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Costume
Di cosa parlare al primo appuntamento. I consigli per i single

Vietato parlare di politica. No alle parolacce e al linguaggio volgare. Alla larga da chi sbaglia i congiuntivi e da chi esibisce una presunta “riccanza”. Sì invece a chi parla dei propri valori e delle proprie idee per migliorare il mondo e a chi racconta le proprie passioni, i libri e i film che più ama. Il criterio per considerare una persona affascinante? Avere un lavoro che faccia girare il mondo.

Indicazioni chiare e precise quelle che emergono dall’indagine commissionata dal sito Academic Singles (www.academic-singles.it) a SWG in occasione di San Valentino e realizzata su un campione di circa 1.000 italiani, uomini e donne, di età compresa fra i 25 e i 60 anni.

L’indagine ha voluto esplorare il tema spinoso degli argomenti che utilizziamo per farci conoscere dal potenziale partner. Dalle risposte si possono trarre non pochi insegnamenti. Innanzitutto: di cosa parliamo, insomma, al primo appuntamento? Il 39% sostiene di preferire parlare dei propri valori e delle proprie idee sul mondo e il 36% di hobby e passioni extra-lavorative.

Insomma, per far bella figura, molto meglio far capire quanto siamo ligi a fare la raccolta differenziata, quanto siamo sensibili al tema del surriscaldamento globale o al problema foresta amazzonica e guai, invece, a parlare di politica (19%), di lavoro e ambizioni professionali (18%) o, peggio, di quante volte alla settimana si va in palestra (15%) o, ancora, di quanto è pesante arrivare a fine mese con mille euro di stipendio (7%).

La lista delle gaffe e dei peccati imperdonabili al primo appuntamento è lunga: guai a usare un linguaggio volgare (48%), no ai logorroici (e logorroiche) incapaci di ascoltare (44%), alla larga da chi sparge a piene manu status e “riccanza”, magari inesistenti (42%), da chi sbaglia regolarmente i congiuntivi (27%) o, ancora, da coloro che cercano in continuazione un contatto fisico (13%).

Condividere i valori e le idee comuni sul mondo sono, per un italiano su due (52% degli intervistati), il presupposto fondamentale per una relazione di successo. Davanti all’amore per la famiglia (47%) e al fatto di condividere abitudini e ritmi della vita quotidiana (46%). Gli interessi culturali sono al quarto posto (34%) e la condivisione di hobby e divertimenti al quinto (25%).

Altro argomento: quali tipologie di persone oggi vengono considerate più interessanti? O, come recita la domanda dell’indagine: chi viene considerata oggi da un punto di vista professionale una persona di successo? Al primo posto (31%) colui, o colei, che svolge un lavoro che permette di girare il mondo. Al secondo posto ci sono le professioni che hanno a che fare con le nuove tecnologie (29%), e al terzo gli imprenditori (28%).  Al fascino di intellettuali e artisti è sensibile il 19% degli intervistati, mentre chi lavora in televisione o di chi si definisce influencer viene ritenuto interessante rispettivamente dall’8 e dal 7% del campione intervistato. In fondo alla classifica del fascino, purtroppo per loro, gli avvocati (6%) e chi lavora in banca (4%).

Al di là del primo appuntamento e delle condizioni per far nascere e durare una relazione, l’indagine SWG per Academic Singles ha voluto focalizzarsi poi sul vissuto degli italiani rispetto al mondo del dating online. Il quale è conosciuto - molto o abbastanza - dal 39% degli intervistati, a fronte di un 42% di italiani che lo conosce poco e di un 19% che dice “per nulla”.

Ancora, a conoscere personalmente un amico o una coppia la cui relazione sentimentale è nata attraverso un sito di incontri è il 36% degli italiani, oltre uno su tre, segno del definitivo sdoganamento del fenomeno. In quanto a esperienza diretta, però, restano ancora in pochi a confessare di aver conosciuto qualcuno attraverso un sito di dating (16%): insomma c’è ancora una qualche forma di complesso a riguardo.

A prescindere da esperienze personali il 32% degli italiani vede positivamente il fenomeno, o perché sono ormai uno strumento diffuso (73%), o perché, dicono, aiutano a combattere la timidezza (67%) o, ancora, perché aiutano a trovare le persone con le caratteristiche che si predilige (52%), o, infine, perché, usando tutte le informazioni, sanno scegliere meglio di te (34%). Insomma, gli algoritmi dei siti d’incontri funzionano meglio del caso, e sicuramente meglio di Cupido che, non a caso, veniva raffigurato, a volte, con una benda sugli occhi.

L’indagine CAWI (Computer AidedWeb Interview) è stata effettuata nel mese di novembre 2019 su un campione di 1.000 italiani di età compresa tra i 25 e i 60 anni rappresentativi della popolazione italiana per genere, età e zona di residenza.

 

 

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