Auto elettriche: in settebre +14,2% e market share al 5,6%, in attesa degli incentivi ISEE.

Settembre conferma l’avanzata delle auto elettriche: 7.135 targhe e quota 5,6%. Cumulato in crescita, ma il confronto con l’Europa resta impegnativo.

Di Giovanni Alesssi
Auto e Motori

C’è un’Italia dell’elettrico che prova a correre e un’Europa che corre più veloce.

A settembre le auto elettriche registrano 7.135 immatricolazioni, in crescita del 14,2% sullo stesso mese del 2024; la quota di mercato sale al 5,6% dal 5,1%. È un segnale incoraggiante, inserito in un contesto complessivo di lieve ripresa: il mercato auto Italia totalizza 126.872 immatricolazioni, circa il +4,2% sul mese precedente. Nei primi nove mesi del 2025 le BEV raggiungono 60.870 targhe(+28,9%) e una market share del 5,2% (era 3,9% un anno fa), con un parco circolante che al 30 settembre conta 333.658 vetture a batteria.

Dentro i numeri si legge una dinamica precisa. La domanda si è fatta più curiosa e meno timorosa, specie nelle aree metropolitane dove le soluzioni di ricarica domestica o condominiale stanno diventando più accessibili. Restano però nodi strutturali: differenziale di prezzo all’acquisto, percezione del valore residuo, copertura della infrastruttura di ricaricarapida lungo i corridoi autostradali. Nel frattempo, il resto del continente alza l’asticella: in Francia le BEV pesano 19,4% del mercato (dati di agosto), in Germania il 19,1%, nel Regno Unito addirittura il 26,5%; Spagna all’11,5%, Belgio e Olanda al 34,3% e 34%. L’Italia, nello stesso mese di agosto, si fermava al 4,9%. Il divario non è più una sensazione: è una cifra.

In questo quadro, la discussione pubblica sugli incentivi ISEE assume un peso concreto. L’attesa riapertura delle misure con soglia reddituale mirata può ampliare la platea, permettendo a famiglie che finora hanno guardato da lontano di provare l’elettrico. Lo rimarca il presidente di Motus-E, Fabio Pressi: il progresso di settembre è “un segnale importante”, ma serve riallinearsi agli standard europei per non perdere contatto. Le agevolazioni rivolte alle fasce più deboli, aggiunge, possono sbloccare domanda reale; e se un semplice intervento sui fringe benefit ha rimesso in moto le flotte aziendali, una revisione più profonda della fiscalità avrebbe un impatto ancora maggiore. Il punto è chiaro: incentivi sì, ma dentro un piano nazionale per l’automotive che dia prevedibilità agli operatori e fiducia ai consumatori.

Anche perché i fondamentali del mercato restano delicati. Da gennaio a settembre il totale Italia si ferma a 1.171.865unità, –2,8% sul 2024: i volumi non raccontano ancora un ciclo espansivo. In questo scenario, le BEV crescono perché l’offerta è più ampia e i canoni finanziari si sono stabilizzati, ma la molla vera è la convenienza d’uso: costo energia competitivo rispetto ai carburanti, manutenzione ridotta, accesso alle ZTL, sosta agevolata. Dove queste condizioni sono chiare, la conversione accelera; dove mancano, l’acquisto resta in stand-by. Per colmare il gap, oltre agli incentivi ISEE, servono appalti rapidi per i punti di ricarica pubblici, interoperabilità delle app, trasparenza tariffaria e un’educazione all’uso quotidiano che non lasci sole le famiglie al primo “pieno” elettrico.

Il confronto europeo, per una volta, è utile più che punitivo. Francia e Germania mostrano che continuità degli incentivi e rete capillare spostano le quote in fretta; Regno Unito dimostra che la domanda privata segue quando l’usato elettrico diventa un’alternativa concreta; Belgio e Olanda confermano che la densità di colonnine e le politiche aziendali sono un acceleratore naturale. L’Italia ha peculiarità proprie — parco anziano, alto tasso di proprietà, molte case senza box — ma può recuperare terreno se la direzione resta stabile per più di una stagione.

Il filo rosso di settembre è questo: l’elettrico non è più una nicchia, è una curva che sale. La notizia non è solo nelle immatricolazioni settembre 2025, ma nella qualità della crescita. Dietro quel +14,2% c’è un pubblico che ha iniziato a sperimentare ricariche notturne, pianificazione dei viaggi e servizi digitali integrati. C’è anche una filiera che, pur tra margini compressi, comincia a vedere volumi sufficienti per costruire servizi after-sales dedicati e residui più leggibili. Il passo successivo è trasformare l’interesse in abitudine: dal primo cavo collegato al “non tornerei indietro” che fa davvero la differenza.

L’Italia dell’auto attraversa un guado. Settembre dice che la riva opposta è a portata di remi, ma non basta la corrente: servono braccia, ritmo e una rotta chiara. È qui che politiche pubbliche, scelte industriali e comportamento dei consumatori si incontrano. Se questi tre fattori terranno la stessa cadenza, il gap con l’Europa non sarà più un titolo, ma un ricordo.

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