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Economia
Covid, all'industria e ai servizi del Footsie-Mib costa 900 milioni di cedole

Leggi la ricerca integrale di Mediobanca sull'impatto del Covid-19 sui dati del primo trimestre delle società industriali e di servizi del Ftse-Mib

Quasi un miliardo di dividendi in meno dopo la diffusione del Coronavirus che ha portato a una contrazione dei ricavi di quasi 14 miliardi di euro e mandato in fumo 83 miliardi di capitalizzazione di mercato. L'Area Studi Mediobanca fa la fotografia degli impatti del Covid-19 sui primi tre mesi delle grandi aziende quotate italiane, al netto di banche e assicurazioni, emergenza scoppiata proprio poco prima del periodo di approvazione dei conti 2019 e proseguita fino alla diffusione dei dati trimestrali.

A fine marzo, il paniere analizzato delle big italiane quotate dell'industria e dei servizi (cioè di 25 società su 40 sul Ftse-Mib di Piazza Affari) aveva una capitalizzazione totale di borsa di 288 miliardi di euro (pari al 76% del totale del Ftse Mib), in calo del 22% rispetto a fine 2019, quindi 83 miliardi di capitalizzazione in meno da inizio anno.

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Per quanto riguarda invece la riduzione del flusso cedolare, diretta conseguenza della maggiore cautela vista l'emergenza Covid-19 per preservare la cassa, la chiusura dei cordoni della borsa non si è registrata però per i grandi gruppi controllati dallo Stato. Se quelli privati hanno infatti ridotto l'ammontare dei dividendi complessivi di 1,6 miliardi di euro rispetto all'anno precedente, in tutto le società a controllo pubblico hanno invece aumentatola distribuzione di dividendi per 700 milioni.

Complessivamente sul primo trimestre nel conto economico mancano all'appello quasi 14 miliardi di euro di ricavi, si è registrato un assorbimento di liquidità di 9 miliardi, pari al 15% delle consistenze complessive e perdite nette per circa 8 miliardi.

In percentuale, il fatturato si è ridotto del 13,7% con una flessione più consistente per il settore petrolifero (-25%) e la manifattura (-11,8%) rispetto a energia-utility (-10,5%) e servizi (-9%): in controtendenza soprattutto Recordati, Snam e StMicroelectronics. Per il manifatturiero si tratta del calo più forte degli ultimi trent'anni, con il 59% delle aziende costrette alla chiusura contro un 37% delle aziende dei servizi e un calo del fatturato nel primo trimestre (-11,8%), l'unico in doppia cifra.

Le aziende manifatturiere quotate sul Ftse Mib, che operano sul territorio italiano con 101 grandi stabilimenti, hanno visto diminuire specialmente i ricavi realizzati nell'area Emea (-15,4%), seguita dalle Americhe (-10,6%) e dall'area Asia e Pacifico (-5,7%).

La flessione è più netta per la manifattura privata (-13,6%) rispetto a quella pubblica (-3%). Allo stesso modo, per quanto riguarda i margini industriali (con un margine operativo netto in calo del 61,9%), la manifattura privata registra un crollo (-71,1%) assai superiore rispetto a quello dei gruppi a partecipazione pubblica (-31,1%). L'incidenza del margine industriale sul fatturato (ebit margin) è il più basso dal 1994 e si ferma a quota 2,9% (era il 7,9% nel 2019).

Le difficoltà riguardano anche le altre principali voci di bilancio: nei primi tre mesi del 2020 si è registrata infatti una contrazione di 9,6 punti percentuali del risultato netto rapportato al fatturato rispetto al primo trimestre del 2019 (la più ampia delle ultime tre decadi). Dopo quasi due mesi interi di lockdown, aprile e maggio, i risultati del secondo trimestre saranno peggiori del primo, tali che secondo gli esperti di Piazzetta Cuccia tutta l’ultima riga dell'intero bilancio delle società industriali sarà compromessa.

Mediobanca infatti si attende nel 2020 un calo medio tendenziale degli utili pari al 35%, a cui potrebbe far seguito un'ulteriore contrazione dell'8% al termine dell'anno successivo. 
Il recupero ci sarà solo nel 2022 l'anno in cui l'ultima riga del conto economico potrà tornare a sorridere, con risultati superiori a quelli riportati nel 2019.

 

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