all’asse emiliano da Parma a Rimini come l’area a maggiore attrattività.

Altri dati confermano taletrend, come quellipubblicati recentemente su lavoce.info: tra il 2015 e il 2019 i residenti a Milano in età 18-25 anni sono aumentati del 7,7% e i 26-30 del 7,3%. A Roma, invece, i giovani 18-30 anni sono diminuiti del 5% e i 31-35 del 9,5%.La Capitale non attrae, non è accogliente, respinge.

L’urgenza di politiche per i giovani

Malgrado influisca significativamente il fatto che Milano sia una città mediamente più ricca - con un reddito pro capite che si attesta a circa 47.000 euro contro i 32.000 di Roma e con i depositi bancari pro capite a 57.000 euro contro 43.000 -, impossibile non pensare alle conseguenze negative determinate dall’assenza completa di politiche pubbliche degne di tal nome, che in una metropoli come la Capitale produce danni infinitamente maggiori che da altre parti. A Roma non c’è nessun Piano per la formazione e l’occupazione giovanile, né politiche mirate di welfare, di sostegno al redditoe di agevolazione all’autonomia abitativaper le fasce giovanili; manca un adeguato sostegno a una cultura d’impresa legata alle specificità territoriali e alle filiere dell’innovazione, segnando un arretramento rispetto al passato recente, quando operava una rete di incubatori e di iniziative per le periferie; scarseggia in efficacia l’intero sistema dei servizi per il lavoro, con l’istituzione comunale che ha rinunciato a azioni specifiche e a svolgere un ruolo attivo nella rete complessiva con Regione e Città metropolitana, mantenendo in vita solo i datati Centri di Orientamento al Lavoro, peraltroaffidati più alla buona volontà degli operatori che a un progetto definito.

Nascono lo stesso realtà positive, in forma autonoma, come dimostrano i vari coworking e officine delle professionalità diffuse in diversi luoghi. Talvolta vengono persino osteggiati fino alla chiusura dalla giunta Raggi, come è avvenuto per l’esperienza eccezionale de L’alveare, il coworkingper neopapà e neomamme che offriva postazioni di lavoro e servizi di conciliazione in uno spazio di proprietà comunale, con 20 postazioni, uno spazio baby per 12 bambini e una sala riunioni.La giunta M5s del Municipio Roma V e la giunta Raggi hanno preteso la restituzione dei locali, che non sono nemmeno stati rimessi a bando, privando la collettività di un servizio importante. L’alveare era attivo a Centocelle, il quartiere della periferia storica in grande trasformazione preso di mira dagli incendi che hanno distrutto librerie e bistrot: prima a fare danni era arrivata la furia distruttrice delle istituzioni locali a guida grillina!

Roma ha la necessità assoluta di invertire la tendenza e di riscoprire la sua vocazione di città dei giovani: poiché non lo hannocertamente capito la Sindaca Raggi e il M5s capitolino, una volta archiviato il loro sgoverno bisognerà impegnarsi al massimo per recuperare il tempo perduto.

* Andrea Catarci, Movimento civico per Roma

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