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Coronavirus
Covid, smentita efficacia del lockdown: sotto i 65 anni il virus non fa danni
Lockdown esercito a Milano

Da più di un anno in Italia si continua con i “lockdown” e persino con i coprifuochi - ora grazie alla Lega un pochino attenuati - copiati dalla Cina, anche se nel Wuhan stesso sono cessati l’8 aprile dell’anno scorso. I “dati” però di cui parlano gli esperti, e purtroppo anche il presidente Draghi, non forniscono alcun supporto a questa politica mirata a tenere chiusa in casa la popolazione, perché la mortalità per chi lavora e studia è normale (e peraltro è sempre stata normale) . I “dati” mostrano che sotto i 65 anni di età non c’è mai stata in Italia una vera emergenza, perché tutto l’aumento di mortalità era ed è anche oggi sempre sopra i 65 anni.

La fonte dei dati più qualificata al mondo è oggi probabilmente il gruppo all’Università di Stanford, coordinato dal Premio Nobel per la Chimica e docente di Biologia Computazionale Michael Levitt. Draghi conosce questo studio o sente solo i nostri virologi televisivi e il CTS che ripete le stesse cose? 

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Riproduciamo sopra i dati per l’Italia.  Levitt fa in sostanza due cose importanti: confronta da inizio 2020 ad oggi la mortalità totale (per tutte le cause) con quella attesa in base al trend degli anni precedenti e la suddivide tra la mortalità sopra i 65 anni e sotto i 65 anni.

Come si può vedere l’aumento di mortalità c’è stato in primavera scorsa e in novembre-gennaio quest’anno solo sopra i 65 anni. Il virus c’è stato e ha fatto i suoi danni. Ma è altrettanto evidente la fascia della popolazione che è stata colpita: quella anziana e pensionata. Di questa, dunque, ci si doveva e deve preoccupare. Per tutti gli altri, che sono circa 44 milioni su 60 milioni in Italia, i bambini e giovani e tutti gli adulti che lavorano, non c’è mai stato e non c’è ora nessun problema di mortalità in eccesso. Questi sono i “dati”, quelli della scienza.

Le TV riportano ogni tanto casi di 50enni morti di Covid, ma siamo un paese di 60 milioni di abitanti in cui comunque si verificano da 600mila/650mila decessi l’anno e le infezioni ospedaliere e le polmoniti causano decine di migliaia di morti senza provocare nessuna sensazione. Non si possono usare dei casi singoli per dettare la politica sanitaria di una intera nazione. 

Inoltre ora si può anche vaccinare e le case farmaceutiche riportano una efficacia intorno al 96%, per cui una volta vaccinata la popolazione sopra i 65 anni, non esiste più nessuna ragione per tenere in gabbia tutti gli altri italiani. Non ha senso continuare ad impedire ai giovani di andare a scuola (Draghi ha fatto bene ad aprire), all’università (dove invece mancano ancora disposizioni del governo e non si capisce proprio perché esse con i prof vaccinati debbano continuare ad essere chiuse), non ha senso bloccare interi settori economici, visto che non c’è mai stato e non c’è un problema di mortalità eccessiva per giovani e adulti. La Covid-19 colpisce gli anziani sopra i 65 anni. I dati sono questi, la mortalità è aumentata in Italia in modo significativo (circa il 12%), ma solo sopra i 65 anni. L’Istat stesso nell’aggiornamento pubblicato il 26 marzo scorso, e che calcola i dati di un anno interno, ha mostrato che sotto i 50 anni la mortalità è addirittura diminuita.

Gli “esperti” televisivi del governo parlano di “contagi” o di morti Covid e mai del totale dei decessi, come invece fanno tanti altri scienziati impegnati a dimostrare l’assurdità del lockdown, e Michael Levitt è tra questi. Ma chi conosce i suoi studi in Italia, chi mai lo ha intervistato sui giornali o alla televisione?  

Non ha senso continuare a parlare dei “contagiati” genericamente come fanno i nostri esperti innanzitutto perché il 98% dei contagiati non muore. La mortalità della malattia virale è stimata allo 0,15% nel mondo, il che vuole dire 1,5 decessi ogni 1,000 contagiati.  In Italia purtroppo è stata oltre dieci volte la media mondiale, intorno al 2%, il che vuole dire 20 decessi ogni 1,000 contagiati (o 2 su 100). Anche se quindi la mortalità da noi è più alta che nel resto del mondo, è comunque di 2 decessi ogni 100 per cui comunque 98 contagiati su 100 non sono a rischio. E se i dati italiani sono attendibili bisognerebbe aprire una Commissione d’inchiesta per sapere come mai da noi ci siano stati così tanti decessi rispetto ad altri paesi e se ci siano responsabilità (anche penali) del Ministro della salute nella gestione dell’emergenza. Perché non si sono fatte le autopsie, perché le cremazioni forzate? Perché l’ostinazione nel non voler riconoscere le cure? E si potrebbe continuare.  

Parlando solo di “contagiati” o di tamponi positivi si offusca il fatto essenziale: statisticamente i morti in eccesso sono solo oltre i 65 anni.  Se di Covid morissero bambini, giovani e adulti tutta la popolazione sarebbe a rischio. Ma non è così. Il dato che i virologi della televisione non vogliono mai citare è il totale dei morti in eccesso degli anni passati. Ma se lo si esamina, si vede subito che la Covid-19 è un problema che riguarda una fascia di meno del 15-16% circa della popolazione. Non ha quindi alcun senso mantenere chiusure e restrizioni per chi ha meno di 65 anni perché per loro il rischio di ammalarsi è molto contenuto. 

I “dati” essenziali per un governo e una politica sanitaria dovrebbero essere i dati della mortalità totale. I dati Istat riportano che la mortalità sotto i 50 anni è calata, non aumentata e il prof. Levitt mostra che sotto i 65 anni la mortalità da gennaio 2020 ad oggi non è aumentata. Questi dati smentiscono che esista un “problema Covid” per chi ha meno di 65 anni, per loro il virus è solo un rischio come tanti altri che esistono nella vita.

Oggi per gli over 65 anni ci sarebbero anche i vaccini, anche se Speranza (e chi se non lui?) non ha voluto cominciare proprio da loro, quando invece avrebbe dovuto offrire subito a tutti gli anziani la vaccinazione in via prioritaria. Come che sia, i “dati” mostrano soltanto una cosa: lockdown e coprifuochi non servono a niente. 

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