Bond, non è più tempo per “cassettisti”: Btp per il trading, occhio ai T-bond - Affaritaliani.it

Economia

Bond, non è più tempo per “cassettisti”: Btp per il trading, occhio ai T-bond

Luca Spoldi

Rendimenti attorno al 2,4% e spread coi Bund al 2% hanno riportato l’attenzione sui Btp. I consigli di Riccardo Ambrosetti (Ambrosetti Asset Management Sim)

La temporanea risalita dei rendimenti dei Btp italiani decennali in area 2,4% e il parallelo allargamento dello spread contro Bund che ha superato a inizio settimana il 2% per poi ridiscendere poco sotto tale soglia sono un segnale di pericolo o un’occasione d’investimento? A chiederselo non sono solo i piccoli investitori italiani più tradizionalmente legati ai titoli di stato, ma anche i gestori dei grandi fondi obbligazionari mondiali.
I motivi per cui la tensione è tornata a salire sui titoli del debito pubblico italiano sono diversi, come sottolinea Riccardo Ambrosetti, presidente di Ambrosetti Asset Management Sim: “il rischio francese di una vittoria della Le Pen, il riemergere di tensioni sulla Grecia, il braccio di ferro tra ministri tedeschi e Bce circa il mantenimento del QE, non ultimo l’instabilità politica italiana che ha in parte frenato il percorso di recupero di fiducia internazionale”.

Le difficoltà dei titoli di stato italiani arrivano in un momento in cui le banche, tradizionali acquirenti di questo tipo di asset finanziario, non possono più di tanto spingere sull’acceleratore con nuovi acquisti, impegnate come sono in una pesante opera di pulizia dei bilanci: le rettifiche su crediti registrate nel 2016 da Unicredit, Mps, Banco Bpm e Ubi Banca hanno superato i 19 miliardi, se si sommano anche quelle di Intesa Sanpaolo, Bper, Credem, Carige, Creval e Banca popolare di Sondrio si sfiorano i 22,2 miliardi. Non solo: le banche saranno impegnate per tutto il 2017 nella cessione di decine, forse centinaia di miliardi di crediti deteriorati, che faranno emergere nuove perdite.

Si stima infatti che dei 201 miliardi di euro di sofferenze lorde attualmente presenti nei bilanci degli istituti italiani, tra i 50 e i 100 miliardi saranno cartolarizzati nei prossimi mesi, a partire proprio da Unicredit e Mps che da soli cederanno sul mercato oltre 47 miliardi di euro lordi. Non solo tali titoli attireranno l’interesse di una fetta del mercato che altrimenti potrebbe investire in bond ad alto rendimento/alta scadenza, ma genereranno nei bilanci bancari nuove perdite. Così, nonostante prezzi appetibili, rischiano di non essere molti gli investitori pronti ad approfittare, se non per operazioni di trading, della fase di debolezza dei titoli di stato tricolori.

Anche perché dall’America arrivano segnali sempre più chiari di un trend rialzista dei tassi, dopo anni di discesa verso nuovi minimi storici. Uno scenario certamente non favorevole per “allocazioni strategiche particolarmente sbilanciate verso il comparto”, nota Riccardo Ambrosetti , che sconsiglia decisamente “strategie “buy and hold” su titoli di stato, in particolare se con scadenze a medio-lungo termine”. Ultimo ma non meno importante: se proprio volete investire in bond, dovete avere ancora maggior accortezza nella diversificazione valutaria all’interno del comparto.

“Il rischio valutario rappresenta la maggior parte del rischio di tali forme di investimento e richiede una gestione altamente professionale” conclude Ambrosetti secondo cui l’unico modo per evitare di perdere soldi in uno scenario simile è per un investitore “una seria diversificazione delle strategie di investimento” imparando a considerare anche gli investimenti azionari come “pilastro” indispensabile per una corretta asset allocation.

Insomma: gli anni che ci aspettano rischiano di essere più turbolenti per i bond che per le azioni, anche perché sempre in America qualcuno inizia a chiedersi cosa succederà quando la Federal Reserve inizierà a non reinvestire (e poi forse a cedere sul mercato) una parte dei 4.224 miliardi di dollari di titoli di debito che ha in bilancio, magari partendo dai 1.744 miliardi di “mortgage backed securities”, ossia dai titoli finanziari collegati a mutui cartolarizzati garantiti da Fannie Mae, Freddie Mac e Ginnie Mae Moody’s ha una sua idea precisa: il tasso sui T-bond a 30 anni, attualmente attorno al 3%, raddoppierebbe nell’arco di 3 anni portandosi al 6%. Poiché un tale titolo ha una duration (sensibilità dei prezzi alle variazioni dei tassi) attorno a 20 (è vicino a 9 per i titoli a 10 anni), significherebbe una perdita del 60% in termini di quotazioni, che renderebbe il -1,95% segnato negli ultimi 12 mesi dal titolo un risultato quasi desiderabile. In Europa la Bce ha già in bilancio 1.617 miliardi di euro di bond di cui circa 1.337 rappresentati da titoli pubblici e continuerà ad acquistare bond sul mercato ancora per qualche semestre, ma difficilmente andrà oltre il 2018.

 In ogni caso il mandato di Mario Draghi alla presidenza dell’istituto centrale europeo arriverà al termine il 31 ottobre 2019, il suo successore sarà probabilmente un nome gradito alla Germania, molto meno interessato a difendere “whatever it takes” i titoli di stato italiani e il mercato potrebbe anticipare il cambio di rotta con decisi alleggerimenti di posizione sui titoli tricolori (alcuni trader, più aggressivi, prevedono che tornino a circolare ipotesi di consolidamento del debito pubblico con un “haircut” tra il 15% e il 30% in stile Grecia-2010).

Morale della favola: se volete investire in Btp fatelo in ottica di trading, per prendere poi profitto una volta recuperato qualche punto percentuale, ma evitate di sottoscrivere gli “allettanti” (per l’emittente) titoli a lunghissima scadenza come i Btp a 15 o a 30 anni e tenerli in un cassetto. E sui T-bond tenete d’occhio più gli alti e bassi di dollaro ed euro e il possibile sgonfiamento dell’attivo di bilancio della Federal Reserve, che non il lento rialzo dei tassi ufficiali.