Guerra a Gaza, perché l'attacco al segretario Onu Guterres è ingiustificato

Guerra a Gaza/ Tutti contro il segretario dell'Onu Guterres per quel "gli attacchi di Hamas non sono avvenuti dal nulla", ma ha davvero "sbagliato"? Analisi

di Giacomo Costa
Esteri

Guerra Israele-Gaza, l'attacco ad Antonio Guterres è ingiustificato. Ecco perchè 

L’ufficio di Segretario Generale dell’ONU non deve essere confortevole. Il compito è apparentemente immane, tenere assieme le Nazioni Unite, spesso alquanto litigiose e riottose ai richiami; e riuscirci con poteri pressoché nulli. Contare sulla persuasione, su norme sottoscritte da tutti, sull’unanimità dei consensi, è tutto quello che può fare. Più, a volte, delle iniziative estemporanee efficaci per un po’ perché sorprendenti, come a volte quelle del Papa. Per capire che cosa è successo a New York, un durissimo attacco dei diplomatici israeliani a Guterres, propongo una piccola digressione: semantica, perché la guerra, purtroppo, si fa anche con le parole, distorcendone il significato proprio. Dunque, il lettore accetti una frammento di ripasso di italiano prima di ritornare al gentiluomo portoghese Antonio Guterres, volonteroso e generoso.

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1.Spiegazione e giustificazione. Perché un uomo con “il bavero color zafferano e la marsina color ciclamino veniva piedi da Lodi a Milano”? La vecchia canzone stessa immediatamente lo spiega: “per incontrare la bella Gigogin,” che appunto a Milano abitava. Tipicamente si spiegano eventi umani indicando i fini che i protagonisti perseguono. B, grande amico di A e ahimè della moglie di A, viene ucciso da A perché questo scopre l’affair tra B e sua moglie. A molti scopi, ad esempio giudiziali, questa ipotesi se provata si dimostra utile e soddisfacente. Ci sarà un giudizio penale su A; ma chi propone o accetta questa spiegazione del delitto –la gelosia- non formula alcun giudizio sull’atto uxoricida, né di approvazione né di condanna. La gelosia è un movente universale, ma vi si può resistere e caso mai vi si deve resistere. La spiegazione non è una giustificazione. E la giustificazione è una spiegazione? No, ma la presuppone: la presuppone per poi approvarla. Guardiamo al titolo di questo articolo. Una spiegazione per l’attacco a Guterres, di cui parleremo in seguito, ci sarà. O se ne potranno trovare diverse. Ma non sono moralmente apprezzabili. L’attacco manca dunque di giustificazione. Per converso chi trovasse una spiegazione non starebbe perciò stesso offrendo una giustificazione

2. La distinzione nella pratica. Per qualche ragione, questa distinzione si è offuscata nella mente di molti giornalisti. Ad esempio nel Corriere della Sera di Domenica 15 Ottobre Ernesto Galli della Loggia esordisce gravemente: “C’è un solo gruppo di persone più spregevole dei terroristi: sono quelli che qui in Occidente ne prendono ne parti giustificandone di fatto le imprese sanguinarie.” E come avviene questo? “Con il dire che sì certo i mezzi adoperati dai terroristi non sono proprio i migliori, ma come si fa a non considerare la situazione degli oppressi nel cui nome essi agiscono?” Prendiamo ad esempio la seguente dichiarazione, non citata dal bravo Ernesto ma pertinente e lievemente più perspicua (ai miei scopi l’identità dell’autore non sarebbe rilevante. E’ comunque, per chi lo volesse sapere, di Giulio Andreotti): “Credo che ognuno di noi, se fosse nato in un campo di concentramento e non avesse da cinquant’anni nessuna prospettiva da dare ai figli, sarebbe un terrorista.” Qui almeno vengono accennate le cause ambientali e sociali che possono portare un uomo, palestinese o no, a fare la scelta del terrorismo. Non c’è evidentemente nessuna giustificazione di alcun atto terroristico, ma un accenno a una spiegazione di come si forma un movimento terrorista. Magari questa ipotesi sociologica, quasi universalmente condivisa, è sbagliata: ad esempio, i terroristi potrebbero essere non umiliati e oppressi, come li pensano Guterres e Andreotti, ma viveur annoiati e disgustati del lusso in cui vivono con bisogno di emozioni forti: un po’ come Bin Laden. Ma, giusta o sbagliata, non è una giustificazione di alcun loro atto.

3. Mieli. Però si potrebbe dire che Galli della Loggia non fa testo: è rimasto il giovane brillante ma un po’ confusionario di trenta-quarant’anni fa. E nemmeno gli eterni Aldo Grasso, Beppe Severgnini (anche loro sullo stesso numero del Corriere) sono in fondo l’uno decorativo, l’altro folcloristico. Vediamo allora come sul Corriere di ieri 25 Ottobre Paolo Mieli, autorevole, posato, informato, ed esperto di Medio Oriente e molte altre cose, ci dà un saggio della sua souplesse. Souplesse nel fare cosa? Ahimè! Anche lui nell’attaccare Guterres: “Il segretario Guterres –pur senza abbandonarsi a stereotipi antigiudaici- dopo le parole di condanna dell’attacco del 7 Ottobre che potevano apparire insincere- ha ricondotto la responsabilità dell’accaduto a ‘cinquantasei anni di soffocante occupazione israeliana’. Un’enormità. Parole dall’innegabile sottinteso giustificazionista.” “Potevano apparire insincere?” E perché? Ma poi soprattutto:“Innegabile”?
 

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