Culture
“Metro C”, dalla periferia al centro con la poesia di Alessandro De Santis

Metro C è una discesa nel ventre molle della città, è un viaggio in cui, ad ogni fermata, come scattando rapide istantanee, si incontrano fantasmi di ogni tempo, celebrità e personaggi anonimi, non ancora morti e non del tutto vivi. De Santis parte dalla periferia, dalle frange remote dell’esistenza, e tappa per tappa, fotogramma per fotogramma, si approssima a un centro. Senza alcuna aspirazione a raggiungerlo: ci si deve accontentare di sfiorarlo, fino a ritrovarsi da un’altra parte, in un’altra periferia, magari meno dimenticata, che sia comunque un nuovo inizio.
L'AUTORE - Alessandro De Santis è nato a Roma nel 1976 e vive a Lanuvio. Ha pubblicato la raccolta poetica Il cielo interrato (Joker 2006) e racconti per le antologie Una palla di racconto (Fandango 2006) e Il primo bacio fa schifo (Coniglio 2006). Dirige il blog letterario “Luminol” e cura l’omonima collana di narrativa italiana per le Edizioni Socrates.
LEGGI SU AFFARITALIANI.IT 5 POESIE TRATTE DALLA RACCOLTA:
GRANITI
Ore 09,20. Un lupo mannaro o forse Kappler.
Tutto il giorno aveva camminato sul ciglio della strada
contava i passi e li classificava
e poi passava agli organi, alle carni
la lingua lastricata e le sue selci
intrise del sudore del non dire.
Aveva infilato le mani chiuse a pugno nelle tasche
ed era risalito sin dentro alla campagna
Fatto inventario dei pali dei filari
piantati come croci, sporcato la punta
delle scarpe nello stabbio.
Ore ed ore si era soffermato,
intere ere geologiche e crisi di governo
prima di vedere quella farfalla posarsi
sulla rete metallica del suicida
Senza dote di stelle lo raggiunse brusca la notte
gli aprì la bocca come a prender fiato
Vide l’esatto diametro del cuore umano
e pensò che fosse proprio una bella
giornata per ricominciare, per un attacco aereo
negli occhi ancora il rapinoso schianto di quando
quel ponte se n’era sparito ghiotto.
GIARDINETTI
Ore 16,30. Al sole tra polvere e zanzare.
Su una panchina
nel parco a pochi passi
c’è la signora Ida
seduta, ferma immobile
Lenta come un pavone
muove l’unghia pittata ad indicare
com’è che vuole il taglio
allegra la rumena
le apparecchia intorno al collo
le guance un po’ arrossate
La gita fuori porta è cominciata
la tavola imbandita, anche stirata
Si gioca a fare i ricchi, pomeriggio
ché appena cala il sole
il gioco finisce
le donne vanno a casa
in ritirata,
attente a attraversare sulle strisce.
TORRE MAURA
Ore 10,35. Sguardi ottimisti. Un insolito vento.
L’uomo senza braccia
non cerca appigli
l’uomo senza braccia
ha sporte che gli pendono dai lembi
muove il mento
come a voler dire qualcosa
il volto smunto
povero di peli
un tipo biondo lo fissa
segue con lo sguardo
la sua ellittica geometria
un uomo - si sa - esige dei legami
non ha motivo d’essere
quell’albero potato,
senza rami.
PARCO DI CENTOCELLE
Ore 16,50. Un pensiero insolito. Col vestito rosso.
Maria che conta i secondi
che solleva il collo curiosa
La vita le fa
rugiada dagli angoli della bocca
mentre il sole scolora
i fogli di giornale
quasi fossero foglie
Controlla il respiro, Maria
e soffia una preghiera dal
perimetro ancora incalpestato.
TOMBA DI NERONE
Ore 08,20. Saliscendi. Velleità pensionabili.
Al monte dei pegni
la fila esce dal muro
la conta non ha primi
ma ultimi a decine
Si passa per la porta
nel chiuso, uno alla volta
ciascuno col suo groppo
ciascuno il suo rancore
e Walter con la polo
macchiata di sudore.