Si riduce la spesa per la cultura: in 13 anni 21 miliardi in meno
Di Eduardo Cagnazzi
La cultura non è un bene di lusso. Ma, come per la sanità e scuola, vanno garantiti i livelli essenziali. E su tutto il territorio nazionale. Invece, dal 2000 al 2013, le amministrazioni e le imprese pubbliche locali hanno risparmiato complessivamente 20,8 miliardi di euro solo nel settore cultura e servizi ricreativi. E il Mezzogiorno ha concorso al risparmio nella misura di 8,3 miliardi di euro (di cui 6,6 di spese correnti e 1,7 di spesa in conto capitale). È quanto emerge da una nota di approfondimento di una ricerca Svimez a cura del consigliere Federico Pica e di Alessandra Tancredi dell’Agenzia per la Coesione Territoriale.
I risparmi di spesa corrente. Ipotizzando dal 2000 una spesa annuale dello stesso importo, cioè oltre 2 miliardi al Sud, 3,6 al Nord e 2,2 al Centro, dei 14,2 miliardi di euro mancanti sull’intero periodo, 6,6 riguardano il Mezzogiorno, 4,7 il Nord e 2,9 il Centro. Secondo Svimez, questi dati evidenziano come i maggiori tagli abbiano riguardato i territori dove gli importi sono minori.
I risparmi in conto capitale. Ammontano a 6,6 miliardi, di cui 1,8 al Sud. Adottando in quest’ambito la stessa ipotesi praticata per la spesa corrente, emerge che la spesa in conto capitale nel settore cultura nel periodo 2000-2013 avrebbe dovuto essere di 39,7 miliardi di euro, di cui 18,7 al Nord, 10,5 al Centro e 10,4 al Sud. Invece, risultano erogati solo 33,1 miliardi di euro: 17 al Nord (-1,7 mld), 7,4 al Centro (-3,1 mld) e 8,6 al Sud (-1,8).
I risparmi per livelli di governance. Andando ad analizzare la spesa per la cultura delle amministrazioni centrali e periferiche, emerge la forte riduzione di spesa dell’amministrazione centrale, pari a -70%. La spesa corrente a livello nazionale passa infatti dai 3,7 miliardi di euro del 2000 ai 2,7 del 2013: al Sud il calo è di 180 milioni di euro e passa da 1 miliardo di euro a 844 milioni. Più marcata la flessione della spesa in conto capitale: il miliardo e 100 milioni del 2000 a livello nazionale si riduce 13 anni dopo a 332 milioni (-70%); il Sud passa dai 323 milioni agli 84 del 2013, con un crollo del 74%. Decisamente più contenuti i tagli operati dai comuni e dalle Regioni, per effetto dei fondi europei e del Fas.
Che cosa fare? Come per la sanità e la scuola, sostiene Svimez, alla cultura vanno garantiti i livelli essenziali su tutto il livello nazionale. E’ nel Mezzogiorno, invece, che il settore subisce una duplice penalizzazione, in quanto alla riduzione della spesa in conto capitale totale si aggiunge quella più marcata per le attività connesse alla cultura, che negli ultimi dieci anni risultano pesantemente sacrificate in quanto considerate come voluttuarie, un bene di lusso. Quello che serve, invece, secondo Svimez, è “non soltanto un maggiore impegno finanziario di tutti, ma altresì una effettiva riconsiderazione e riforma dei meccanismi finanziari e istituzionali”. In primis, le spese per la cultura “attengono ai livelli essenziali delle prestazioni (Lep) che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. Diritti con portafoglio: “tutti i diritti richiedono, da parte di tutti i livelli di governo, una disponibilità concreta di risorse”. Inoltre, in base all’art.117 della Costituzione, è lo Stato che deve definire i Lep e costruire un meccanismo che li renda disponibili. Occorrerà inoltre, conclude l’organismo romano, definire un sistema di poteri e responsabilità che consenta una gestione adeguata del settore.