Economia
Così la Mediobanca di Del Vecchio. Il mercato vede uno scontro tra i figli

Giugno inizia all’insegna della volatilità estrema per i titoli finanziari quotati a Piazza Affari, con Mediobanca in particolare che risponde alla richiesta avanzata da Delfin (holding d’investimento della famiglia Del Vecchio) alla Bce per poter salire dal 10% fino al 20% del capitale di Piazzetta Cuccia con un rialzo che in avvio di giornata arriva alla doppia cifra percentuale, prime di moderarsi per lo scattare di qualche presa di profitto.
Dopo l’uscita di UniCredit, lo scorso novembre, Del Vecchio è già ora col suo 9,889% l’azionista di maggior peso nel capitale della banca d’affari guidata da Alberto Nagel, seguito a distanza da Vincent Bolloré (al 5,029% e da Banca Mediolanum (salita al 3,343%), schieratasi subito a difesa di Nagel e del suo operato allorquando, mesi fa, volarono scintille con Del Vecchio e dettasi pronta a uscire se il patron di Essilor-Luxottica fosse salito ancora, salvo poi aggiustare il tiro (meno di un mese fa Massimo Doris dichiarava “magari rimaniamo azionisti di Mediobanca anche l’anno prossimo”, ribadendo di essere “assolutamente soddisfatto” dei risultati ottenuti da Nagel).
In realtà a Piazza Affari più che degli screzi passati tra soci e management o delle tensioni all’interno dell’azionariato di Piazzetta Cuccia, si parla in queste ore di possibili problemi futuri. Del Vecchio fin dall’inizio si è detto a favore di un azionariato stabile sia in Mediobanca sia in Generali (di cui Del Vecchio possiede il 4,87%), principale gruppo assicurativo italiano di cui la banca d’affari milanese è principale azionista col 13%, e di volerne sostenere la crescita. Commentando le ultime novità, tuttavia, gli analisti di Citi sono tornati a sostenere che le mosse di Del Vecchio in realtà preoccupino gli azionisti di lungo termine di Piazzetta Cuccia “per via della mancanza di chiarezza sugli obiettivi strategici dell’investimento e per il potenziale impatto sul gruppo”.
Altri operatori, ricordando precedenti non proprio esaltanti di imprenditori che hanno provato a investire nel settore bancario, sottolineano come Del Vecchio abbia dimostrato di essere un imprenditore di successo, ma non abbia esperienza nel settore e questo potrebbe essere un problema se dovessero corrispondere a verità le voci, più volte circolate, dell’intenzione dell’imprenditore di Agordo di accrescere la sua influenza su Trieste anche in vista di possibili operazioni cross-border, come quelle già realizzate tra Beni Stabili e Foncier des Regions (poi ridenominata Covivio, di cui Delfin è primo azionista col 28%) o tra Luxottica ed Essilor (che controlla col 38,4%). Tanto che qualcuno mormora già un nome come possibile “promesso sposo” di Generali gradito: Axa.
Si vedrà, ma c’è di più. Del Vecchio, classe 1935, controlla il suo impero tramite Delfin di cui è il principale singolo azionista col 25%, il resto essendo suddiviso in parti uguali tra i suoi sei figli (col 12,5% a testa): Claudio, Marisa e Paola avuti dal primo matrimonio con Luciana Nervo; Leonardo Maria, avuto dall’attuale moglie Nicoletta Zampillo (sposata in prime nozze con Paolo Basilico, poi nel 1997 con lo stesso Del Vecchio che, dopo un divorzio nel 2000, l’ha risposata nel 2010); Luca e Clemente, avuti nel 2001 e nel 2004 dalla ex-compagna (ed ex investor relator di Luxottica) Sabina Grossi. Di tutte le quote al momento Del Vecchio detiene l’usufrutto, fino alla sua morte quando la quota a lui intestata passerà all’attuale moglie.
I timori forse anche di qualche autorità è quello che potrà succedere in fase successoria. L’impero spazia su tre assi portanti: occhialeria/lusso, immobiliare e finanza. Il primogenito di Leonardo, Claudio Del Vecchio (classe 1957), nel 2001 ha rilevato il brand di abbigliamento americano Brooks Brothers che però secondo indiscrezioni di stampa dal novembre dello scorso anno sarebbe di fatto alla ricerca di un nuovo socio. Una ricerca non semplice in un momento in cui il settore affronta le incertezze legate alla crisi scatenata dal Covid-19, tanto più essendo la società gravata da circa 550 milioni di debiti.
Degli altri fratelli, Marisa (classe 1958), responsabile del Museo degli occhiali di Agordo, e Paola (classe 1961, sposata con tre figli) lavorano in Luxottica, ma è Leonardo Maria (classe 1995), entrato nel Cda di Luxottica lo scorso anno e Head of Retail Italy di Luxottica, quello che pare essere l’astro nascente, mentre Luca e Clemente, ancora minorenni, sono al momento fuori dai giochi. In vista della successione, si racconta da tempo, “l’ex delfino” Claudio e l’ex compagna Sabina Grossi (per tutelare gli interessi dei propri figli) potrebbero allearsi e fare blocco contro la Zampillo e Leonardo Maria, con Paola e Marisa che potrebbero finire con l’essere l’ago della bilancia.
Una situazione che ricorderebbe quella di un’altra dinastia imprenditoriale italiana, quella dei Caprotti (Esselunga). Ma non è detto debba finire così. Trattandosi di un impero vasto e diversificato, gli eredi potrebbero convenire di adottare uno stile più simile a quello dei Benetton o degli Agnelli (ma anche dei Berlusconi), seguendo ciascuno una specifica area (finanza, moda/lusso, immobiliare) ma delegando la gestione operativa a differenti capi azienda nominati dalla famiglia. Tuttavia per ciò che resta dei “salotti buoni” italiani e per i palazzi del potere di Roma e dintorni, il pezzo pregiato su cui concentrare l’attenzione è e resterà quello legato alla finanza, anche per la sua capacità di condizionare altre partite, a cominciare da quelle per il controllo dei grandi gruppi editoriali italiani, Rcs e Gedi in testa.
Partite, fanno notare alcuni, dove non a caso Mediobanca ha sempre trovato il modo di giocare un ruolo da regista, negli ultimi anni alternandosi o affiancandosi a Intesa Sanpaolo. Confrontarsi con Leonardo Del Vecchio è un conto, insomma, non sapere bene con quale erede e in base a quali logiche farlo in futuro un altro e questo genera tensione in più di un’autorità.
Riuscirà l’ex “Martinitt” di Agordo a trovare il modo di gestire in anticipo ogni possibile criticità? Per ora i dubbi restano, tanto che Morgan Stanley, parlando a Sparta perché Atene capisca, commenta: la presenza di un socio industriale al 20% sarebbe fonte di “incertezze”per Mediobanca. A quanto pare, non solo per Piazzetta Cuccia.