Banche, le porte girevoli con le società di consulenza. La denuncia di Sileoni

Il segretario generale della Fabi attacca le società di consulenza e ribadisce che intende "gestire i piani industriali con la regola di una assunzione ogni 2"

di Andrea Deugeni
Economia
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I negozi finanziari creati dalle banche e i veri numeri delle chiusure di sportelli in Italia

"Il settore non sta cambiando, sta cambiando il modello di business delle banche. La pandemia, la concorrenza fra gruppi e i rapporti personali non sempre idilliaci fra i vertici delle banche hanno spinto l’acceleratore verso la digitalizzazione. Alcuni sfascia carrozze descrivono uno scenario apocalittico, che mai si concretizzerà, solo per corteggiare alcune società di consulenza che lavorano da sempre per gruppi bancari". Lo dice ad Affaritaliani.it, Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, la principale organizzazione sindacale del settore bancario. Sileoni attacca le società di consulenza e ribadisce che intende "gestire i piani industriali nell’interesse della categoria, con la regola di una assunzione ogni due uscite volontarie".
 
Come sta cambiando il settore bancario?
"Il settore non sta cambiando, sta cambiando il modello di business delle banche. La pandemia, la concorrenza fra gruppi e i rapporti personali non sempre idilliaci fra i vertici di alcune banche hanno spinto l’acceleratore verso la digitalizzazione. Ognuno si gioca la sua partita, anche professionale, in questo contesto in cui i posti di comando saranno sempre di meno. La difesa dell’occupazione resta l’obiettivo principale, anche se alcuni sfascia carrozze della disinformazione descrivono uno scenario apocalittico, che mai si concretizzerà, solo per corteggiare e assecondare alcune società di consulenza che, contro gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori, lavorano da sempre per alcuni gruppi bancari, ma prima ancora per i loro stessi interessi economici. C’è un altro aspetto poi".

Quale?
"Prestarsi a fare da megafono a previsioni catastrofiche di chiusure di sportelli bancari produrrà una nostra durissima reazione. Siamo stufi di certe Cassandre improvvisate, il cui orizzonte si è sempre fermato all’interno della moquette e degli ovattati uffici di alcuni amministratori delegati e alcuni direttori generali. Ne tracciano i profili, ne esaltano le gesta per essere poi smentiti dai fatti, ad esempio, dai recenti scandali bancari, li fanno apparire come dei santi quando in effetti sono anche loro comuni mortali. Accettare lezioncine di vita da alcuni cortigiani della disinformazione, da alcuni camerieri dei salotti buoni è veramente inaccettabile. E, da questo momento in poi, faremo chiarezza su molti rapporti che hanno contraddistinto l’attività di certi mangiacarte. La misura è colma: conosciamo fatti, episodi, circostanze che anche attraverso i sociali network potremmo veicolare per informare correttamente l’intero settore, la classe politica, i cittadini".
 
Sì, ma nei fatti cosa sta succedendo?
"La Banca centrale europea vuole meno sofferenze bancarie nei bilanci delle banche, spinge per le aggregazioni, e i prestiti a imprese e famiglie saranno erogati con estrema oculatezza. Le banche venderanno sempre di più prodotti finanziari e assicurativi e il tema della consulenza diventerà centrale nel rapporto tra dipendenti di banche e clienti. Poi c’è tutto il tema dei finanziamenti che arriveranno dall’Europa per il Piano nazionale di ripresa e resilienza, che le banche vorranno intercettare, con conseguente, inevitabile creazione, all’interno delle stesse banche, di nuovi settori legati alla sostenibilità ambientale, al sociale e alla governance".

