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Cronache
Padre Locati: vi spiego come funziona la tratta delle schiave nigeriane
Padre Locati

COLLOQUIO CON PADRE  GIUSEPPE  LOCATI

Vengono chiamati Padri Bianchi per via della lunga tunica bianca (gandura) che diventerà il loro abito ufficiale dal 1868, con il mantello bianco leggermente adattato (burnus), tipico elemento dell’abbigliamento maschile nell’Africa del Nord.  Padre Locati ha passato 30 in Africa ed ora è attivo in  Italia nella sensibilizzazione  contro  il traffico dei prostitute nigeriane , vera schiavitù dei giorni nostri,.

“Padre , parliamo innanzitutto della tratta. Come avviene il tragitto delle schiave in Nigeria?”
“Tutto quello che le dico vale solo fino all’agosto del 2018 quando il ministro dell’Interno di allora, Marco Minniti, stipulò un accordo con il governo di Tripoli a suon di milioni di euro per fermare i barconi dalla Libia all’Italia. Allora torniamo indietro di qualche anno.

Le ragazze partono da Kano: da Benin-City a Kano (si va dal sud al nord della Nigeria), vi sono 851 km, due giorni di viaggio o più secondo le condizioni della strada statale A2. Kano è la prima destinazione delle ragazze che sono state reclutate ed è la capitale amministrativa dell’omonimo stato e la maggiore città della Nigeria settentrionale, con una popolazione di 4 milioni di abitanti. La città si compone di diversi quartieri nuovi mentre la città vecchia è completamente cintata con edifici in creta. Le ragazze si fermano per brevi periodi, ospiti in case affittate dai loro adescatori. Può succedere che già a Kano il trolley (colui che accompagna le ragazze – anni addietro fino in aeroporto; talvolta può essere lo sponsor, colui che le ha adescate per primo) le ceda a un altro trolley che condurrà le ragazze alla destinazione seguente o fino in Libia”

locati 1Padre Locati
 

“E  successivamente, padre?”

“In questa prima fase del viaggio le ragazze non sono ancora state costrette alla prostituzione e molte non sono consapevoli di quello che sarà il loro destino. L’accompagnatore (un complice mafioso) è chiamato ingenuamente dalle ragazze con il nome di brother (fratello) conservando quel tipico linguaggio culturale africano che include nella propria famiglia di sangue anche gli sconosciuti. Le madame sono spesso chiamate con il nome di maman, sempre con quella colorazione familiare che in realtà nella vita reale non avrà alcun significato affettivo ma servirà solo a definire chi siano i nuovi padroni di quelle ragazze. E poi si arriva a Sokoto”

“Siamo ancora Nigeria, vero?”
Certo, da Kano (est) a Sokoto (ovest) sono 529 km sulla strada A126, almeno una giornata di viaggio (o più). Sokoto è una città molto più a nord in Nigeria, capoluogo dell’omonimo stato nigeriano, e quasi frontaliera con il Niger. La città, con più di 580.000 abitanti, è posizionata sul fiume Sokoto ed è un importante mercato agricolo e zootecnico. Oltre ad industrie alimentari vi sono rilevanti industrie conciarie e del cemento. È la seconda tappa del viaggio”

”Come mai questa lunga deviazione, padre?”
“Ci sono due possibili risposte . La prima che mi sembra aleatoria è questa: nel tragitto sulla strada che va direttamente da Kano a Zinder in Niger ci sono appena 247 km sulla N11 (quindi circa un quarto dell’intero percorso per andare fino a Sokoto e poi da lì proseguire per Zinder). Probabilmente ci sono più controlli e potrebbe essere difficile e rischioso corrompere le guardie di frontiera. Può succedere anche il contrario: che i trafficanti passino direttamente da Kano a Zinder per fare più in fretta! Il tempo del viaggio non è lunghissimo e alla frontiera sono i trafficanti stessi a pagare denaro contante in dollari per poter passare illegalmente senza passaporti né visti”

“Ma Kano, padre, non è pericolosa?”
“Il 20 gennaio del 2012 Boko Haram (la denominazione significa «l’istruzione occidentale è proibita» e indica un’organizzazione terroristica jihadista sunnita, diffusa nel nord della Nigeria) ha fatto degli attentati a Kano. È probabile che il territorio dei dintorni non presenti abbastanza garanzie di sicurezza e quindi i trafficanti di esseri umani, compresi i trolley, preferiscano spostarsi di più verso ovest per viaggiare su strade più sicure.

Ed eccoci così a Zinder (Niger): da Sokoto (Nigeria) a Zinder (Niger), altri 580 km passando prima sulla A1 e in territorio nigerino sulla N1. È la seconda città del Niger, facente parte del dipartimento di Mirriah e capoluogo della regione omonima. È situata a circa 650 chilometri ad est della capitale Niamey. A Zinder spesso i trafficanti devono attendere per qualche giorno l’arrivo dei camion che li condurranno poi alla volta della Libia. In questa fase il trafficking (traffico di esseri umani) si incrocia con il circuito dello smuggling(contrabbando). È il trafficante che ha i contatti con gli autisti contrabbandieri e paga il trasporto per le ragazze nigeriane. Questa parte del viaggio fino a Duruku o Dirkou (Niger settentrionale) può durare circa cinque giorni attraverso il deserto in cui spesso vengono fatte più soste per mangiare e dormire. Durante le varie soste solitamente si è soliti cambiare il mezzo di trasporto. E poi c’è la Libia.”

