Violenza sulle donne, "servono più finanziamenti per aiutare le vittime"
Violenza sulle donne come violenza contro tuttà la società. Purtroppo l'attenzione verso questo fenomeno, che si consuma soprattutto tra le mura domestiche, rischia di essere costantemente sottovalutato. Anche per questo motivo l'associazione Pangea ha lanciato una campagna di sensibilizzazione che - fino al 19 marzo - mira a raccogliere fondi per impedire la chiusura di 5 centri antiviolenza del sud Italia. Affaritaliani.it ha incontrato Simona Lanzoni, vicepresidente di Pangea, per capire come mai questi presidi siano a rischio.
Perché questa inizia è così importante?
Il fenomeno della violenza colpisce in maniera sproporzionata le donne, una su tre! Questo fenomeno è una discriminazione e una violazione dei diritti umani. Non possiamo stare ad aspettare che intervengano le istituzioni e pensare che questo ci solleva dalle resposanbilità di cittadini, anche noi dobbiamo fare la nostra parte.
Pangea lo fa, siamo in prima linea e vogliamo sostenere 5 centri antiviolenza, in particolare nel sud Italia, dove la situazione di contesto economico e sociale sono più difficili per le donne. In particolare vogliamo sostenere i centri che si trovano a Potenza, Caserta, Polignano a Mare-Bari, Messina, Olbia, per permettere a tante donne di uscire dai maltrattamenti che subiscono, ritrovare la loro forza e felicità. Tutti possono partecipare, oggi basta fare un sms al 45591.
Perché la scelta dell'hashtag #MAIPIUINVISIBILE?
Perché vogliamo denunciare che la maggioranza delle violenze che succedono resta ancora invisibile all’opinione pubblica! Purtroppo non ci accorgiamo che chi sta subendo maltrattamenti è accanto a noi! In particolare la violenza domestica, quella che avviene nelle relazioni affettive e intime, con partner ed ex partner, ma non solo, penso a padre e figlia, tra parenti o amici stretti di famiglia. Della violenza che si subisce nelle relazioni affettive non se ne parla abbastanza perchè ci si vergogna, ne abbiamo paura, è ancora qualcosa legato al giudizio di una intera società, pensiamo al detto “tra moglie e marito non mettere il dito”…e allora chi la subisce rimane invisibile a tutti. Inoltre le relazioni affettive riguardano anche i figli, che assistono o percepiscono scene di violenza direttamente o indirettamente e rischiano di riprodurre comportamenti che hanno visto e vissuto nel loro futuro di adulti.
Come è possibile che questi cinque centri antiviolenza siano a rischio chiusura?
Purtroppo i finanziamenti che provengono o dal governo o dalle regioni sono spesso discontinui e scarsi. La spending review non ha aiutato in questo senso, e a volte anche se sulla carta ci sono promesse queste poi non si concretizzano, o bisogna aspettare anni per ricevere i soldi. Nel frattempo le operatrici dei centri vanno avanti con il volontariato…e rischiano di chiudere quando non ce la fanno a sostenere le richieste di aiuto che ricevono .
Che cosa si può fare quotidianamente contro la violenza domestica?
Si deve riconoscere la violenza e parlarne, bisogno vederla e svelarla, bisogna sentirsi tutti responsabili nel contribuire alla sua eliminazione! Quando si incontra una persona che vuole parlare di questo problema, bisogna ascoltarla e consigliarla, indirizzarla verso i centri antiviolenza e i servizi territoriali dalle forze dell’ordine ai pronto soccorsi ai servizi sociali, ma sopratutto non bisogna banalizzare quanto si ascolta e non giudicare…
Un appello per far partecipare più persone possibili a questa iniziativa....
Per fermare la violenza ci vogliono donne e uomini cittadini e cittadine che condividono con noi questa volontà di fermare la violenza, per far valere i diritti umani di tutte e tutti, contribuite, ci vuole poco. Basta un sms al 45591 da oggi fino al 19 marzo!
Andrea Bufo