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Roma
Virus e tamponi: la guerra pubblico privato divide il Pd. D'Amato in trincea

Coronavirus e tamponi, nel Lazio scoppia la guerra: da un parte il socialismo reale dell'assessore Alessio D'Amato, Pd; dall'altra un pezzo del Pd con il capogruppo Dem, Marco Vincenzi, che invece chiede di aprire anche ai privati la possibilità di fare il test e di evitare così le lunghe attese ai drive-in, lunghi parcheggi in cui i romani devono stazionare in attesa del proprio turno.

L'ennesimo scontro è avvenuto ieri 1 settembre in Commissione regionale Sanità, il luogo in cui dovrebbero essere prese le decisioni Comuni e dove invece è andata in onda la rappresentazione dell'eterna battaglia tra il socialismo e il liberismo. La posizione dell'assessore è chiara, tant'è che già contro le richieste dei privati ha consumato denaro pubblico per opporsi in sede amministrativa ai ricorsi per l'accesso del sistema sanitario privato alla “manna dei tamponi”. Ma dopo le file bibliche e in piena ripresa del virus, la macchina regionale segna record di tamponi, ma non basta. E così il Pd si apre il fronte con Marco Vincenzi che ha detto chiaramente: “Ci sono lunghe file nei Drive-in si attende anche oltre il limite per avere il tampone”. I test effettuati stanno evidenziando una notevole diffusione nella nostra regione del virus in questa fase, per effettuarne un numero maggiore è necessario allargare la rete dei laboratori. Oltre questo, ha aggiunto, “c’è anche una questione di diritto. Oggi abbiamo appreso che se qualcuno vuole fare il test lo può fare anche privatamente ma solo in una serie di laboratori accreditati. Questo mi preoccupa perché è una limitazione della libertà personale: ognuno dovrebbe avere, nel modo più agevole possibile, la possibilità di fare il tampone. Inoltre il Consiglio Regionale approvando una mozione in tal senso, ai sensi dell’articolo 23 ha un potere di indirizzo e controllo sulla Giunta, e non ha dato un suggerimento, ma come è nella sue prerogative, ha dato un indirizzo politico: la rete va estesa 'ai laboratori', non ‘ad alcuni laboratori’, in possesso dei requisiti”.

La conclusione è chiara: “La Regione deve dare mandato al laboratorio di riferimento di svolgere questa ricognizione per individuare i laboratori con i requisiti per procedere nell’attività di test. Dico di più – conclude - è evidente che sono passati molti mesi, ma se l’assessore non aveva intenzione di adempiere al mandato, che è vincolante, del consiglio regionale, aveva quantomeno l’obbligo di venire in Consiglio regionale e riferire la sua posizione. Auspico per l’ennesima volta che venga finalmente avviata questa attività di ricognizione dell’ampliamento della rete, attività che è fondamentale”.

E l'assessore? Fedele al suo mandato di portare qualche soldo in cassa con i tamponi e di difendere il "modello Lazio" a tutti i costi, ha aggirato l'ostacolo politico-economico, spostando l'asse sui temi cari al sindacato: “Ritengo inaccettabile che chi lavora accreditato al Servizio sanitario regionale non rinnovi i contratti di lavoro scaduti da oltre un decennio. Altro che la richiesta di fare i tamponi. Qui la richiesta è di firmare il contratto nel rispetto della pre-intesa. Ci sono migliaia di lavoratori che attendono il rinnovo del contratto secondo gli impegni assunti dalle Regioni. Ribadisco che il Lazio è pronto a fare la sua parte e presto porteremo in Giunta il documento che riguarda la copertura del 50%, così come deciso dalla Conferenza delle Regioni. A Questo punto non ci sono più alibi e ognuno deve assumersi le proprie responsabilità”.

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