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Cronache
Migranti, il parossistico martellare del Papa e la resipiscenza di Parolin

Di Gaetano di Thiène Scatigna Minghetti

Quos Deus perdere vult, dementat prius.

Quelli che Dio vuole perdere li fa prima impazzire! È la formula che si attaglia perfettamente alle condizioni attuali della Chiesa Cattolica in Italia.

Infatti, se non si configura come pazzia frenetica, che farà implodere ingloriosamente la barca di Pietro, che cosa potrà mai essere il parossistico martellare di Bergoglio, e dei vescovi sulla necessità impellente di accogliere i migranti senza selezione alcuna?

Se non è follia pura quella delle gerarchie romane, come altrimenti può essere classificato e colto nella sua essenza l'improvvido appello rivolto ai popoli dell'Europa in occasione della tornata elettorale, del 26 maggio a privilegiare l'unità europea? Ma, esiste effettualmente, oggi, l'unitarietà continentale delle Nazioni che aderiscoco all'UE? quando invece ci sono degli Stati che prevaricano sugli altri e, in realtà, li subornano? Dove è andata a finire la sussidiarietà che dovrebbe costituire l'humus fecondo di una sana convivenza interstatuale? Nonostante ciò, i vescovi hanno auspicato una solidarietà suicida e priva di ogni intelligente giustificazione fondante!

È un cupio dissolvi, una frenesia parossistica quella che ha artigliato le menti, i cervelli dei prelati della Curia romana; degli esponenti gerarchici della Commissione Episcopale Italiana.

Tutti, su imput di Bergoglio, un dittatorello dello stato di Bananas, che minaccia destituzioni contro coloro che non si allineano con il suo pensiero unico ed il politicamente corretto; emblematico, come suol dirsi, è stato il caso specifico del cardinale Segretario di Stato, un accorto e moderato diplomatico, che pienamente consapevole della esiziale deriva che ha imboccato la Chiesa, specie in questi ultimi mesi, ha voluto, con saggia pacatezza, adottare una linea conciliante nei confronti del vice premier Salvini che aveva pubblicamente voluto affidarsi alla intercessione della Vergine Maria. Invocare il suo materno aiuto per la vittoria del proprio partito alle elezioni europee, baciando coram populo, durante lo svolgimento di un comizio a Milano, una corona del Rosario, come mezzo potente ed indefettibile per impetrare l'aiuto divino e ottenere così le sospirate grazie.

Qui, protervamente, ci si è dimenticati di una essenziale circostanza storica. Di un passaggio dirimente nella cronologia esistenziale dell'Occidente cristiano-cattolico: la battaglia di Lepanto! Avvenuta nelle acque delle isole Curzolari, il mattino del 7 ottobre del 1571. Le due flotte, quella cristiana, comandata dal giovane e brillante don Giovanni d'Austria (1545 – 1578), figlio dell'imperatore Carlo V d'Asburgo (1519 – 1556), una delle figure più affascinanti del XVI secolo, e quella turca, al comando di Alì Pascià, si scontrarono con ferocia inaudita e crudeltà violenta perchè, da entrambe le parti in lotta, si aveva la piena contezza che, in quei decisivi momenti, si giocavano i destini ultimi di due civiltà, l'esistenza stessa di due mondi, di due filosofie di vita e di pensiero; di due concezioni, antitetiche, di professare la propria religione che si presentava, a sua volta, come onnipervadente nell'esistenza quotidiana dell'occidente cattolico europeo e del vicino oriente turco-islamico.

Era stato su pressante sollecitazione del Papa, Pio V (1566 – 1572) – Michele Antonio Ghislieri, poi canonizzato, nel 1712, che si era venuta a formare la Lega Cattolica, costituitasi nel maggio del 1571, che porterà all'azione risolutiva nelle acque del mare Jonio. Fu in questa occasione, per propiziare la vittoria dell'armata cristiana, che il Pontefice aveva invitato tutti gli equipaggi delle navi da guerra delle diverse potenze europee, imbarcati sulle micidiali galee, alla recita serale del Santo Rosario onde impetrare l'aiuto della Vergine Maria in quello scontro epocale. E si narra, anche, come il Pontefice avesse ricevuto in visione l'annuncio della vittoria, sin dalla sera stessa della conclusione dello scontro navale, prima che giungesse in Roma il latore ufficiale della felice notizia, inviato da don Giovanni d'Austria, con l'annuncio entusiasmante della conclusione positiva del combattimento. In quella occasione, perchè fosse ricordata la fatidica data, il Papa volle istituire la festa della Madonna del Rosario, con la solenne lettura di una Supplica come omaggio nei confronti della Vergine Maria per la sua intercessione, proposta come ineguagliabile strumento per ottenere grazie speciali nei momenti più particolari dell'esistenza umana e sociale.

