Microsoft licenzia in Italia, Samsung in picchiata: il male oscuro del tech

In poco più di un anno persi oltre 300mila posti di lavoro: tutta colpa della "permacrisi"

di Redazione Economia
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Microsoft Italia pronta a licenziare 59 persone


 

Arduo trovare un comparto più in difficoltà di quello tecnologico. Hai voglia a usare le parole degli analisti, convinti che si tratti di un momento di maturità, cioè quello in cui un business cresciuto fino ad ora in modo esponenziale, ora vive un periodo di normalizzazione della curva di crescita. La verità è che c'è dell'altro che cova e cioè che il paradigma del tutti connessi a ogni costo inizia a stancare vecchie e nuove generazioni. Da un anno a questa parte, nel tech, sono saltati qualcosa come 300mila posti di lavoro, che è un po' come dire che un bel giorno Catania si sveglia e tutti i suoi cittadini non ci sono più. Spariti

Ultimo a usare la scure, in ordine di tempo, Microsoft. La creatura di Bill Gates e Paul Allen ha deciso di tagliare perfino in Italia e così - come ha anticipato Wired ieri - sono state avviate le contrattazioni con i sindacati per congedare 59 persone tra Milano e Roma. Il nuovo amministratore delegato, Vincenzo Esposito, entrato in carica da pochi giorni al posto di Silvia Candiani che è stata promossa, si trova a dover gestire per la prima volta una grana occupazionale nel nostro Paese.

La crisi delle start-up colpa della "permacrisi"

Ma c'è di più. Il giorno di San Valentino Casavo, la scale-up immobiliare che ha ricevuto round di finanziamento per oltre 100 milioni, annunciava il taglio di circa 150 persone per le incerte condizioni del mercato. Perché la verità è questa: finora siamo stati abituati a crisi economiche anche feroci (2009 o 2020) ma con confini precisi e momenti di ripresa. Ora invece siamo in quella che viene definita una "permacrisi", un continuo succedersi di emergenze che spaventano le aziende. C'è stato il Covid, poi la scarsità di materie prime, poi l'incremento dei costi dell'energia, poi la guerra tra Russia e Ucraina. Tutto questo in un periodo di tre anni.

Senza contare che l'incremento dei tassi voluto dalle banche centrali rende più complesso per i fondi d'investimento puntare sulle start-up, che quindi boccheggiano e rischiano di far deflagrare il sistema come è avvenuto con Silicon Valley Bank. Ci sono meno soldi che girano, e questa non è mai una buona notizia. E l'interesse crescente per il mondo tecnologico (un tempo lo si sarebbe chiamato hype) oggi è più tiepido.

Meta ha scoperto che, raggiunti i due miliardi di iscritti, non si poteva crescere ancora, che il Metaverso per ora non è un'alternativa credibile alla realtà e che TikTok era più vicino agli interessi dei più giovani. Fine di un paradigma, fine di un'epoca, fine di una concezione che ha premiato sempre e comunque tutto ciò che facesse rima con innovazione. 

Samsung registra il peggior trimestre dal 2009

Non è però finita: Samsung, ad esempio, ha annunciato una riduzione dell'utile del 96% nel peggior trimestre dal 2009. I motivi? Aver deciso di puntare tutto sui semi-conduttori salvo poi accorgersi che non sono più così al centro del dibattito. Lo saranno, questo è certo, perché la situazione tra Cina e Taiwan rischia di farsi più tesa. Ma il maxi-piano varato da Joe Biden rappresenta un'alternativa credibile nel lungo periodo all'isola che Pechino rivendica. E, ce lo auguriamo tutti, la speranza è che non manchi un piano analogo in Europa, dove sembra sempre che ci divertiamo ad arrivare in ritardo. Il tempo del tech a ogni costo è finito. Non sarà un caso se oggi l'uomo più ricco del mondo è Bernard Anault, che vende e produce lusso e non tecnologia. Con buona pace di Bezos, Musk e tutti gli altri tech-entusiasti. 

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