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Culture
Mario Merz Prize: ecco i finalisti della seconda edizione

Mario Merz Prize

L’unico premio internazionale per l’arte e la musica

 
Francesco Arena, Petrit Halilaj, Gili Lavy, Shahryar Nashat e Suha Traboulsi
 
sono i finalisti della seconda edizione del Mario Merz Prize sezione arte
 
L’11 giugno 2016 presso l’Auditorium Kunsthaus di Zurigo – in occasione della prima mondiale di Al Araba Al Madfuna III di Wael Shawky, artista vincitore della prima edizione del premio – sono stati annunciati i cinque finalisti della sezione ARTE della seconda edizione.

 
Francesco Arena, Petrit Halilaj, Gili Lavy, Shahryar Nashat e Suha Traboulsi sono gli artisti scelti dalla giuria composta da Marisa Merz (artista), Nicholas Cullinan (Direttore della National Portrait Gallery, Londra) e Claudia Gioia (curatrice indipendente).
 
A marzo 2017 i cinque artisti finalisti saranno protagonisti di una mostra collettiva nella sede della Fondazione Merz di Torino.
Il vincitore verrà scelto dalla giuria finale per l’arte composta da Manuel Borja-Villel (Direttore Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía, Madrid), Lawrence Weiner (artista), Massimiliano Gioni (Direttore Artistico New Museum, New York - Direttore artistico Fondazione Trussardi, Milano) e Beatrice Merz.
Anche il pubblico potrà esprimere un voto valido per il giudizio finale collegandosi al sito web dedicato al premio, mariomerzprize.org, a partire dall’inaugurazione della mostra dei finalisti.
Al vincitore sarà commissionata una produzione per una mostra personale itinerante in sedi museali a Torino e in Svizzera.
 
IL PREMIO
 
Il Premio Internazionale Mario Merz è stato creato con la volontà da un lato di ricordare la figura di Mario Merz e dall’altro di avviare un nuovo progetto che sia proiettato verso il futuro dell’arte e che permetta di individuare e segnalare, attraverso la competenza di una fitta rete internazionale di esperti, personalità nel campo dell’arte e che, parallelamente, consenta a giovani compositori di proporsi per un progetto innovativo di musica contemporanea.
Legato alla Fondazione Merz, il progetto vuol dar vita a una nuova rete di programmazione espositiva e di attività musicale in Italia e in Svizzera. La scelta di gemellare due nazioni è scaturito proprio dalle caratteristiche dei due Paesi: entrambi centri di produzione e di cultura. La Svizzera rappresenta l’origine e la nazionalità dell’artista e l’Italia la sua nazione d’adozione e il luogo di creazione.
Al Mario Merz Prize - che si avvale della collaborazione di un comitato organizzatore ed è sostenuto da un autorevole comitato d’onore internazionale - è stata conferita la Medaglia del Presidente della Repubblica Italiana e ha il patrocinio dell’Ambasciata di Svizzera in Italia, dell’Ambasciata d’Italia in Svizzera, della Regione Piemonte, della Città di Zurigo e della Città di Torino.
Il vincitori della prima edizione del premio sono stati: Wael Shawky (arte) e Cyrill Schürch (musica).
 
I FINALIST
I
Francesco Arena (Torre Santa Susanna, Brindisi 1978) vive e lavora a Cassano delle Murge, Bari.
Per creare le sue opere inizia dalla storia, in particolare dai fatti politici e sociali che hanno caratterizzato il recente passato. Episodi, molte volte nascosti o messi a tacere, che nelle opere di Francesco Arena acquisiscono una nuova vita grazie alle forme sintetiche e metaforiche delle sue sculture.
Ad Arena sono state dedicate diverse mostre personali come: Autumn Lines, Sprovieri Gallery, London, 2016; sette, uno, quattro, Galleria Raffaella Cortese, Milano 2015; Jannis Kounellis – Francesco Arena, Palazzo Baronale, Novoli, Lecce, 2015; 3 Ludwig reflections and 1 horizon, NoguerasBlanchard, Madrid 2013; Onze mille cent quatre-vingt sept jours, Frac Champagne-Ardenne, Reims 2013; Trittico 57 Museion, Bolzano, 2012; Com'è piccola Milano, Peep Hole, Milano, 2011.
L'artista ha inoltre partecipato a diverse collettive, tra cui: Ennesima, Triennale di Milano, Milano 2015; Ritratto dell'artista di giovane, Castello di Rivoli, Rivoli 2014; Vice Versa, Padiglione Italia, 55 Biennale di Venezia, Venezia 2013; La storia che non ho vissuto, Castello di Rivoli, Rivoli 2012; Sotto la Strada la Spiaggia, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino 2012; Il bel paese dell'arte, GAMEC, Bergamo 2011; Pleure qui peu rit qui veut – Premio Furla 2011, Palazzo Pepoli, Bologna 2011.
 