Per tanto, l'aver esibito da parte del vice premier una coroncina del Rosario e l'aver posto la propria parte politica sotto la protezione di Maria Immacolata, non ha avuto assolutamente nulla di irriverente e di blasfemo tanto più che, visti i risultati delle elezioni europee, il ministro Salvini si è trovato dalla parte della ragione nel rivolgersi all'ausilio della Madre del Signore.

È la storia della Chiesa Cattolica, in Italia e nell'Europa, che documenta in maniera favorevolmente positiva il ricorso alla intercessione di Maria. Invocata quale Regina “delle Vittorie” nella supplica che si legge, puntualmente, a mezzogiorno di ogni sette di ottobre, nella pratica della recita del Rosario, la quale, anche in circostanze che, d'acchito, sembrano distanti anni-luce dalla pratica religiosa di ciascun credente, possiede una propria superna giustificazione. E tutti quelli che si “scandolezzano”, fintamente, è ovvio, per l' “uscita” salviniana, dovrebbero parlare di meno e a vanvera e, al contrario, pregare di più, in quanto, dal momento nel quale la Chiesa si è laicizzata, sono per essa cominciate la debăcle e la crisi che paiono irreversibili. Anche perchè, una Chiesa che demonizza un credente cattolico invece di condannare gli esponenti europei di Bruxelles che, in modo protervo, si sono rifiutati di inserire il riferimento alle radici cristiane nella legge costitutiva dell'Unione Europea, dovrebbe invece poter riflettere seriamente ed in modo spassionato su se stessa e sul proprio ubi consistam. Altrimenti, condanna il suo avvenire all'oscurità da tregenda di un inferno dantesco, in una sorta di auto dissoluzione totale, che conduce all'annientamento, alla distruzione, al nulla: intellettivo e sociale.

E l'imperatore Carlo Magno (742 - 814) che rapsodicamente viene tirato in ballo in alcuni momenti della vicenda europea, anche con il premio a lui intitolato, “formò” l'Europa fornendole un atout formidabile: quello intimamente innervato della dottrina cristiana. Tanto che volle recarsi a Roma per farsi consacrare con l'olio crismale ed incoronare, presso la tomba del Principe degli Apostoli, nella basilica Costantiniana di San Pietro, durante la notte di Natale dell'anno 800, dal Papa Leone III (795 – 818), Sacro Romano Imperatore a vieppiù rimararcare i princìpi nuovi sui quali intendeva poggiare la propria ragione politica ed amministrativa. Nel nome del Cristo e con l'essenziale viatico della sua Chiesa.

Per ciò, l'attuale Unione europea è nata monca, asfittica; si presenta claudicante! Ed è perfettamente inutile che tutti coloro che alla greppia di questa snervata Europa si sono continuamente saziati, si sbraccino e si affannino a decantarne le eclatanti virtù e le suggestive mirabilie; essa non sarà mai organica e materna e solidale; diventerà invece e, ancora di più, dantescamente, una realtà che “... piagne/vedova e sola...” (Dante, Purg., c. VI, vv. 12-13).

È il destino, questo, riservato a tutti quegli organismi, mai democraticamente costituiti, che, scavalcando il volere autentico dei popoli e le loro più intime volontà; il loro più pervadente e profondo sentire, si vorrà imporre come un leviathàn mostruoso, distruttore delle vite e delle coscienze; che tutto fagocita; tutto divora! Come hanno dimostrato, in modo palmare e al contrario dell'establishment di palazzo Berlaymont, i risultati delle recenti consultazioni europee. Il passo intrapreso, con molta intelligenza dal cardinale Pietro Parolin, può essere interpretato come una positiva resipiscenza all'interno di una vicenda che presentava i contorni dell'incredibile e del masochismo.

 

 

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