Cosa farà il sindacato quindi?
"Questa trasformazione di modello di business andrà gestita dal sindacato con lungimiranza e chiarezza, condividendo con le banche la creazione di nuove attività e di nuove professioni che ci permetteranno di mantenere l’occupazione stabile all’interno del settore. Tutto questo servirà a evitare quello che già purtroppo è accaduto nel settore bancario europeo cioè centinaia di migliaia di licenziamenti. I numeri delle chiusure di sportelli vanno comunque letti in maniera corretta. Occorre considerare, nel totale, anche i negozi finanziari che a fine 2019 erano 1.771 e dopo un anno sono saliti a 1.847. Complessivamente, quindi, gli sportelli oggi sono 25.687, solo 396 in meno rispetto ai 26.083 di fine 2019".

(Segue: i negozi finanziari, le porte girevoli banche-società di consulenza e la gestione sindacale dei piani industriali delle principali banche del Paese...)

 
Cosa sono, nel dettaglio, i negozi finanziari?
"Sono sportelli a tutti gli effetti, con la sola differenza di non avere le casse e quindi l’operatività completa. La clientela bancaria, sia imprese sia famiglie, può usufruire di tutti gli altri servizi, della consulenza e dell’assistenza del personale bancario. Poi c’è il tema dei servizi e prodotti finanziari venduti dai grandi gruppi bancari a Poste Italiane che, a sua volta, attraverso BancoPosta, li mette a disposizione della sua clientela. Insomma, l’ipocrisia è nascosta in ogni angolo del settore".
 
Un calo degli sportelli, però, è sotto gli occhi di tutti...

"Il calo fisiologico c’è stato, l’avevamo previsto anche noi che talvolta frequentiamo le stanze dei direttori generali e degli amministratori delegati solo per difendere e tutelare la categoria e i posti di lavoro, e non per altre situazioni o interessi. Le società di consulenza utilizzano le cosiddette porte girevoli per offrire servizi, previsioni, spesso sballate, assicurando a fine carriera posizioni di livello a chi fa da megafono alle loro iniziative. Potrei andare oltre, citando altre situazioni, ma per il momento mi fermo qui. Insomma, previsioni e consulenze spesso sballate, amplificate dai cortigiani dell’informazione, vengono pagate profumatamente".
 
Quale impatto ci sarà sulla categoria in relazione ai piani industriali appena presentati dai principali gruppi?
"Intanto, le voglio dire che uno dei piani industriali della Popolare di Bari, confezionato dalla società di consulenza Oliver Wyman, è stato politicamente un fallimento e un disastro. A pagarne le conseguenze sono stati i lavoratori e la clientela e il costo per le consulenze fornite da Oliver Wyman e pagate dalla banca è stato notevole. Se necessario, darò i dettagli. Per il cambiamento epocale che affronteremo, a iniziare dal piano industriale di Intesa Sanpaolo, cercheremo di trovare le soluzioni a ogni problema come sempre abbiamo fatto, mantenendo salda la barra della decisione di una assunzione ogni due uscite volontarie e gestendo, a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori bancari, ogni cambiamento, perché la difesa dell’occupazione, in questo momento, viene prima di ogni altra situazione. Per il resto, le chiacchiere e gli annunci con effetti speciali li lasciamo agli altri. E i primi a prendere pubblicamente le distanze da certe notizie e da certi articoli di stampa dovrebbero essere proprio quegli amministratori delegati che hanno l’interesse a portare a termine positivamente tutti i prossimi piani industriali. Certi articoli e certe previsioni, oltre a essere di una banalità mortale, creano solo confusione fra le lavoratrici e i lavoratori bancari e fra tutte le organizzazioni sindacali del settore oltre che disorientare la clientela. Comunque, ad ogni prossima azione e disinformazione, da questo momento, corrisponderà una nostra pesantissima reazione. Questa mia intervista sarà capillarmente diffusa a tutti i 300.000 bancari, alla classe politica, agli addetti ai lavori e alle autorità di vigilanza italiane e internazionali. Oggi, con i social, con buona pace di chi si sente unto dal signore, si arriva dove la censura non può arrivare".

@andreadeugeni

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