L'Orchestra Sinfonica di Milano ha un futuro

La direzione della quinta sinfonia di Gustav Mahler da parte dell'austriaco Emmanuel Tjeknavorian mostra le potenzialità che questa bacchetta e questa Orchestra hanno e possono avere

Di Francesco Bogliari

Tjeknavorian dirige l_Orchestra Sinfonica di Milano (foto di Angelica Concari)

Milano

Con Emmanuel Tjeknavorian l'Orchestra Sinfonica di Milano ha un futuro

C'è il primissimo livello, quello del campionato intergalattico, dove giocano Berliner, Wiener, Boston SO, Chicago SO, NY Phil, Cleveland O, Los Angeles Phil, Staatskapelle di Dresda, Gewandhaus di Lipsia, Concertgebow di Amsterdam, Santa Cecilia di Roma, London SO, Orchestre de Paris, Filarmonica e Orchestra Mariinskij di San Pietroburgo, Bayerische Rundfunk di Monaco, Seoul Phil e poche altre.

Poi c'è la Champions League, che comprende Bayerisches Staatsorchester di Monaco, Filarmonica della Scala, Phil di Radio France, NDR Elbphilarmonie di Amburgo, Finnish Radio SO, Swedish Radio SO, Budapest Festival O, Moscow Phil, Philadelphia O, San Francisco S, Bamberg S, Toronto S, Baltimore SO, Royal Danish O, Sydney SO, Vancouver SO, HR-Sinfonieorchester di Francoforte, Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, NHK di Tokyo e altre orchestre di altissimo livello.

Subito sotto la Serie A, con molte altre decine di orchestre eccellenti ma non – o non più, o non ancora - da Serie A. E stiamo parlando solo di orchestre sinfoniche, non di quelle d'opera che giocano un altro campionato, anche se a volte si confrontano col repertorio sinfonico. Tra queste le eccellenti compagini italiane: Scala di Milano, Teatro dell'Opera di Roma (affidata a un grande “giovane” come Michele Mariotti), Maggio Musicale Fiorentino (col dna dell'eterno Zubin Mehta), La Fenice di Venezia, Comunale di Bologna (nelle mani energiche dell'ucraina Oksana Lyniv), San Carlo di Napoli, Petruzzelli di Bari, Massimo di Palermo. E mi scuso delle altre non citate, tutte di livello altamente professionale. (Ovviamente quelle che avete letto sono classifiche del tutto opinabili, personalissime e per niente “scientifiche”, per cui prendetele per quello che sono, solo un’indicazione di massima per orientarsi in un sistema vastissimo e molto diversificato).

Emmanuel Tjeknavorian, l'enfant prodige della Sinfonica di Milano

Questa lunga premessa per chiedermi e chiederci: in che campionato gioca l'Orchestra Sinfonica di Milano? Fondata nel 1993 col nome di Orchestra Verdi sotto la guida di un “grande vecchio” come Vladimir Delman, diretta da Riccardo Chailly tra il 1999 e il 2005, negli ultimi anni si era un po' appannata. La svolta inizia a maggio 2022 con la nuova denominazione “Orchestra Sinfonica di Milano”, accompagnata da una nuova e diversa strategia di marketing e comunicazione, volta a rinnovare e svecchiare il pubblico. Poi l'anno scorso il radicale cambio di passo con la scoperta di un musicista non ancora trentenne, il violinista e direttore viennese di origini armene Emmanuel Tjeknavorian, nominato per tre anni alla direzione musicale.

Il giovane austriaco ha rivelato subito un grande talento (già, il talento, virtù di cui si parla molto in questi giorni a proposito di direttori d’orchestra) e fin dai primi concerti è apparsa evidente l'empatia – professionale e umana – creatasi con l'orchestra (già, l’empatia tra direttore e orchestra, anche questo argomento caldo in questi giorni). Affaritaliani.it ha seguito con continuità la programmazione della compagine residente presso l'Auditorium di corso San Gottardo, potendo testimoniare una costante crescita della qualità artistica confermata anche quando sul podio ci sono stati direttori ospiti. Il mandato di Tjeknavorian scadrà a metà del 2027, quando lui avrà 32 anni: se verrà rinnovato e non cederà alle molto probabili lusinghe da parte di orchestre di altissimo livello, continuando così la OSM è destinata a giocare stabilmente in Champions.

