Scuola: Galli della Loggia, le bocciature e l'inutilità dei voti
Galli della Loggia e la scuola
Oggi Ernesto Galli della Loggia scrive un editoriale sul Corriere della Sera in cui, giustamente, stigmatizza il fatto che la scuola italiana non seleziona più promuovendo alla fine tutti o quasi.
L’analisi che fa è corretta e sono considerazioni che a parole tutti condividono.
Secondo Galli della Loggia infatti si è creato un meccanismo perverso per cui sono gli stessi Istituti a praticare una politica di promozione quasi indiscriminata non tanto o non solo per motivi ideologici (su base sessantottesca che pur ci sono) quanto per motivi per così dire pragmatici e cioè se si boccia si perdono gli studenti, i fondi e, in situazione economica instabile, forse lo stesso lavoro.
Altresì, l’editorialista afferma che intanto le classi sociali elevate troveranno sempre un modo per dare una istruzione di qualità ai propri rampolli o pagando rette esorbitanti in Istituti di “serie A” privati (ne esistono ancora) o mandandoli a studiare all’estero.
Tuttavia ci è un punto di questa analisi che non convince.
Quello che scrive Galli della Loggia sarebbe vero se poi il mondo del lavoro assorbisse automaticamente i migliori studenti laureati se non dottorati ma questo non è affatto vero.
In Italia i dottorati lavorano nei call center se gli dice bene ed hanno avuto magari una raccomandazione giusta.
Dunque la tesi che emerge in questi anni è che il fatidico “pezzo di carta” vale veramente poco, anzi, può essere un serio impaccio a trovare uno straccio di lavoro decente.
Si narrano casi di persone che modificano un sontuoso CV al ribasso per avere maggiori possibilità lavorative.
È il mondo alla rovescia che si è creato da qualche decennio ma purtroppo è così.
Ed allora, con questa considerazione, che senso ha una scuola competitiva?
Paradossalmente, visto che ormai la laura non serve più a nulla, si potrebbe per una clamorosa eterogenesi dei fini abolire proprio del tutto voti e giudizi e fornire solo “cultura” a chi realmente la vuole dando per scontato che nulla o quasi servirà per trovare lavoro.
E’ un po’ quello che è sempre stato negli Usa dove il titolo di studio non ha valore legale ma dà solo prestigio sociale in funzione poi dell’Università, o Alma Mater, da dove si proviene.
Naturalmente la mia è una iperbole e certe professioni necessitano obbligatoriamente di una conoscenza tecnica con verifica dei risultati ma serve bene a far capire che il mondo è completamente cambiato e i vecchi ragionamenti sono giusti e belli ma purtroppo non sono più attuali.