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Coronavirus
Covid, soggetti fragili in attesa di vaccino: il piano c’è ma fa fatica

Vaccini anti-Covid e dializzati, che cosa succede? Nella fase 2 del piano inziale, fra le categorie prioritarie come i soggetti fragili con malattie respiratorie e cardiocircolatorie, non comparivano i malati in dialisi e in attesa di trapianto. Si tratta di una categoria a forte rischio in quanto “la letalità da Covid è maggiore di 4 volte rispetto a un soggetto senza patologie”, come spiega ad Affaritaliani.it, Giuseppe Vanacore, presidente dell’Associazione Nazionale Emodializzati (ANED).

“Con il Decreto ministeriale dell’8 febbraio – afferma Vanacore  - abbiamo acquisito una priorità che prima non c’era nel nuovo piano strategico di vaccinazione. Le persone dializzate  e trapiantate immunodepresse erano escluse. Ora sono state inserite in questo piano. Quindi un punto positivo, però, poiché la somministrazione spetta alle regioni, c’è una velocità variabile”.

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La risposta del commissario Arcuri a Piergiorgio Messa, presidente dell'Associazione Italiana di Nefrologia

Non c’è uniformità?

“Oggi abbiamo scritto al presidente della Conferenza Stato-Regioni Stefano Bonaccini e gli abbiamo fatto presente che la priorità per i dializzati, in alcune realtà, non è chiaro quando si concretizzerà”

Quindi com’è la situazione in questo momento?

“Nella Regione Lazio sono state vaccinate tutte le persone dializzate, ancora prima del Decreto, per una decisione che il Cts del Lazio aveva assunto a suo tempo alla fine del 2020”.

In autonomia?

“Si, in autonomia e tra l’altro in molti si domandano come abbia fatto il Lazio visto che c’è il problema della disponibilità dei vaccini. Tenga conto che i vaccini indicati per le persone in dialisi e le persone trapiantate sono i due a tecnologia Rna vettoriale che hanno una copertura maggiore e quindi non è indicata AstraZeneca. Non perché ci siano delle controindicazioni sanitarie ma perché, avendo una capacità inferiore di produrre anticorpi in organismi già immunodepressi, come possono essere quelli dei trapiantati o dei dializzati, è meno indicato. Quindi ci vogliono i vaccini Pfizer/BioNTech e Moderna".

A che punto sono le regioni sulla somministrazione del vaccino dei dializzati e trapiantati?

“Alcune regioni sono in dirittura di arrivo: Veneto, Emilia Romagna, Toscana e il Lazio. Di altre regioni come la Puglia, generalmente attenta a queste tematiche, non ho notizie fresche e poiché il Decreto del ministro Speranza è dell’8 febbraio e, la vaccinazione degli ultra 80ennni non è ancora finita, non possiamo parlare di un ritardo. Monitoriamo la situazione e raccogliamo i dati. Quello che possiamo e dobbiamo pretendere è che il piano previsto dal Decreto dell’8 febbraio sia applicato e chiediamo al presidente Bonaccini che dia garanzie di uniformità in tutte le regioni”.

In quale luogo è meglio che si vaccinino queste persone?

“Ecco, un’altra cosa che chiediamo e che è fondamentale, facendo riferimento alla posizione assunta dalla SIN, Società Italiana di Nefrologia, è che queste persone vengano vaccinate direttamente nei centri di dialisi degli ospedali perché un dializzato va per tre giorni a settimana in ospedale e quindi è molto più facile e la SIN ha dato la disponibilità”.

Quanti dializzati e trapiantati ci sono in Italia?

“Stiamo parlando di numeri che non possono scontrarsi con la difficoltà di reperire i vaccini, anche se c’è, perché stiamo parlando di una popolazione di 100mila persone fra trapiantati e dializzati in attesa di trapianto di tutti gli organi e tessuti. È  vero che poi devono essere vaccinati anche i conviventi”.

Quanto ancora possono aspettare di vaccinarsi queste persone?

“Da ieri 22 febbraio ha iniziato il Veneto. Il Piemonte e l’Emilia-Romagna stanno per iniziare. Ragionevolmente a marzo queste persone devono essere tutte vaccinate”.

Dove c’è la maggiore diffusione di dializzati?

“A livello nazionale sono circa fra i 47mila e 48mila dializzati. Nelle regioni del Sud c’è un’incidenza leggermente più alta. I trapiantati sono oltre 30mila e 9 mila persone sono in attesa di trapianto”.

Secondo quanto risulta a voi dell’Associazione Nazionale Emodializzati, ci può essere incompatibilità fra i dializzati e il vaccino anti-Covid?

“C’è da dire una cosa: questi vaccini non sono stati testati sui pazienti trapiantati e dializzati. Non sono stati fatti test specifici però abbiamo alcune rassicurazioni da un dato: nel caso di Moderna e Pfizer non c’è nessuna traccia di DNA del virus perché è il vettore RNA che trasporta una molecola che va a inserirsi nella cellula e questa molecola produce gli anticorpi. Attenzione però, è sempre il medico curante che decide perché conosce la situazione clinica del paziente".

Il paziente dopo il trapianto è immunodepresso e quindi non può fare il vaccino. Che cosa accade se viene chiamato per l’iniezione proprio dopo il trapianto?

“Non può fare il vaccino. Deve attendere fino a 6 mesi. Quello che noi abbiamo cercato di rivendicare è che i pazienti arrivassero al trapianto già vaccinati. Abbiamo chiesto la priorità per tutti quelli che sono in lista d’attesa di trapianto proprio per evitare che si realizzi quella condizione a cui lei ha accennato”.

E se la chiamata del vaccino arriva proprio dopo il trapianto che cosa fa il paziente?

“Occorre che resti isolato dal mondo”.

Meglio posticipare il trapianto o il vaccino?

“Il trapianto è un tram che bisogna prendere subito, non è facile che arrivi subito l’altro”.

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La comunicazione del ministro Roberto Speranza dell'aggiornamento del piano strategico di vaccinazione

 

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    covid vaccinovaccino covidassociazione nazionale emodializzatigiuseppe vanacore





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