Un Mahler più lucido che sentimentale

E veniamo al concerto di questo fine settimana, che ha aperto la stagione 2025-26 dopo l'inaugurazione ufficiale alla Scala di due settimane fa (da noi recensita). In programma la 5^ sinfonia di Gustav Mahler, che Bruno Walter, primo e vero erede sul podio del compositore boemo, così descrisse: “La 5^ sinfonia è fatta di musica appassionata, selvaggia, piena di pathos, briosa, solenne, delicata e piena di tutte le sensazioni dell'anima umana”.

Una definizione ancora più pregnante è quella dello stesso Mahler in una lettera alla moglie Alma: “Il pubblico, oh Dio, che faccia può fare davanti a questo caos che continua eternamente a partorire mondi che durano un solo istante e subito tornano a dissolversi?”. Ecco, il caos mahleriano che sconcertava i contemporanei, la melodia che si affaccia, cresce, si sviluppa e un attimo prima di arrivare all’acme collassa fragorosamente sulla sua parodia o sul suo funerale. Non è facile eseguire Mahler, il rischio è quello di perdersi nei suoi tormenti tortuosi, nei suoi cambi repentini di umore, nei pianissimi che seguono immediatamente i fortissimi e viceversa, nel grottesco che si mescola al sublime, con le piccole percussioni ironiche e quasi provocatorie che insidiano la nobiltà degli archi.

Tjeknavorian ha la chiave di lettura di questi intrichi, riuscendo a farne emergere con forza e nitore le singole trame e a percorrere con lucidità i “sentieri selvaggi” nei quali il compositore stesso sembra volersi perdere volontariamente (“naufragar m’è dolce…”). E nell’“Adagietto”, la pagina di Mahler più nota al grande pubblico grazie all’uso che ne fece Luchino Visconti in “Morte a Venezia”, il giovane direttore preferisce una lettura lucida, razionale al sentimentalismo svenevole che troppo spesso ne caratterizza le interpretazioni. Tjeknavorian fa emergere chiaramente l’autocitazione (rielaborata) nelle prime battute del lied forse più bello di Mahler, “Ich bin der Welt abhanden gekommen” (“Ormai io sono perduto al mondo”), profonda, malinconica ma insieme rasserenata riflessione sul senso della vita, della morte, dell’amore, altro che svenevole sentimentalismo.

Il ruolo cruciale della prima tromba e del primo corno

La sinfonia è impervia dal punto di vista esecutivo, richiede agli interpreti, tutti, una capacità tecnica e una concentrazione molto elevate. Ma due strumenti emergono in quest’ora e dieci di musica meravigliosa: la prima tromba, che apre il primo movimento e poi lo regge tutto con i suoi interventi sopra e sotto traccia, ed è presente come protagonista in tutti gli altri (escluso ovviamente l’“Adagietto” dove suonano solo gli archi e l’arpa). Magnifica l’esecuzione di Alessandro Rosi, ventireenne prima parte dell’orchestra, che a fine febbraio all’Auditorium sarà il solista nel "Concerto in Mi bemolle maggiore" di Haydn. Altrettanto eccellente l’esecuzione del primo corno Sandro Ceccarelli, che regge l’intero terzo movimento con suono caldo, luminoso e fermo (sappiamo bene quanto gli assoli dei corni siano soggetti a frequenti “incidenti”). Non è un caso che Rosi e Ceccarelli siano stati gli strumentisti che Tjeknavorian ha ringraziato per primi alla fine del concerto. Auditorium esaurito, pubblico emozionato da tanta bellezza

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