Petrit Halilaj (Kostërrc, Skenderaj-Kosovo 1986) vive e lavora tra Berlino, Mantova e Runik.
La storia della sua vita, segnata dallo sradicamento e dal trauma è profondamente legata al suo paese d’origine, il Kosovo. L’esperienza in età infantile della guerra e della fuga e spaesamento della propria famiglia si riflette in opere che spesso partono da un racconto personale per poi approfondire tematiche più ampie, come il nostro concetto di famiglia, di memoria e storia, di identità culturale e sessuale.
Tuttavia, invece di indugiare nel nostalgico, la sua pratica ottimista, poetica e spesso ironica, si traduce attraverso i media più diversi: da delicati disegni su carta, quaderni d’artista e collaborazioni, a film, performance, sculture e grandi installazioni che riempiono lo spazio espositivo. Per realizzarli utilizza spesso materiali semplici come terra, oggetti riciclati, assi di legno, invitando anche animali vivi a installarsi temporaneamente in questi mondi utopici. Petrit Halilaj ricrea collezioni e narrazioni da ogni tipo di passato realizzando opere con una forte valenza personale—oltre che politica—e toccando concetti come la creazione di una nazione e il consolidarsi di un’identità culturale spesso mediata dagli oggetti. Ha completato gli studi alla Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, e nel 2013 ha rappresentato il Kosovo alla Biennale di Venezia. Nel 2015 si è tenuta una sua personale all’Hangar Bicocca, Milano e, tra gli altri progetti, ha iniziato la Fondazione Hajde! per sostenere giovani artisti dal Kosovo.
Ha avuto mostre personali al Kölnischer Kunstverein, Colonia, 2015; Bundeskunsthalle, Bonn, 2015; Kunsthalle Lissabon, Lisbona, 2015; Galeria e Arteve e Kosovës, Prishtina, 2014; Wiels, Bruxelles, 2014; Fondation d’Enterprise Galeries Lafayette, Parigi, 2013; Kunsthalle Sankt Gallen, 2012 e Kunstraum Innsbruck, 2011. Ha preso parte a numerose mostre collettive, tra cui S.A.L.T.S., Svizzera, 2015; Punta della Dogana, Venezia, 2015; Palazzo Cavour, Torino, 2014; Villa Romana, Firenze, 2014; Museum Schloss Moyland, 2013; Museion, Bolzano, 2013; Kunstverein Nürnberg/Albrecht Dürer Gesellschaft, Nürnberg, 2012; New Museum, New York, 2012 e alla VI Berlin Biennale, 2010.  
 
 
Gili Lavy (Gerusalemme 1987) vive e lavora a Londra.
Lavora principalmente realizzando film d’artista, che prendono la forma di grandi installazioni. Le sue opere esplorano costantemente il rapporto tra credenze, religione e identità, interrogandosi sull’effetto che il tempo e i rituali hanno nel creare e nel distruggere.

Le opere di Lavy sono state presentate in numerose gallerie, musei, biennali e festival, tra cui Epos International Art Festival, Prix Europa Berlino, Museo d’Arte Tel Aviv, Tate Britain, Art Dubai, Herzliya Museum of Contemporary Art, la Biennale Internazionale di Fotografia a Belo Horizonte in Brasile, TAUFF Film Festival,  Elia Art Festival a Glasgow, Israel Museum, WOW Film Festival in Corea del Sud, The Center for Contemporary Art TLV, The Dyson Gallery, Londra e New Now ad Amsterdam.
 
Shahryar Nashat (Ginevra, Svizzera 1975) vive e lavora a Berlino.
Le opere dell’artista svizzero Shahryar Nashat sono state in mostra alla Biennale di Venezia (2005, 2011) e alla VIII Berlin Biennale (2014). Ha esposto in molte istituzioni internazionali tra cui Palais de Tokyo, Parigi (2014); 356 Mission Road, Los Angeles (2015); Kunsthaus Zurigo (2009); Haus der Kunst, Monaco (2015); Kunstverein Nürnberg (2010); ACCA, Melbourne (2012); Art Unlimited, Basilea (2009) e Frieze Projects, Londra (2010). Prossimamente esporrà anche a Portikus, Francoforte (2016); Schinkel Pavilion, Berlino (2016) e al Walker Art Center, Minneapolis (2016).
 
Suha Traboulsi (Freetown, Sierra Leone 1969) vive e lavora ad Ascona, Svizzera. 
Il forte individualismo del suo lavoro che trascende ogni definizione caratterizza una enigmatica produzione artistica molto apprezzata. Le opere diverse e sorprendenti realizzate negli ultimi 25 anni sono tra le immagini più interessanti dell’arte di fine XX secolo e inizio XXI. 
Tra il 1982 e il 1991, in quello che è il suo periodo “teopatico”, viaggia tra Andalusia e Persia, sperimentando con forme, tecniche e materiali diversi. La seconda fase della sua carriera artistica risente dell’influenza di Lucia Fa Jolt, la filosofa Persiana dell’Imaginal. In quegli anni assiste alle grandi feste religiose che si celebrano fin dai tempi più antichi e inizia ad associare l’aspetto intuivo dell’arte agli elementi essenziali dell’ignoto e dell’invisibile insiti nell’arte magica popolare.
Nel 1994, Suha Traboulsi inizia a creare le sue complesse sculture multi-strato, in rilievo su parete. Realizza queste costruzioni tridimensionali utilizzando una tecnica innovativa che consiste nell’allungare frammenti di forme organiche riciclate aumentandone la profondità in modo insolito per dare forma a quelle che lei chiama “le passioni misteriose.” Questa tecnicità nel gestire i materiali prescelti deriva dal suo primo impiego come tecnico molecolare. Entrambi i genitori poi furono abili tecnici – sua madre era addetta al cablaggio dei trasmettitori in una fabbrica di sottomarini della Seconda Guerra Mondiale e suo padre inventò il primo database chimico.
 
 

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