Mensa dei poveri, parla Altitonante: "Ecco la mia vicenda giudiziaria"

Quattro anni di incubo e tre mesi ai domiciliari. Una carriera politica rovinata. Infine l'assoluzione. Altitonante: "Se ne è andato via un macigno, ma..."

di Fabio Massa
Fabio Altitonante
Milano

Mensa dei poveri, parla Altitonante: "Ecco la mia vicenda giudiziaria"

Tre mesi ai domiciliari. I compagni del figlio che gli chiedono perché suo padre è sui giornali dipinto come un ladro. L'avvocato, il compianto Augusto Moretti, che muore a poche ore dall'arringa finale. Ce ne è abbastanza per piangere. E a dirotto. Fabio Altitonante, uno degli imputati per il caso mensa dei poveri, ai tempi era coordinatore milanese di Forza Italia, era sottosegretario in Regione Lombardia, era consigliere regionale. Ora è il sindaco di Montorio, in Abruzzo, la città dei suoi avi. Ma è tornato al Pirellone per salutare, e per ricevere pacche sulle spalle. Con Affaritaliani.it Milano parla della sua esperienza.

"E' stata una liberazione".

Che cosa ha pensato quando è finita?
Uno si sente svuotato. Ripassa davanti agli occhi il film di tutto quello che è successo nei quattro anni di incubo. E' come se andasse via un macigno. Uno ripensa alle cose che sono successe. Difficile.

Come le è cambiata la vita?
In maniera netta. Avevo importanti incarichi. Ero sottosegretario, consigliere regionale, coordinatore di Forza Italia. Tutto perso, tutto sparito. E poi ti accusano di cose che non hai fatto. E ti danno gli arresti domiciliari. Per tre mesi. Cambia tutto per te e per tutte le persone che ti circondano e che hanno condiviso con te 20 anni di politica.

Qualcuno l'ha delusa?
Questo succede sempre. Gli amici più stretti no, sono rimasti vicini. Alcuni si allontanano ma è fisiologico.

Una volta mi ha raccontato di quando a suo figlio chiesero perché il papà era dipinto come un ladro.
E' stata una delle esperienze più pesanti. Però ce ne è stata anche una bella. Alcuni amici di mio figlio, che oggi ha 17 anni e che ai tempi ne aveva 13, mi hanno chiamato tutti insieme in una chiamata di gruppo per dirmi che erano contenti della mia assoluzione.

Che cosa si sente di dire ai pm?
Mi sono difeso nel processo, sui fatti. E i giudici hanno valutato i fatti ed è emersa la verità.

Niente rabbia?
La stragrande maggioranza dei pm saranno persone che non si innamorano delle teorie, e non la prendono come vincere o perdere a livello personale. Ma quando il pm trasforma la sua battaglia in una battaglia personale per vincere o perdere non fa un buon servizio alla giustizia.

Pietro Tatarella è suo amico da sempre. Lui è finito in carcere. Anche lui è stato assolto. Che cosa vi siete detti ieri, dopo la sentenza?
Ci siamo detti molto poco. Piangevamo insieme al telefono.

L'ultima domanda è per Augusto Moretti, il sindaco di Peschiera nonché suo avvocato, che è morto a poche ore dall'arringa finale.
E' stato il mio avvocato insieme a Vinicio Nardo e Fiammetta. E' stato il primo che è venuto a casa a trovarmi mentre ero ai domiciliari. Augusto era un amico, oltre che il mio avvocato. Si è appassionato alla politica studiando il mio caso e si è candidato sindaco a Peschiera: di questo sono orgoglioso. Lui da lassù sono sicuro che ci starà guardando. E' venuto a mancare appena prima dell'arringa finale, che aveva preparato con tanta passione. E' una persona straordinaria. E' sempre stato ottimista. Nella gioia di oggi l'unico dolore è che lui non ci sia.

fabio.massa@affaritaliani.it

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