Letta-Conte-Speranza, vertice Centrosinistra su Covid, Quirinale e...
Quirinale, Partito Democratico si riunisce il 13 gennaio. Letta stoppa il totonomi
Centrosinistra: vertice Letta-Conte-Speranza su manovra, Covid e Quirinale
Alla fine il vertice lo ha fatto prima il centrosinistra. Il segretario del Pd, Enrico Letta, il leader M5S, Giuseppe Conte, e quello di Articolo Uno, Roberto Speranza si sono incontrati.
All'ordine del giorno della riunione il punto sulla legge di bilancio (i cui tempi stretti di esame oggi hanno provocato le proteste dei grillini al Senato), la pandemia alla vigilia della cabina di regia per eventuali nuove misure anti-contagio sulla base degli ultimi dati aggiornati e, dulcis in fundo, l'elezione del presidente della Repubblica. A quanto viene riferito all'Adnkronos, Letta, Conte e Speranza si sarebbero concentrati, in questa fase, sul metodo e non sui nomi. Un primo confronto. Sulla questione ci si addentrerà soltanto dopo l'approvazione della manovra. Il segretario dem, non a caso, ha convocato per il 13 gennaio una riunione congiunta di Direzione e gruppi parlamentari sul Colle per costruire un percorso condiviso verso il voto sul QUIRINALE. Sul metodo, si spiega, l'obiettivo resta quello di un presidente eletto con la più ampia convergenza possibile -anche coinvolgendo l'opposizione- e che abbia le caratteristiche di terzietà che si addicono al ruolo: no a un presidente divisivo. Quanto al tema Covid, i dem confermano la linea "del rigore e del sostegno al governo" come è sempre stato sin qui ma, su una delle ipotesi in circolazione ovvero quella dei tamponi ai vaccinati, il Pd è contrario.
Quirinale, Letta riunisce Pd il 13/1 e stoppa totonomi Colle
Il segretario del Pd lo aveva detto: di Quirinale si comincera' a parlare dopo la manovra. E, dato che i lavori parlamentari sulla legge di bilancio sono ormai agli sgoccioli, ecco arrivare la convocazione dei gruppi parlamentari dem e della direzione. Ci si riunira' in congiunta il 13 gennaio "per impostare il percorso di elezione del nuovo capo dello Stato". Una data che la segreteria Pd, riunita al Nazareno, ha scelto tenendo gli occhi ben piantati sul calendario. Il giorno potrebbe precedere di poco l'inizio dei lavori parlamentari: il 4 gennaio il presidente della Camera, Roberto Fico, fara' partire la lettera alle Regioni per la scelta dei delegati, indicando la data della prima votazione del Parlamento in seduta comune. Dal 10 gennaio potrebbe essere convocata la capigruppo e, nel mentre, le Regioni dovranno indicare la terna di nomi da mandare a Roma per l'elezione del Capo dello Stato. Quindi, dal 18 o dal 19 gennaio fino al 24, ogni giorno e' buono per iniziare i lavori. A scandagliare fonti parlamentari dem, la scelta d'indicare la data della riunione congiunta nasce dalla necessita' di rassicurare i gruppi parlamentari dicendo loro, "sarete coinvolti da protagonisti" nella scelta del prossimo Presidente del Consiglio. Nessun via libera a 'totonomi', dunque. Tutt'altro. Anche perche' nel Pd nessuno, al momento, si sente di scommettere su uno dei profili usciti fin qui. Il nome di Mario Draghi, e' l'impressione che si coglie a sentire parlamentari e membri di spicco del partito, rimane quello che potrebbe mettere tutti d'accordo, nella maggioranza e non solo. Ma l'elezione dell'attuale premier, come e' stato ripetuto piu' volte, rischierebbe di trascinare il Paese in una crisi politica e di governo di difficile soluzione.
Da una parte, c'e' la necessita' di garantire continuita' nella gestione dell'emergenza Covid. Dall'altra quella di "mettere a terra", ovvero portare in sicurezza, i fondi del Recovery Plan. Senza un 'piano B' per Palazzo Chigi, ragionano fonti dem a Palazzo Madama, sara' difficile trovare la quadra su Draghi. In altre parole, c'e' bisogno di un governo a immagine e somiglianza del governo Draghi che possa portare a termine la legislatura. Sulla carta, non sembra una passeggiata. C'e' pero' da considerare anche la paura del voto anticipato sempre presente fra i parlamentari e che potrebbe facilitare l'impresa. Al momento, tuttavia, nomi non se ne fanno. Il nord della bussola di Enrico Letta e' quello di una presidente eletto a larga maggioranza, possibilmente con il contributo dell'opposizione. "Se c'e' o ci sara' un accordo dei partiti sul nome di Mario Draghi al Quirinale, si cominci a parlare anche del candidato o della candidata per la successione a Palazzo Chigi e sulle garanzie per la legislatura che deve completare le riforme", sottolinea il senatore Pd, Andrea Marcucci. Gli esponenti politici piu' prossimi al Pd, tuttavia, non mancano di segnare le distanze. Matteo Renzi chiede che sia una donna, visto che nessuna donna e' mai stata nemmeno a Palazzo Chigi. E in questo sembra tracciare il profilo di Marta Cartabia, nome gia' avanzato da Carlo Calenda. Ma il leader d'Italia Viva non si ferma a questo: da una parte dice che "fino al 10 gennaio non succede nulla", dall'altra aggiunge che "tutti quelli che chiacchierano, fanno finta di contare" ma "chi conta davvero, invece, tace". Poi torna sull'apertura a Matteo Salvini: "Io ho solo detto che la maggioranza relativa questa volta ce l'ha il centrodestra: e' una considerazione matematica", ha spiegato. A sinistra del Pd, il Movimento 5 Stelle, dopo l'apertura di Giuseppe Conte di un mese fa, sembra aver frenato sul nome di Draghi. La senatrice Paola Taverna, anzi, spiega - nel corso di un evento organizzato da AGI - che "nell'ottica dell'attuazione del Pnrr, meglio che sia il premier Mario Draghi a terminare la legislatura".