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Roma
Roma prigioniera delle lobby e dei voti promessi. La politica è una marmellata

di Fabio Carosi

Nella classifica dei problemi che tolgono il sonno a Virginia Raggi, al primo posto c'è l'eterno amico-nemico di sempre: Marcello De Vito, sindaco mancato ma che il record di voti ha spedito a presiedere il Consiglio Comunale di Roma.

Ma da quando Raggi si è ricandidata, sfidando le regole “stellate” del doppio mandato, quello che doveva essere un idillio vissuto all'ombra di baci e abbracci è diventato un matrimonio bianco. E non c'è giorno in cui, dallo scranno più simbolico dell'aula che riunisce gli eletti dal popolo, De Vito non rinfreschi la memoria di Virginia, perché c'eravamo tanto amati.

La Raggi decide di spezzare il monopolio delle bancarelle, negando alla relativa lobby il rinnovo automatico delle concessioni? E l'ex "amante" si schiera col popolo; si schiera coi lobbisti delle caldarroste e dello zucchero filato, con quelli dei portachiavi cinesi e delle cupole di San Pietro e persino coi salsicciari, aiutati nel vivacizzare la carbonella dal soffio divino delle opposizioni. Lo spettro delle elezioni che si agita su Roma produce anche questo: guai a toccare le famiglie riunite in lobby, perché prima o poi si vota e loro “pesano”. E' l'effetto delle elezioni incipienti, accompagnato dal rinvio a ottobre che ha prodotto un marmellata nella quale il Comune si impantana e l'opposizione nuota. C'è poi lo specialissimo barattolo di marmellata artigianale dei 5 Stelle, che produce spaccature, defezioni e passaggi di gruppo di consiglieri che in un mondo normale nessuno avrebbe eletto, e che probabilmente nessuno eleggerà mai più, visto il ruolino di marcia seguito nel corso dell'attività politica.

De Vito e la potenza (sognata) delle mozioni

Così, di buon mattino, De Vito riaccende la carbonella e ricorda all'ex amata che il “potente“ Consiglio Comunale di Roma lo scorso 12 marzo ha approvato una mozione, “con la quale si chiedeva l’impegno di sindaca e giunta al rispetto della normativa nazionale e alla conseguente proroga al 2032 delle concessioni di posteggi per il commercio ambulante”. Ora, per chi ha studiato un po' di diritto amministrativo, una mozione (che poi non si nega a nessuno e a Roma se ne votano pure per la salvezza dei gabbiani che volano controvento) non è altro che un atto di indirizzo che ha un peso politico, ma nessun valore esecutivo. E siccome la Raggi ha fatto orecchie da mercante, De Vito gli ha spedito un post-it, tanto perché non dimentichi che tutti gli atti esecutivi prima o poi passano per il Consiglio.

Se poi la Raggi, che asfalta i social con un post ogni mezzora per spiegare al popolo lo sforzo della sua amministrazione, per un attimo si distrae, sempre sui social De Vito invia un secondo post-it: “Fa piacere leggere di consiglieri che oggi, a pochi mesi dal voto, reclamano verso la Giunta il rispetto delle prerogative dell'Aula e delle tempistiche regolamentari, e dunque che si evitino accelerazioni tali da compromettere e comprimere il dibattito, nel passaggio consiliare delle sue proposte”. E giù una disamina del ruolo fondamentale del Consiglio che si conclude con la marmellata: “L’Aula non è il punto residuale dell’azione amministrativa; ma è al contrario il luogo principale delle decisioni che riguardano Roma, essendo composta dagli eletti dei cittadini”. La marmellata di politica è servita e si andrà avanti così sino a ottobre, quando si spera le urne metteranno un po' di ordine in una città che ha perso la testa.

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