Culture
Filippo de Pisis: sensibilità coloristica in mostra a Milano
di Simonetta M. Rodinò
D’indole inquieta e fantastica Filippo de Pisis fin dall’adolescenza coltiva soprattutto la letteratura. Si aggiorna con i poeti dell’ultimo Ottocento francese da Baudelaire a Verlaine, a Rimbaud.
Tenta le prime prove scrivendo, 19enne, “Canti de la Croara”.
Poi la svolta: nella sua Ferrara - dove era nato nel 1896 - incontra, l’anno successivo, de Chirico, Carrà e Savinio. A contatto con l’avanguardia pittorica del momento, approfondisce il suo interesse un po’ disordinato che fin da bambino gli aveva fatto prendere in mano i pennelli. Sotto l’influenza dei metafisici sperimenta giovanili composizioni, collage su carta.
Al pittore, mancato a Milano nel 1956, è dedicata l’antologica “Filippo de Pisis”, da oggi nelle sale a pian terreno del Museo del Novecento a Milano.
Lungo le stanze dalle pareti dalla tenue cromia, le prime tinte di giallo, poi di rosa per terminare con un verde chiaro, si snoda il ritratto dell’artista: oltre 90 dipinti.
Dalla prima opera del 1916 “Marina con conchiglie”, attraverso il periodo della formazione in cui convive il mantenimento della passione per la letteratura e per la pittura, passando per il periodo romano, seguito dal primo soggiorno a Parigi con permanenze estive in Italia – Milano, Venezia, Cortina – e il ritorno nella capitale francese. Che trova completamente cambiata dopo gli anni della guerra e, nonostante la fama, fatica a ritrovare i legami di un tempo e a crearne di nuovi. Si giunge ai dipinti degli ultimi anni, quando la malattia nervosa, dopo sette anni si aggrava e lo porta a lunghi ricoveri in case di cura, soprattutto a Villa Fiorita a Brugherio.
Ecco le sue nature morte, realizzate tra Roma e Parigi: cieli gonfi di vento, di spiagge distese, mari intensi, come filo di un orizzonte perduto, quei rapidi tocchi rosati, quasi sfatti dei crostacei. L’esperienza dell’Impressionismo, ora che de Pisis è a contatto diretto con la luce, i colori e le opere dei maestri francesi che può andare a studiare e vedere.
Affascinato dal plein air, dipinge tele dove ogni tocco corrisponde a una sensazione di gioia nel fare. Così in “Cupola degli Invalidi” (1927), con angoli di piccole strade, gremiti di cromie, di vibrazioni di figurette appena accennate.
Con gli anni la sua pittura si fa più atmosferica, tutta scatti e scintille: una pittura luminosissima, che sembra a tratti sfiorare il delirio. Instancabilmente dipingerà le due città che ama, Parigi e Venezia, mischiando le ragioni impressioniste con il vedutismo di Guardi. Il colore si attenua, si fa più delicato, e il segno è più rapido. Curiosià: una sala ospita due opere di grandi dimensioni, rare nella sua produzione, “Grande natura morta” (1944) e “Grande paesaggio” (1948)
Accanto alla serie di paesaggi si affollano i mazzi di fiori, i pesci, le figure di efebi in quegli interni un po’ torbidi - esposta la tela “Il soldato nello studio”(1937), raffinata e crepuscolare – e alcuni ritratti, carichi di drammaticità, che sembrano preannunciare l’ultimo tormentato periodo di de Pisis, quando la sua vita si chiude nello strazio di Villa Fiorita.
“Filippo de Pisis”
Museo del Novecento – Piazza Duomo 8 - Milano
4 ottobre 2019 – 1 marzo 2020
www.museodelnovecento.org