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Economia
Quiet quitting, lavorare meno per stare meglio: la nuova Great Resignation

Quiet quitting, la fase due della Great Resignation che “spaventa” il mondo del lavoro

Niente più straordinari, ore extra non retribuite e “giri dell’orologio” quotidiani. Lavorare solo lo stretto necessario, assumendo le responsabilità regolamentate dalle mansioni indicate sul contratto. Cercando di centrare due semplici obiettivi: allontanare sempre di più i rischi di burnout, trovando un giusto equilibrio tra vita privata e professionale. Un fenomeno che negli Stati Uniti prende il nome di “quiet quitting”, mentre in Italia viene tradotto come "abbandono silenzioso” (dal posto di lavoro). Un evento che ha "marchiato" il 2022 e ha tutto il potenziale per poter incidere sul quel cambio di paradigma vita-lavoro nel prossimo futuro. 

Che cos'è il quiet quitting

Ma, nel concreto, di che cosa si tratta? "L'abbandono silenzioso" è di fatto un modo nuovo di concepire l'attività lavorativa, non più legata solamente al "sacrificio" nel senso più stretto del termine, quanto alla realizzazione della propria sfera di benessere psico-fisica. Svolgere quindi le attività per le quali si è assunti, senza "eccedere" in compiti extra non pattuiti antecedentemente. Per alcuni non è altro che il frutto del fenomeno della Great Resignation, le grandi dimissioni di massa che hanno completamente stravolto il mondo del lavoro nell’anno post pandemico. Nel 2022 infatti, dalla ristorazione alla consulenza, dalle aziende famigliari alle grandi multinazionali, milioni di americani hanno deciso di rivoluzionare modo di vivere e pensare, e partendo proprio dalla loro seconda casa, ovvero l'ufficio, hanno lasciato posti di lavoro "sicuri" per piani B ancora in via di definizione, seguendo differenti priorità, tra le quali benessere fisico, salute mentale e flessibilità.

LEGGI ANCHE: Great Resignation, dagli Usa all’Italia: la fuga di massa dal posto di lavoro

Per altri invece il quiet quitting è qualcosa di più ampio: se da una parte è sì un fenomeno scaturito da una serie di crisi, come pandemia, lavoro precario e instabilità economica, dall'altro però ha tutto il potenziale per poter diventare un qualcosa di più strutturato, in grado di "sfidare i processi aziendali", poichè riflette "la scelta di eseguire il minimo indispensabile nel rigoroso rispetto delle proprie mansioni e del proprio orario di lavoro". Ovvero? Con il quiet quitting si compie una scelta meno di petto, più ragionata e ponderata: viene cioè meno "la predisposizione a dedicare completamente le proprie capacità, e il proprio tempo, alla mission dell’azienda e ad essere propositivi e partecipativi rispetto ai nuovi progetti, riducendo, anche in modo drastico, la disponibilità ad aderire ai valori aziendali". 

Nato su Tik Tok grazie all’hashtag #quietquitting, lanciato da un ingegnere ventenne di New York, Zaid Kahn, e diventato virale in poche settimane, con oltre 8 milioni di visualizzazioni, l'abbandono silenzioso ha trovato fin da subito il supporto di numerosi giovani e non, desiderosi di sorpassare l'ormai obsoleta retorica della cultura del lavoro che impone il "sacrificio a tutti i costi".  Da tendenza social ha assunto così forme più strutturate, diventando l'antidoto (sicuro) per curare lo stress e il burnout. Imponendo a sua volta un nuovo modello di lavoro: fare il necessario, non mischiarsi con i problemi aziendali, mettere la vita privata, e il suo equilibrio, in cima alle priorità. 

Quali sono le cause del quiet quitting 

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