Giorgia Meloni, l'abito bianco e la toccatina al Papa

Per garantire la massima probabilità di pace, bisogna prepararsi perennemente alla guerra

Di Paolo Diodati
Papa Francesco riceve la Presidente Meloni agli Stati Generali della natalita' a Roma
Esteri

Giorgia Meloni, l'abito bianco e la toccatina al Papa

La Meloni fa la Papessa: non vuole essere seconda nemmeno al Papa, al quale, dopo la toccatina al braccio, ci mancava che desse una pacca sulla spalla e uno scappellotto. La prima cosa che ha notato Papa Francesco, rimarcandola: "Siamo vestiti uguali". Ora tradizione e quindi galateo raccomandano alle donne, nell'incontrare il Papa, di vestire di nero. Il bianco è permesso solo alle regine e alle mogli di re. I cripto-monarchici e i pochi che si dichiarano monarchici hanno preso quel bianco, come un buon auspicio. Gli altri, potrebbero considerarlo un gesto che rivela l'animo progressista, innovativo della nostra Premier.

Sensazione subito smentita dal suo comportamento da cagnolino al guinzaglio di Biden, in ambiti ben più importanti: politica estera ed errori sempre più gravi commessi nell'entrare in guerra contro la Russia e addirittura nell'incoraggiare il tragiclown ucraino a chiedere sempre più armi e aiuti economici, per arrivare alla vittoria finale, unico modo per poter parlare di pace.

Né lei, né tantomeno lo sgarrante della Costituzione, quest'anno in odore del premio Asino d'oro 2022, hanno capito che visite a Kiev, inviti a Roma per incontri con le massime cariche e inviti a pranzo, servono solo ad accontentarlo con ulteriori concessioni. Per la propaganda, di cui è certamente maestro, continuano a migliorare la sua immagine internazionale, mostrando la grande amicizia e stima che MattarellaMeloni e Tajani, hanno per lui.

Alla disinvolta ma sensibile Piaciona, che abbiamo visto anche commossa, piangere nel dicembre scorso alla cerimonia di accensione del Canukkià al museo ebraico, bisognerebbe regalarle, perché lo leggesse “Nulla di nuovo sul fronte occidentale”, il capolavoro del tedesco Erich Maria Remarque. Hitler lo odiò a tal punto da vietarne ristampa e lettura. Addirittura fece bruciare le copie che riuscirono a sequestrare. 

Mussolini ne vietò la ristampa in Italia ma, bontà sua, concesse a Mondadori, di stampare copie per l'estero. Che conteneva di tanto scandaloso o pericoloso quel libro? Assolutamente nulla. Era il resoconto della terribile esperienza di guerra dell'autore che vide morire tanti amici o semplici commilitoni, durante la Prima guerra mondiale. Descrive l'abbrutimento progressivo dei ragazzi nelle trincee, che vivevano sperando di vivere un giorno dopo l'altro: proprio come i ragazzi russi e ucraini nelle trincee e nei sotterranei. 

Dopo la Prima guerra mondiale vi fu un fiorire di piani, di progetti, di proposte, per evitare altre guerre. Mio nonno fece una collezione di queste opere sognatrici. Risultato: la Seconda Guerra mondiale, col progresso delle armi si annunciava più cruenta della precedente. So di operai che, per non andare al fronte, si procurarono danni diventando invalidi, pur di non partire. Uno, Settimio Giorni di Anghiari (Ar) si fece cadere un'incudine su un piede, azzoppandosi. Furono considerati vigliacchi, perché, allora come oggi, progressisti e conservatori docent, le controversie internazionali, apparentemente insanabili si risolvono... all'antica.  

Per cui, per garantire la massima probabilità di pace, bisogna prepararsi perennemente, alla guerra. Per prepararsi al meglio alla guerra, si deve, come stanno dicendo i sardi in questi giorni, giocare alla guerra, per esempio, sparando alle montagne. 

Sono fuori dal coro negli apprezzamenti su Fuori dal Coro e del servizio "La Sardegna insorge contro la Nato". Due estremi della scala sociale (i militari provenienti da sette nazioni, pagati benissimo per giocare alla guerra potrebbero guardarsi in faccia in questi giorni, con i poveracci locali che dicono, giustissimamente, che una famiglia non può vivere con mille euro al mese. Ma non lo faranno. E alla Meloni non interessano questi piccoli problemi. Lei ha da consolare e aiutare il tragi-clown, malato di narcisismo.

Gli isolani lamentano l'ingente danno ambientale causato da bombe di ogni tipo. Sbalorditi nel vedere scendere dalle navi carri armati, aerei, bombe, ecc… sottintendono che se la Meloni non avesse fatto come Mussolini (entrare in guerra a fianco dell'apparente sicuro vincitore) ma avesse rifiutato la guerra, loro potrebbero guadagnare qualcosina in più e senza avere il danno ambientale.

Avevamo e avremmo tanti gravi motivi per una dignitosa e giustificata uscita dalla Nato, per i disastri combinati dalla fine dell'ultimo conflitto. Poteva bastare anche solo il pazzesco comportamento di Sarkozy, nel partire in quarta a bombardare Gheddafi, per non restituirgli 50 milioni di dollari avuti per la sua campagna elettorale, pure persa. Almeno Obama, ammette "la guerra a Gheddafi fu il mio più grande errore”. Ma gli altri tutti zitti di fronte a un errore storico di incalcolabile gravità.

Anche il "giocare alla guerra" ora in atto a Capo Teulada, nel sud della Sardegna, è un "privilegio" che abbiamo grazie all'appartenenza alla Nato e non è colpa del "governo ladro" attuale, se lì piovono bombe e proiettili micidiali. Lo Stato italiano (non la Regione) mette a disposizione poligoni militari anche per altri richiedenti e per altri tipi di esercitazioni o di esperimenti (guerra elettronica, sperimentazioni aero-spaziali, test di velivoli senza pilota, ecc.…). L'unica voce che circolò diversi anni fa e non confermata ufficialmente, è che lo Stato incassi 50.000 euro all'ora! L'equivalente nazionale di chi affitta sua madre o sua moglie. Ma, come sappiamo e ripetuto prima, la migliore difesa è l'attacco e si garantisce la pace, preparandosi alla guerra.

Risultati dei tentativi di iniziare a parlare di fine del conflitto e quindi di pace, dopo i colloqui odierni (13/5/23) ad altissimo livello con l'alleato Zelensky? Senza ombra di dubbio: 0,0 (zero virgola zero). Il pettoruto in perenne grigio-verde o nero, improvvisatosi statista, dopo i lunghi abbracci con la sua ammiratrice e sostenitrice, ha ripetuto i soliti ritornelli (non vuole incontrare Putin e si può parlare di pace o quando i russi avranno abbandonato tutte le zone conquistate o quando avranno vinto sul campo (hanno diffuso la voce che Putin sarà rimosso a breve).

Un modo banale, facile, democratico e sicuramente efficace per far abbassare la cresta al galletto ucraino e ammiratrice (Vincere! E vinceremo!!) e che Putin, ne sono certo, accetterebbe: Immediato cessate il fuoco; entro giugno (o data da stabilire), sotto il controllo di una commissione internazionale, si indirà un referendum nel Donbass e in Crimea sulla nazione Russia o Ucraina) a cui si vuole appartenere; se Zelensky non dovesse accettare tale soluzione democratica, sappia che gli verranno meno, immediatamente, aiuti militari e finanziari.

Possibile che nessuno possa suggerire a Macron, questo sistema, per sistemare la Piaciona che non gli piace?

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