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Culture
Fotografia/ Henri Cartier-Bresson: da Martigny a Biella
Henry Cartier- Bresson fotografa Léonard Gianadda - a Martigny nel 1994

di Simonetta M. Rodinò

 

“Non si può imparare a fotografare, perché fotografare è un modo di vedere, ed è anche un modo di vivere. … Per significare il mondo è necessario sentirsi coinvolti in quello che si ritaglia attraverso il mirino. E' mettere sulla stessa linea di mira la testa, l’occhio e il cuore.”

Così si esprimeva Henri Cartier-Bresson, che, attento non solo alla forma e agli equilibri geometrici dell'immagine, ma anche maestro nell’indagare sui valori dell’esistenza, sull’essere umano e i suoi rapporti con il mondo, ha trasformato il fotogiornalismo in arte.

 

Una selezione di circa 150 foto (delle 230) della “leggenda vivente” francese racconta la storia di una lunga amicizia tra tre famiglie: i Szafran, Cartier-Bresson e la moglie Martine, Léonard e Annette  Gianadda.  Le immagini, presentate nella mostra “Henri Cartier-Bresson. Collezione Sam, Lilette e Sébastien Szafran. La Fondazione Pierre Gianadda a Biella”, sono ospitate a Palazzo Gromo Losa - dimora storica il cui nucleo originario risale al Tardo Medioevo - nel comune capoluogo dell’omonima Provincia piemontese.  Gli scatti in bianco e nero regalati nel corso degli anni dal fotografo all’amico pittore furono poi da quest’ultimo dati in deposito permanente alla Fondazione Pierre Gianadda di Martigny (Svizzera).

 

Il fatto che due terzi delle fotografie sia dedicato, giochi di parole, versi improvvisati che Cartier-Bresson scriveva sull’originale per l’amico Sam, rappresenta l’unicità della collezione. Che riflette l’universo raccontato da colui che fu definito “l’occhio del secolo”.  Ecco le tracce dei suoi tanti viaggi, i suoi numerosi incontri con gli artisti, Alberto Giacometti, Henri Matisse, Pierre Bonnard, Pablo Picasso, Alexander Calder, ma anche Edith Piaf, Jeanne Moreau… Poi foto di gioventù…Sempre con la capacità di catturare la vita in fuga che ha reso il suo lavoro sinonimo di “momento decisivo”, il titolo del suo primo libro pubblicato nel 1952 e con la copertina disegnata da Henri Matisse.

 

Il fascino delle sue foto risiede non solo nello stile raffinato e asciutto delle composizioni, ma soprattutto nell’originale ricchezza dei suoi rinvii culturali e sociali e di nessi rievocativi, risultato di una profonda sensibilità e conoscenza delle realtà di luoghi e figure.

 

Perché Carter-Bresson ha interpretato il mondo, scovando gli angoli, le inquadrature, le “cicatrici” e i sorrisi con un’umanità che nessuno prima di lui era riuscito a cogliere e trasmettere.

Già Gustav Jung aveva scritto “E’ più facile andare su Marte, che penetrare nel proprio io”, ultimo grande mondo misterioso che il viaggio, ogni viaggio artistico ci aiuta a svelare.

Il primo, Henri lo fece poco più che ventenne. Quello da cui non si torna, dodici anni fa.

 

 

“Henri Cartier-Bresson. Collezione Sam, Lilette e Sébastien Szafran. La Fondazione Pierre Gianadda a Biella”

Palazzo Gromo Losa - Corso del Piazzo 24 - Biella

Durata: fino al 15 maggio 2016

Orari: venerdì - sabato: 15.30/19.00 - domenica: 10.00/13.00 - 15.30/19.00 - Lunedì 28 marzo e lunedì 25 aprile: 15.30/19.00

Chiusura: domenica 27 marzo

Ingresso: intero € 5 - ridotto € 4

Lo stesso biglietto dà accesso al Museo del Territorio Biellese

Infoline: 015 0991868

www.fondazionecrbiella.it

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Tags:
henri cartier-bresson mostra biella





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