“Padre, questo è il percorso. Ma a volte si passa anche  attraverso il Marocco..”
“Sì, spesso si arriva via  terra in Europa passando ilo stretto di Gibilterra. In Nigeria c’è sempre   una donna o un uomo a intrappolare le ragazze e farlei partire.  In collegamento  con una donna  che  sta  in Spagna o più probabilmente in Italia a Torino.  Le cito il caso di Joy, In Nigeria conviveva con un uomo e aveva già quattro figli. Allora passano in quelle zone alcune signore strane o certi uomini che indagano sulle difficoltà economiche nelle famiglie per invogliare poi le ragazze e le donne già adulte a partire per il lungo viaggio verso l’Italia con le false promesse di  un lavoro e di trovare soldi in fretta. Il suo convivente aveva una seconda donna più giovane, per cui la sua partenza non l’ha afflitto più di tanto. E Joy  sperava di trovare un lavoro migliore in Italia come quello di badante o di donna delle pulizie. In Nigeria lavorava in una scuola materna per cui si era abituata alle pulizie delle sale e degli edifici. In Italia avrebbe potuto guadagnare molti soldi e mantenere i suoi  quattro figli. Avrebbe potuto fare anche la baby-sitter o la badante, difatti quella signora che la aveva adescata in Nigeria le aveva detto di conoscere una signora in Italia che aveva bisogno proprio di una badante”.

“Seguiamo allora Joy…”
“La mettono su un furgoncino con documenti falsi e da Benin-City comincia il lungo viaggio. Prima verso sud-ovest passando per Lagos, entrando poi nel Benin. Era assieme ad altre ragazze. Dal Benin si passa attraverso il Togo e quindi il deserto del Burkina e la terra secca del Mali e finalmente dopo giorni e giorni di viaggio, si arriva  in Guinea-Conakry. Un viaggio allucinante per le strade difficoltose e i pericoli continui ai momenti di attraversare le frontiere. Ma chi guida il camion provvede di parecchi documenti falsificati adatti a ogni passaggio di frontiera. E Joy è stata davvero fortunata nel suo viaggio”

“Perché, padre?”
Perché non è stata né molestata né picchiata da nessun uomo, neppure dal magnaccia (= il trolley) che guida la  spedizione o dai soldati di frontiera mentre spesso le ragazze subiscono  violenze sessuali”.  E non escludo che Joy, essendo stata madre di quattro figli e non essendo più “carne fresca”, abbia ricevuto rispetto da parte degli uomini”

“E poi c’è il  Marocco.”
Dalla Guinea Conakry si prosegue prima verso il Senegal, quindi la Mauritania per giungere in Algeria da dove si passa in Marocco. Il deserto dappertutto e una sete infinita. Poi  ai piedi di una montagna coperta da un bosco molto fitto fino in cima dove una luce si accende e si spegne. Le donne sono coperte con abiti scuri e molte paia di calze per non farsi male ai piedi e salgono verso quella luce. Quella luce viene da una torre di guardia. Alla fine c’è una madame che  attende con le mani incrociate: quelle sue mani incrociate sono il segno concordato che lei è la guida per continuare il viaggio in Marocco. Le ragazze vengono collocate in tende. Poi Joy è stata fatta ripartire da sola: probabilmente per lo stesso motivo detto sopra. Joy non era carne fresca da dare in pasto a qualche marocchino del posto. E dal Marocco si  va in Spagna.”

“Ma come si passa la frontiera?”
“Si rimane  per  mesi nascosti in case che assomigliano a bunker. Si può uscire  talvolta solamente vestite come le donne musulmane del deserto, interamente ricoperte dalla testa ai piedi. Molte mendicano il cibo. Joy ha trovato un macellaio che le ha regalato le teste e le zampe di gallina che i marocchini non mangiano. Con quelle, le compagne di Joy preparano dei  brodini. Alla fine di tre mesi, arrivano alla riva del Mediterraneo, di fronte alla Spagna e una notte, poco dopo mezzanotte, salgono in una barca scura e attraversano lo stretto di Gibilterra. Una volta approdate sulla costa iberica una macchina aspetta: via per per Madrid. Un’altra madame  accompagna le sister  (le ragazze) fino a destinazione”.

“Mi interessa ora il racconto di come certe sister vengano rapite“
“Un rapporto stilato da Amnesty International evidenzia le violenze subite, a partire dal 2015, dalle donne e dalle ragazze che sono state salvate da Boko Haram ma stuprate dai loro stessi soccorritori. Le hanno stuprate, a volte in cambio di cibo. Quando, a partire dal 2015, l’esercito ha strappato territori a Boko Haram, alle persone che vivevano nei villaggi era stato ordinato di trasferirsi nei “campi satellite”.  Centinaia di migliaia di persone erano  fuggite o erano  state costrette a muoversi dai loro villaggi. In alcuni campi la maggior parte degli uomini da 14 a 40 anni era stata imprigionata, così come le donne che avevano viaggiato senza i loro mariti. Queste detenzioni di massa hanno costretto molte donne a badare da sole alle loro famiglie. Decine di donne hanno raccontato  poi di essere state stuprate nei “campi satellite” da parte di soldati e di essere state ridotte alla fame per diventare le loro “fidanzate”, ossia essere disponibili a rapporti sessuali a ogni evenienza.

Molte di queste donne nei “campi satelliti” sono state  poi vendute alla mafia nigeriana. Questo è uno dei modi di rapire le donne e cominciare la tratta. Lo sfruttamento sessuale continua seguendo uno schema consolidato: i soldati entrano nei campi per fare sesso e scelgono le donne e le ragazze. La paura impedisce alle donne di ribellarsi. Ma c’è molto altro da aggiungere sul tragitto….”.

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