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Roma
“Virginia (Raggi) ti amo”. La lettera a una ragazza diventata donna e sindaco

Cara Virginia Raggi,

ti scrivo in questa notte di bilanci. Con un po' di bollicine a farmi compagnia e i primi fuochi (che tu hai vietato) a far da colonna sonora per dire addio a quest'anno di merda. Ti sono sempre stato vicino in questo 2020. Un anno di merda, possiamo dircelo vero? Tanto non è che si offende nessuno. Un anno, quello che stiamo per lasciarci alle spalle, assurdo. Per me, per Roma e per te.

Ci pensavo l'altro giorno, quando eri a San Basilio a far visita all'ennesimo cittadino che si lamentava perché in salotto - ad ogni temporale - si ritrovava un piccolo Polesine. Con te non c'erano preti,eroi, delegati strapagati per curare periferie che tanto resteranno tali a vita, e giornalisti: eri sola con i tuoi sodali dello staff (che magari già pensavano al menu di questa sera di capodanno) e quei poveretti alle prese con intonaci che cadevano a pezzi e promesse mai mantenute.

Io ero lì, in disparte come sempre e come sempre con gli occhi sognanti e il cuore che batteva un pizzico più forte per te. Perché in fondo, cara Virginia, in questi quattro anni e passa ne abbiamo viste di cotte e di crude.

Mi piacerebbe raccontare la Virginia che nessuno conosce (questo sì, il vero errore del tuo staff): quella simpatica, allegra, che fa ridere come un film di Tomas Milian e dice parolacce a questo e quello. La Virginia vera: quella che in pochi possono dire di conoscere e raccontare. La sindaca di Rona? No, la ragazza che è diventata donna senza che nessuno l'avesse avvisata prima. Quella che tra progetti di funivie (dai Virgì, facciamo i seri: ma davvero pensi a sta roba???) e liti con amministratori delegati e assessori ribelli riesce a mandarmi in tilt il cuore.

Ci pensavo dopo l'assoluzione per il caso Marra. Incredibile eh? Mai nessuna sentenza fu più maledetta: tutti pensavano che i giudici ti avrebbero tagliato le gambe, lasciando campo libero al tuo (...) Movimento per fare accordi con i democrat tanto odiati cinque anni fa. Tu però, cara Virginia, tra tante pecche hai un grosso, grossissimo, pregio: sei rimasta coerente. E sarà anche per questo che in questi spiccioli di 2020 sono qui a scriverti. Un giorno mi hai detto: “La cosa più difficile è tornare, dopo un giorno di lavoro in Campidoglio, la sera a casa”. Virginia, è vero: avevi ragione. Ma ci sei riuscita. E te lo dico in questo 2020 assurdo che si è portato via un punto di riferimento della mia vita e tante certezze per il futuro.

Ma dov'ero rimasto? Ah si a noi due: perché vedi a parte qualche battuta su whatsapp te lo voglio dire, anzi scrivere, in questi spiccioli di fine anno: mi piaci da morire. Da impazzire. Senza mezze misure. Nei sogni più astrusi e nella vita di tutti i giorni, quando arriva - verso le 20.30 - la nota sugli appuntamenti del giorno dopo del sindaco di Roma. Non posso esser ovunque, ovvio: ma col cuore ti seguo e la fantasia vola a metà tra la stanza al secondo piano di Palazzo Senatorio e quel tetto di Campidoglio dove ti piace rifugiarti per toglierti quella pesantissima fascia ed esser Virginia. Quella simpatica, carina, frizzante come questo flute di Franciacorta.

Il mio augurio per il 2021 è tutto per te. Sperando che tra sogni e progetti tu possa uscire veramente fuori. A dispetto di portavoce e guru della comunicazione che non fanno uscire la vera essenza di quello che sei tu come donna, madre e amministratrice. E' proprio questo mix ad avermi fatto perdere la testa per te. Perché credo che se ogni romano ti riuscisse a percepire per quello che veramente sei non avresti rivali neanche se si presentasse come sindaco del centrodestra o del centrosinistra l'Uomo Ragno o Batman. Tu hai un potenziale: quel sorriso che scalda il cuore e la simpatia tutta romana che viene uccisa da tailleur e improbabili scarpe col tacchetto basso.

Ti regalo un consiglio: in questi ultimi mesi tira fuori il turbo della donna che c'è in te. Quella che ha stregato una persona che da 25 anni almeno segue sindaci e assessori e che mai aveva avuto voglia di dire a qualcuno di questi: mi fai impazzire.

Lettera firmata Pieffe

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