Perché la Flotilla rappresenta ciò che non abbiamo il coraggio di fare

Il raggruppamento di navi, con 44 nazionalità a bordo, viene aspramente criticato per incoscienza e spregiudicatezza. Ma c’è molto di più

di Marco Scotti
Esteri

Flotilla, quanti italiani che criticano la missione avrebbero avuto il coraggio di imbarcarsi per un ideale in cui credono? Il commento 

Per chi come il sottoscritto ha passato i 40 il ricordo vola al 2001, al G8 di Genova, a quei ragazzi che sognavano di cambiare il mondo dalla globalizzazione (di lì a poco ci sarebbe stato l’11 Settembre e tanti saluti a qualsiasi rivoluzione) aggressiva. A fianco a loro, una minoranza di facinorosi, violenti, black bloc che misero a ferro e fuoco il capoluogo ligure. Non entro e non entrerò nella vicenda di Carlo Giuliani, che nulla ha a che vedere con quanto dibattuto oggi.

Di quell’esperienza resta lo iato netto tra chi decise di andare a Genova e chi scelse (come il sottoscritto) di restare a casa. E giù critiche perché “se la andavano a cercare” anche se il massacro della Diaz e della caserma di Bolzaneto vennero descritti da Amnesty International come una delle più gravi violazioni del diritto internazionale dai tempi del Cile di Pinochet. Insomma, se mele marce c’erano tra i manifestanti, di sicuro ve ne erano anche tra le forze dell’ordine.

Oggi ci ritroviamo a parlare della Global Sumud Flotilla come se fosse un insieme di navi che magicamente si è materializzata al largo delle coste di Gaza, provocando l’esercito israeliano e mettendo addirittura a repentaglio il processo di pace. La verità è che il 40% degli italiani ritiene che la missione della Flotilla dovrebbe essere sostenuta dal governo mentre il 60 no, ma la percentuale si ribalta se si deve guardare con favore (o meno) l’operato di Netanyahu. Insomma, la situazione è assai complicata, ma in fin dei conti, dare addosso in modo così violento come fatto ieri sera da Bruno Vespa su Porta a Porta contro delle persone che in fin dei conti non fanno male a nessuno, ma provano a portare aiuti concreti, è ingeneroso.

Certo, oltre gli ideali c’è anche la politica internazionale. Che dice una cosa semplice: se Israele attacca la Flotilla (e le possibilità ci sono), poi bisognerà trovare una soluzione per l’eventuale problema che si verrà a creare. Ma questo fa la diplomazia: altrimenti, perché esisterebbe se non per dirimere controversie e garbugli? Aggiungiamoci poi che vedere le dirette delle navi circondate da sommergibili e vascelli da guerra fa comunque impressione, non foss’altro per un briciolo di pietas che ancora dovrebbe animarci anche in questi secoli bui.

E allora sorge spontanea una domanda: quanti italiani che criticano la Flotilla avrebbero avuto il coraggio di imbarcarsi per un ideale in cui credono? Quanti invece avrebbero continuato a discettare dal divano, indipendentemente dalla causa per cui ci si batteva? Ecco, forse ai vari sentimenti che vengono rivolti verso la Flotilla se ne dovrebbe registrare un altro, impercettibile e forse assai nascosto: l’invidia verso chi - a torto o a ragione - mette a repentaglio la propria incolumità per un ideale.

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