Economia
Brand o brand...elli/ Dagli Angeli in lingerie al suicidio del suo fondatore. L’ascesa e il declino di Victoria’s Secret
L’idea nata dal disagio maschile di comprare lingerie poi esplosa in una passerella di lustrini e milioni di dollari. Dietro il successo di Victoria's Secret, la triste storia di Raymond Roy


Victoria's Secret

Victoria's Secret

sfilata Victoria's Secrets

sfilata Victoria's Secrets




Victoria's Secret
Brand o brand...elli/ Il primo appuntamento con la rubrica di Affaritaliani.it che racconta le storie di aziende sane e in salute, ma anche di imprese un tempo al top e oggi ai margini (o fallite)
Un sogno nato nel 1977, nel bel mezzo dell’America più kitsch, tra reggiseni color carne e mutande ascellari. Roy Raymond, un uomo d'affari di Stanford, entra in un grande magazzino per comprare lingerie per la moglie. Ne esce frustrato. L’ambiente è freddo, l’offerta scadente, l’esperienza imbarazzante. Così decide di creare qualcosa di completamente diverso, che fino ad allora non esisteva. E così nasce l'idea, quella di creare un negozio dove gli uomini si sentissero a loro agio, dove la lingerie fosse bella, sexy, elegante. Raymond chiede un prestito di 40mila dollari, ne investe altri 40mila di tasca propria e dà vita a Victoria’s Secret.
In un’epoca in cui la lingerie sembrava uscita da un reparto geriatrico, beige, bianca, nera o rosso sintetico pronto a prendere fuoco al primo sguardo, Roy Raymond inventò un nuovo immaginario. Tra sete e pizzi, apre il primo negozio a Palo Alto, nel centro commerciale di Stanford. Lo arreda come un salotto vittoriano, ispirato al boudoir inglese: legno scuro, divani rossi, luci soffuse. Un omaggio ironico alla Regina Vittoria, quella del puritanesimo, ma con reggiseni che avrebbero fatto arrossire persino lei.
L’obiettivo è uno, permettere agli uomini di comprare lingerie senza vergognarsi e vendere a tutti qualcosa che, fino a quel momento, era solo funzionale. Per questo non era solo una boutique, ma una una rivoluzione. In un’America ancora impigliata tra le spalline imbottite e i mutandoni da battaglia, Victoria’s Secret era un invito al piacere femminile senza sensi di colpa. E funzionò. Eccome se funzionò. Nel primo anno Raymond incassò 500mila dollari e aprì quattro nuovi negozi. A quel punto aveva fiutato l’oro: lanciò il catalogo per corrispondenza e nel 1982 la catena contava già sei punti vendita e un fatturato da 6 milioni di dollari.
Eppure, qualcosa andò storto. Roy Raymond, brillante ma ingenuo, non seppe gestire l'improvvisa crescita. Aveva puntato su un’idea, ma non aveva forse le spalle per reggere un impero. Così vendette tutto a Leslie Wexner, magnate dell’abbigliamento e fondatore di Limited Brands, per un milione di dollari. Fu la svolta. Wexner lo trasforma, lo rilancia. Via le derive maschili, via lo stereotipo dell'intimo come semplice regalo per la moglie, ora la lingerie deve parlare alle donne, sedurle, farle sognare.
Ed è con lui che Victoria’s Secret diventa quello che oggi conosciamo: non è più il sogno maschile, ma la donna che sa cosa vuole. Negli anni ‘90 arriva la consacrazione. Il brand esplode: 346 negozi nel giro di cinque anni, poi cosmetici, profumi, beauty case, e il leggendario Victoria’s Secret Fashion Show, lanciato nel 1995. Un circo sexy e scintillante, che tiene incollati alla tv milioni di spettatori. Gisele Bündchen, Heidi Klum, Adriana Lima, Tyra Banks, Alessandra Ambrosio: i famosi Victoria's Secret Angels che da semplici top model diventano per l'immaginario collettivo figure mitologiche con ali, diamanti e reggiseni da centomila dollari. Nel 1999 il primo fashion show viene trasmesso in diretta streaming sul web, un evento storico che registra 1,5 milioni di spettatori online. Insomma Victoria’s Secret nel giro di pochi anni non è più solo un negozio, ma uno stile di vita, e una macchina da soldi.
E Roy Raymond? Il fondatore rimane presidente per un paio d'anni, ma poi viene messo da parte. Uscito definitivamente cerca di lanciare un altro brand: My Child’s Destiny, lingerie per bambini. Fallimento. Tenta allora con una libreria per bambini. Altro fallimento. Poi arriva il declino con la bancarotta e il divorzio. Raymond perde tutto: soldi, mogli. E così il 26 agosto 1993, si toglie la vita lanciandosi dal Golden Gate Bridge, due anni prima che la sua creatura sfilasse per la prima volta sotto i riflettori del mondo intero.
Mentre Raymond scompare nel nulla, il suo sogno decolla ancora di più. Nel 2006 i negozi Victoria’s Secret sono più di 1.000, con un fatturato di 5 miliardi di dollari. Il brand è ovunque: nei centri commerciali, nei film, nei videoclip, nelle stanze da letto. Nel 2015 si tocca il picco: 7 miliardi di fatturato annuo. Ma dal 2016 in poi la stella di Victoria smette di brillare. Cresce il malcontento verso un’immagine femminile considerata stereotipata e inaccessibile. Viene accusato di sessismo, mancanza di inclusività e resistenza ai cambiamenti culturali. Il brand non sa adattarsi all’ondata body positivity e così i consumatori si spostano verso brand emergenti come Savage x Fenty, ThirdLove e SKIMS, che promuovono la diversità dei corpi.
Nel 2019, il crollo: -40% del fatturato, 53 negozi chiusi in un solo anno. Nel 2020 si tenta di vendere il brand per 525 milioni di dollari al fondo Sycamore Partners. Ma l'accordo salta. Wexner si dimette e la filiale inglese fallisce. Ma ancora peggio: il famoso e iconico fashion show viene cancellato. Victoria’s Secret capisce quindi che deve cambiare pelle. Nasce il progetto VS Collective: addio Angeli, benvenute donne vere. Il marchio chiama Megan Rapinoe, Priyanka Chopra, Paloma Elsesser, modelle, atlete, attiviste. Le nuove campagne parlano di forza, autenticità, identità.
Nel 2023, il fashion show torna in forma ibrida, più inclusivo, più umano. Non è più il trionfo dell’estetica perfetta, ma la celebrazione della diversità. Nel 2024 Victoria’s Secret resta ancora uno dei maggiori marchi di lingerie al mondo, con ricavi superiori ai 5 miliardi di dollari. Alla fine però sotto i pizzi e i lustrini, resta impressa, come un’etichetta interna che gratta sulla pelle, la storia di Roy Raymond: l’uomo che voleva solo comprare un reggiseno decente, ed è fintio per creare un impero e restarne schiacciato. Oggi il marchio cerca di reinventarsi ma l’ombra del suo fondatore resta lì, a ricordare che anche le storie di successo possono finire male.