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Roma
Zona rossa, ma non per la escort: “Io lavoro. La vita è mia, i rischi minimi"

di Claudio Roma

Ha 35 anni e fa la escort a tempo pieno. Continua a lavorare, andando altrui, anche con la Zona rossa perché, dice, "la vita è la mia e i rischi sono minimi".

Prima era saltuaria, poi ha perso il suo lavoro “normale” a causa della pandemia, e il secondo mestiere è diventato il primo. La zona rossa non le impedisce di lavorare, andando a casa dei clienti: “I rischi sono minimi”, dice. Fabiana (nome di fantasia) faceva la bartender in un pub, ma di tanto in tanto “arrotondava” con il sesso a pagamento, per togliersi qualche sfizio in più. Il resto è purtroppo ben noto: l'emergenza sanitaria, il lockdown, i locali che annaspano. Posti di lavoro che se ne vanno, come il suo. “E allora ho dovuto fare di necessità virtù, facendo solo questo. Poteva andarmi peggio in fondo”, racconta lei, capelli neri raccolti dietro, aspetto e linguaggio fini. 

Una storia che di questi tempi a qualcuno darà fastidio sentire per motivi diciamo etico-ideologici, ma Fabiana chiude la partita: “Se posso fare questo mestiere o no devo deciderlo io o qualcun altro? Qualche commentatore? Qualche femminista radicale come si dice oggi? Il femminismo era un'altra cosa: il corpo è mio, decido io”. Una vicenda simile a molte altre, ma che s'impone nell'attualità contraddistinta da nuove chiusure. “La zona rossa – argomenta – non è rigida come la quarantena dello scorso inverno. Io faccio outcall, vado a casa dei clienti. Naturalmente non oltre le 21, poi muoversi è impossibile”. E le restrizioni agli spostamenti? “Ci si può muovere per necessità, quindi anche per lavoro. Cosa che non posso dichiarare perché questo, di lavoro, in Italia è avvolto dall'ipocrisia: non è vietato, non è regolamentato”. E allora? “E allora rischio. Se mi fermassero inventerei una motivazione tra quelle consentite. Non è che di giorno ci siano tutti questi controlli, almeno ieri era così. Se poi prendo la multa, amen: pago subito e sono 280 euro, comunque una frazione di quello che guadagno muovendomi. Che altro dovrei fare? I ristori non li danno ai lavoratori riconosciuti, figurarsi a me”. Rischiano pure i clienti, no? “Meno di me. Non è che le Forze dell'ordine ti fanno irruzione in casa, a meno che non si senta un baccano micidiale o che qualcuno veda assembramenti. E comunque il piccolo rischio lo conoscono e lo accettano anche loro”. E l'aspetto sanitario? “Faccio spesso test per il Covid, lo chiedo ai clienti e perlopiù lo ottengo. Poi certo, igiene”. Il virus e le norme non possono bloccare tutto. Non il desiderio, né la necessità di guadagnare.

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