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Milano
Paradossi della Milano del design. In metropolitana? Manca lo stile
Metropolitana 5 Lilla di Milano

di Ugo Poletti

La metropolitana milanese non regge il confronto con Mosca, Parigi, Berlino, Stoccolma, Napoli. Ma nemmeno Bruxelles o Bilbao.


Si è appena conclusa la consueta settimana del Salone del Mobile, che porta nei quartieri di Milano il sapore della movida madrilena, declinata nelle svariate lingue degli stranieri in visita da tutto il mondo. Sicuramente questi operatori dell’arredamento e del design avranno utilizzato per andare e tornare dalla Fiera di Rho la metropolitana, il simbolo della modernità milanese. Peccato che il fiore all’occhiello dei trasporti cittadini non sia un degno biglietto da visita per la capitale del design. Questo non sembrerà esagerato a chi ha visto le metropolitane delle altre città nel mondo. Avete mai preso le metro di Mosca e San Pietroburgo? Sono dei musei permanenti di arte decorativa. Ogni stazione è un trionfo di sculture, mosaici, lampadari, marmi, ceramiche e altri materiali. Le guide turistiche obbligano a fare un giro in metropolitana per ammirare questo vanto dell’epoca sovietica (le linee principali furono costruite tra il 1935 e il 1954).

Ma non ci sono solo le metropolitane russe. Anche quelle di Parigi, Berlino, Stoccolma hanno delle stazioni ricche di elementi decorativi e architettonici. Prendiamo ad esempio la poco conosciuta Bruxelles. Puoi vedere dal vagone: disegni di Tintin (noto fumetto belga), schermi con foto d’autore, affreschi paesaggistici. In una stazione hanno ricavato delle nicchie nella parete e per inserirvi delle statuine che ricordano i disegni di Magritte. Bilbao è famosa per gli accessi alle sue fermate: dei giganteschi lombrichi in metallo lucido, disegnate dall’archistar Norman Foster. Al confronto, gli ingressi della nuova M5, la linea lilla, sono un’occasione persa. Infine, Napoli con il progetto delle “stazioni dell’arte” ha ingaggiato alcuni degli architetti più celebri al mondo per realizzare un museo diffuso sotterraneo, arricchendo la città di una nuova attrattiva.

Qual è la morale di questi esempi? La Metropolitana non è più solo un mezzo di trasporto, ma anche una vetrina della città, attraverso l’arredo delle sue stazioni. Il viaggio diventa un’esperienza estetica per gli utenti. Una sorpresa per i visitatori. La funzionalità del mezzo va a braccetto con l’arte figurativa. Nelle grandi capitali la metropolitana è un luogo rappresentativo dell’identità storica e culturale della città. Quindi, un’attrazione turistica da aggiungere ai monumenti in superficie.

La metro di Milano è una infrastruttura tecnologica tra le più moderne al mondo. Infatti, l’azienda municipalizzata MM SpA (che si occupa della progettazione e realizzazione; non della gestione, che è di ATM) è un’eccellenza che lavora anche all’estero. Ma le stazioni non sono certo luoghi da mostrare ai turisti. Mancano di colori, immagini ed elementi decorativi. Solo le pubblicità spezzano un mare di grigio antracite anti-graffiti. Quindi diciamolo: la metropolitana milanese non è degna della capitale del design. Manca proprio il design. 

Cosa si può fare? Imitiamo le altre città! Rifacciamo il trucco alle fermate, magari iniziando con alcune stazioni pilota. Diamo la possibilità di lavorare ai numerosi studi di architettura in città, ma anche fuori città e all’estero (la creatività non deve avere confini), attraverso una gara pubblica. Non abbiamo bisogno di mobilitare i Renzo Piano o gli Stefano Boeri (scusateci maestri). Il restyling di uno spazio pubblico possono farlo anche dei giovani professionisti emergenti. Sarebbe una bella occasione di lavoro per i creativi di Milano: architetti, designer, artigiani, professionisti della comunicazione, impegnati a vestire, decorare, riempire di significato la fermata della metro. Si potrebbe anche coinvolgere i quartieri con una operazione “adotta la tua stazione” per chiedere contributi intellettuali e contenuti.

Ma sarebbe un’opportunità anche per le aziende, che potrebbero utilizzare materiali (legno, ceramica, marmo, vetro, metalli, plastiche) e tecniche (mosaico, pittura, foto, luci) per cui il Made in Italy è famoso nel mondo. E possiamo scommettere che molte imprese sarebbero disposte a sponsorizzare i costi di ristrutturazione della stazione dove vengono impiegati i loro prodotti.

Immaginiamo il risultato: una Milano da vedere anche sottoterra. Le stazioni della metropolitana come itinerari di design alla scoperta dell'identità dei quartieri sopra ogni fermata, o magari dell’origine dei nomi con cui sono state battezzate. Una narrazione sotterranea della storia e della cultura di Milano e un manifesto della sua creatività e imprenditorialità.

Ma chi dovrebbe lanciare questa operazione ambiziosa? Chi è il padrone di casa della metropolitana? ATM cura la gestione del servizio e la manutenzione, ma il proprietario dello spazio fisico (le stazioni) è il Comune di Milano. Naturalmente un progetto come questo dovrebbe essere gestito da entrambi i soggetti. Ma certamente l’ATM non prenderà mai l’iniziativa di investire tempo e risorse su un’operazione del genere, se non per scelta del suo maggiore azionista: il Sindaco. Qualcuno forse dirà che i capolavori di Mosca e San Pietroburgo non si sarebbero potuti realizzare senza la volontà di Stalin. Ma questa obiezione scompare di fronte agli esempi offerti dalle altre città. E’ una semplice questione di volontà politica.

Il quadro moderno più bello su Milano (a modesto parere dello scrivente) è la “La città che sale” di Umberto Boccioni. Una gigantesca pittura a olio del maestro del futurismo, che rappresenta una danza elettrica di scintille, uomini e cavalli, con uno sfondo di cantieri, ciminiere di fabbriche e palazzi in costruzione. E in un angolo un tipico ponte dei navigli con il tradizionale tram (purtroppo l’opera fu venduta da Amalia Boccioni nel Dopoguerra al MOMA di New York, dopo il rifiuto dello Stato Italiano di acquistarlo, su pressione di Carlo Giulio Argan che detestava politicamente il futurismo). È una rappresentazione fantastica del dinamismo e dell’energia di Milano. Questa era (agli inizi del novecento) ed è (oggi) la Milano in superficie. Abbiamo bisogno di artisti anche per la “città che scende” (in metropolitana) e di una regia politica che dia loro l’occasione di esprimersi. Al prossimo Sindaco di Milano si offre questa grande opportunità di marketing della città. Con un coinvolgimento intelligente delle imprese, pronte a mettere la firma sui lavori, potrebbe anche costare poco.

@UgoPoletti

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