Buon giorno Avvocato, in questo periodo di quarantena, mio figlio, di 10 anni, passa gran parte delle giornate attaccato al tablet, e su internet, chattando e scambiandosi foto con gli amici. Mi devo preoccupare?
C’è poco da fare. Oramai da qualche anno nessuno di noi riesce più a “vivere senza” il proprio smartphone, il tablet, il pc. Il “telefonino”, e gli altri dispositivi elettronici, grazie al continuo evolvere della tecnologia, sono sempre più innovativi e ci consentono di “fare qualunque cosa” (dall’acquistare prodotti al pagare le bollette).
E, durante la quarantena, sono stati senz’altro fondamentali per ridurre gli effetti del lockdown. Specie per i più giovani, i quali, pur se a distanza, hanno potuto restare in contatto con gli amici, seguire le lezioni scolastiche, svolgere attività ludiche e sportive. Ma se accedere a internet, creare chat, scambiare messaggi su “whatsapp”, controllare e aggiornare il profilo “Facebook”, postare qualche foto su “Instagram”, sono attività che fanno parte della nostra quotidianità, nello stesso tempo tutto ciò espone l’utilizzatore della rete e dei vari social network a rischi e pericoli. Le persone con le quali entriamo in contatto virtuale possono acquisire nostri dati e informazioni personali, oppure “fare proprie” le nostre fotografie.
E la loro diffusione, da noi non voluta né tantomeno autorizzata, può creare danni, anche irreparabili, alla vita dei soggetti ritratti. Si pensi a quando le fotografie veicolate tramite la rete finiscono “nelle mani sbagliate” e, magari ritoccate, sono utilizzate per alimentare il mercato della pornografia online. E se gli adulti si approcciano con una certa diffidenza al mondo virtuale di internet e dei social network, e sono quindi restii alle condivisioni di notizie e immagini con gli altri utenti della rete, i giovani, anche e soprattutto i minorenni, proprio perché nativi digitali, sono senz’altro più aperti e propensi a creare relazioni virtuali, dando fiducia a chiunque, come loro, sia pratico del web.
E così, non si fanno tanti scrupoli a caricare sui propri profili personali, o a inviare “privatamente” ai loro amici o fidanzati le loro fotografie, magari fatte in momenti, o con atteggiamenti, intimi o particolarmente libertini. Fotografie che, ingenuamente, credono resteranno, per sempre, note solo a pochi eletti. Poi, però, succede che quelli che dovrebbero essere amici reali, e non solo virtuali (classico il caso degli ex fidanzatini), smettono di esserli e, per risentimento, cattiveria o invidia, fanno girare in rete, rendendole pubbliche, le fotografie ricevute. Oppure, ed è il rischio peggiore e più preoccupante, i ragazzi, sui vari social network, fanno amicizia con persone che, nascondendosi magari dietro un nickname simpatico, innocuo o accattivante, una volta carpita la loro fiducia, si fanno mandare una fotografia “per vedere come sono fatti” o, più semplicemente, salvano le immagini del profilo.
E, a quel punto, se i “nuovi amici” sono delinquenti non avranno certo scrupoli a utilizzare le immagini ottenute con l’inganno per ricattare e/o pretendere favori e/o denaro per non divulgarle. O, magari, arrivano addirittura a rivenderle a siti di pedo-pornografia. E, allora, spetta agli adulti, e in particolare ai genitori, controllare e supervisionare l’uso che bambini e adolescenti fanno di internet e dei social network, sorvegliare le amicizie dei figli nel mondo virtuale. Mettendo i giovanissimi in guardia dai pericoli che corrono nel divulgare foto e immagini in rete e nel fidarsi di chi, dietro la tastiera si presenta come un agnello ma, in realtà, è un lupo. Violento e famelico.
* Studio Legale Bernardini de Pace
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