Green Pass, per i portuali di Trieste non è finita: ora lo “sciopero bianco”

Portuali di Trieste, che fare? Con lo sciopero ad oltranza i lavoratori rischiano il licenziamento ma c'è un'altra soluzione

di Paolo Becchi e Giuseppe Palma
Fabio Tuiach
 
Cronache
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Le proteste contro il green pass, obbligatorio sia per andare a lavorare che per conservare la retribuzione, continuano e si fanno sempre più massicce. Il mainstream parla di un numero basso di lavoratori disposti a scendere in piazza, ma non è vero. Nell’ultimo fine settimana città come Milano, Roma, Torino e Genova hanno visto una presenza importante di manifestanti che ormai da oltre un mese chiedono al governo Draghi una modifica alle norme dell’ultimo decreto-legge (il d.l. n. 127 del 21 settembre 2021 entrato in vigore dal 15 ottobre) e ora la sua abrogazione.

In particolare, spicca su tutte la protesta dei portuali di Trieste capeggiata da un operaio portuale, ex sindacalista, Stefano Puzzer. Il governo, inizialmente indifferente, ha mandato a Trieste il ministro delle politiche agricole Stefano Patuanelli (triestino anche lui) per discutere coi portuali, i quali – per bocca dello stesso Puzzer – il 23 ottobre hanno confermato le loro richieste dopo 20 minuti di colloquio col ministro: 1) rinuncia da parte del governo del green pass obbligatorio per tutti i lavoratori; 2) evitare l’introduzione dell’obbligo vaccinale; 3) il rispetto della Costituzione; 4) scuse pubbliche da parte delle autorità competenti circa la repressione condotta dalle forze dell’ordine la settimana scorsa con l’uso degli idranti sui manifestanti.

Punti sui quali lo stesso Puzzer ha dichiarato che non possono esserci margini di trattativa. Patuanelli ne ha preso atto ed ha annunciato che porterà queste condizioni al Consiglio dei ministri di martedì 26 ottobre, poi posticipato a domani giovedi 27. Nel caso in cui il governo non accogliesse queste richieste, come è molto probabile, Puzzer ha promesso che le proteste continueranno ad oltranza.

Ma cosa possono fare i portuali di Trieste se il governo andasse avanti per la sua strada senza accogliere nessuna delle loro richieste? Una delle soluzioni è quella dello sciopero “tradizionale” a oltranza. Una strada in salita. Il diritto di sciopero, garantito dall’art. 40 della Costituzione “nell'ambito delle leggi che lo regolano”, è regolamentato appunto dalla Legge n. 146/1990. Gli scioperi non sono più quelli degli Anni Settanta e Ottanta, quando i lavoratori godevano di una “forza contrattuale” notevole (erano in grado di tutto e il governo era costretto a trattare).

 

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Da circa trent’anni occorre che coloro che lavorano nei servizi pubblici essenziali o in quelli di pubblica utilità (come, ad esempio, i servizi di trasporto merci e persone) garantiscano in ogni caso lo svolgimento del servizio stesso, seppur in misura ridotta, all’interno della cornice di uno sciopero ben delimitato sia nei giorni che negli orari, lasciando che tra uno sciopero e l’altro non trascorra meno di un determinato periodo di tempo (a seconda del tipo di servizio in questione). Se si scegliesse la strada dello sciopero tradizionale, gli scenari sarebbero due: o i portuali rispettano la regolamentazione vigente (in tal caso la forza del blocco della circolazione delle merci verrebbe indebolita) oppure rischiano la precettazione e dunque, in caso di inosservanza, persino il licenziamento. La strada dello sciopero ad oltranza è dunque rischiosa, anche perché le tre principali sigle sindacali – Cgil, Cisl e Uil – sono oggi a favore del governo e contro i lavoratori. 

L’altra soluzione è quella di continuare la protesta, con una sorta di “sciopero bianco” attuato presentandosi al luogo di lavoro ma dichiarandosi sprovvisti del green pass per poter entrare.  In questo caso la cornice giuridica che impedisce il licenziamento dei portuali la offre lo stesso decreto-legge n. 127 / 2021, che parla di “assenza ingiustificata” per i lavoratori che, presentandosi al lavoro sprovvisti di green pass, vengano allontanati con conseguente provvedimento di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione, ma con espresso divieto di licenziamento.

Insomma, i portuali di Trieste che protestano contro l’obbligo del green pass previsto per i lavoratori potranno usare lo strumento costituzionale di continuare a riunirsi pacificamente e manifestare - in questo caso ad oltranza - con l’escamotage giuridico di non voler mostrare il green pass per andare a lavorare. In questo modo potrebbe essere attuato il blocco del trasporto delle merci senza il pericolo di andare incontro alla sanzione del licenziamento, prevista quando il lavoratore di un servizio di pubblica utilità non osservi la precettazione emanata dal prefetto in caso di sciopero che vìoli le norme che lo regolamentano. Andrebbe infatti applicata la sanzione prevista dal d.l. n. 127 / 2021, vale a dire la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione fino al 31 dicembre.

Ad ogni buon conto, in presenza di qualsiasi provvedimento sanzionatorio adottato dalle autorità competenti, i lavoratori potranno inoltre ricorrere legittimamente alla sezione lavoro del tribunale ordinario e chiederne la revoca. Lasciar perdere i tribunali amministrativi. Si è visto come i ricorsi vanno a finire, e per la verità lo si poteva intuire sin dall’inizio.  

È tuttavia evidente che sia necessario evitare l’isolamento dei portuali di Trieste e certo la loro lotta avrebbe un altro significato se le stesse decisioni operative venissero prese almeno dai portuali di Genova. Come che sia bisognerebbe evitare l’isolamento della protesta dei portuali triestini, che peraltro stanno suscitando grandi simpatie nella popolazione. E proprio puntando su queste simpatie bisognerebbe aprire un “conto corrente di solidarietà” per raccogliere donazioni a favore dei lavoratori che si troveranno nelle prossime settimane in difficoltà economica.

Opportuna sarebbe anche la programmazione di una manifestazione nazionale contro le politiche liberticide del governo.  È pur vero che Draghi può contare su un governo che raccoglie quasi tutte le forze politiche e consapevole del fatto che nessuno mette in discussione il suo operato   sta andando avanti come un treno a tutta velocità, ma rischia di schiantarsi contro una opposizione extraparlamentare crescente. Quale forza abbia questa opposizione è al momento difficile dirlo. C’è la capacità di organizzare, magari anche con l’appoggio di qualche sigla sindacale non omologata, una grande manifestazione a Roma contro il governo del green pass?  È questo il nodo da sciogliere nei prossimi giorni.