Milano
Emmanuel Tjeknavorian porta Vienna a Milano
Inaugurata alla Scala la stagione 2025-26 dell'Orchestra Sinfonica di Milano

Emmanuel Tjeknavorian e Rudolf Buchbinder (Foto di Angelica Concari-Orchestra Sinfonica di Milano)
Emmanuel Tjeknavorian porta Vienna a Milano
Se per caso incontrassi Françoise Sagan (cosa alquanto improbabile, essendo la signora trapassata nel 2004) e mi chiedesse: "Aimez-vous Brahms?", io le risponderei: "Se scoppiasse una guerra nucleare e fosse possibile portare in salvo solo dieci partiture, una di queste sarebbe il 'Deutsches Requiem'". "E il primo concerto per pianoforte e orchestra?". "Forse, se invece di dieci partiture ne potessi portare cento. E comunque metterei in salvo prima quella del secondo concerto per pianoforte".
Avrete quindi capito che il vostro cronista non ama particolarmente questa giovanile opera brahmsiana: nel primo movimento (maestoso), e in parte anche nel secondo (adagio), le cellule melodiche sembrano chiuse in un loop dal quale non riescono a uscire, creando una sorta di effetto claustrofobico. Per fortuna alla fine arriva il terzo movimento (rondò-allegro non troppo), nel quale la musica trova uno sbocco sia nella liberazione del canto sia nel ritmo sia nella luminosità dell'impasto cromatico sia nella maggiore leggerezza – pur sempre nel rigore architettonico – di costruzione.
Tjeknavorian e Buchbinder spostano il registro di lettura da Amburgo a Vienna
Questo fino a domenica 14 settembre quando alla Scala, nel concerto inaugurale della stagione 2025-26 dell'Orchestra Sinfonica di Milano, il direttore Emmanuel Tjeknavorian e il pianista Rudolf Buchbinder hanno cambiato il paradigma dell'interpretazione del celebre concerto – almeno relativamente all'esperienza di chi scrive – spostando il registro di lettura dalla cupezza angosciosa alla malinconia, trasportandolo per così dire da Amburgo a Vienna. Non solo perché i due interpreti sono anagraficamente austriaci, ma perché “viennese” è la luce morbida e insieme cristallina con cui hanno interpretato l'ardua pagina brahmsiana.
La viennesità della serata è stata confermata da Buchbinder nel magnifico bis, una parafrasi di valzer di Johann Strauss composta da Alfred Grünfeld, scintillante e cristallina, che definire gioiosa è limitativo: un’autentica goduria per la mente e per il cuore. Dall'Elba al Danubio il passo è stato breve, lieve e molto gradito dal foltissimo pubblico in sala.
Ma anche il successivo brano in programma, la 5^ sinfonia di Ciaikovskij, ha confermato che l'angolo visuale era anche qui “viennese”: Tjeknavorian ha fatto emergere tutto il Mozart che c'è in Ciaikovskij, e sappiamo che ce n'è tanto, per ammissione dello stesso compositore. Sulla 5^ sinfonia abbiamo la possibilità di un confronto abbastanza fresco, quello con la Filarmonica della Scala diretta il 27 aprile 2023 da Timur Zangiev, uno dei tanti enfant-prodige della bacchetta (31 anni, uno in più di Tjeknavorian) che percorrono l'Europa, erede più o meno designato del Grande Cattivo Valerij Gergiev, di cui fu assistente e sostituto nell'indimenticabile “Dama di picche” scaligera del febbraio 2022. L'interpretazione di Zangiev fu più drammatica, più robusta nei volumi e densa nei colori: ricordiamo particolarmente la sublime melodia del corno all'inizio del secondo movimento, affrontata con più forza e decisione rispetto al primo corno della Sinfonica che domenica sera l'ha eseguita in maniera più lirica, sommessa e intimista, contribuendo all'effetto “viennese” che Tjeknavorian ha dato a tutto il movimento e alla sinfonia nel suo complesso; e che meraviglia quando, verso la fine del movimento, la melodia è stata ripresa come un soffio leggero dai violini con l’accompagnamento pizzicato di tutti gli altri archi! Per restare nella metafora dei fiumi, la Neva è diventata Danubio.
Il giovane Tjek può portare l'ex orchestra Verdi a livelli superiori di eccellenza
Interpretazione elegante ma anche – o forse in quanto – asciutta, snella, vigorosa, potremmo dire senza un grammo di grasso in più del necessario, eccellente nella concertazione, grande precisione negli attacchi. Elegante e vigoroso come il gesto direttoriale, oggettivamente bello dal punto di vista estetico, oltre che estremamente comunicativo verso gli strumentisti, del giovane direttore che da un anno ha preso in mano il destino della ex Orchestra Verdi, iniziando a portarla verso livelli superiori di eccellenza.
Domenica sera è cominciato il suo secondo dei tre anni di direzione musicale della compagine di Largo Mahler. Altri due anni di lavoro sono il periodo minimo per dare una personalità peculiare alla compagine milanese e portarla a competere da protagonista sulla piazza europea. Ma qualche anno in più oltre la scadenza del 2027 sarebbe una bella prospettiva da perseguire e coltivare. Muovendosi per tempo, prima che arrivi una major a portarsi via il giovane Tjek. Che intanto nel 2026 farà le sue prime esperienze come direttore operistico, con “Il ballo in maschera” a maggio a Firenze e “Le nozze di Figaro” a settembre a Roma. Andrà seguito con attenzione, il giovane Tjek.