Economia
Ex Ilva, intesa sulla decarbonizzazione ma ancora nodi sul tavolo. I tre piani e la strategia della vendita a pezzi
Il tavolo tornerà a riunirsi solo dopo il 15 settembre, scadenza per la presentazione delle offerte vincolanti della nuova gara di vendita

Ex Ilva, firmata l’intesa sulla decarbonizzazione: un passo avanti, ma i nodi veri restano sul tavolo
Al Ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) è arrivata la firma che segna, almeno sulla carta, un passo avanti nella travagliata vicenda dell’ex Ilva di Taranto. Tutte le amministrazioni nazionali e locali hanno sottoscritto la bozza di intesa per la decarbonizzazione dello stabilimento siderurgico più grande d’Europa.
Il testo ribadisce la necessità di spegnere le aree a caldo alimentate a carbone e avviare la transizione verso i forni elettrici, cuore della strategia di decarbonizzazione. Accoglie inoltre le richieste del Comune di Taranto, tra cui lo stop all’ipotesi di nave rigassificatrice, tema controverso e per ora accantonato
Ma, a ben guardare, si tratta di un accordo "a metà": niente date per il passaggio ai forni elettrici, nessuna decisione definitiva su dove collocare il polo Dri (direct reduced iron) che dovrà fornire il preridotto necessario ad alimentarli.
Il tavolo tornerà a riunirsi solo dopo il 15 settembre, scadenza per la presentazione delle offerte vincolanti della nuova gara di vendita. Quel giorno, si promette, si esamineranno le prime evidenze della procedura e si affronterà la questione della localizzazione degli impianti di preridotto.
La privatizzazione congelata e la gara riaperta
Ieri il ministro Adolfo Urso, aprendo il vertice, è stato chiaro: "Mi appello alla responsabilità di ciascuno, serve un segnale positivo agli investitori". Sì perchè la vicenda dell’ex Ilva non è soltanto una questione ambientale: è anche, e soprattutto, una partita industriale ed economica, che ora il governo ha bisogno di chiudere a tutti costi con la sua cessione.
In realtà il primo tentativo di privatizzazione, che a marzo 2025 sembrava ormai vicino al traguardo con la scelta della Baku Steel come miglior offerente (preferita agli indiani di Jindal Steel e agli americani di Bedrock), è naufragato in primavera.
Un incendio all’Altoforno 1, a maggio, ha ridotto di quasi la metà la capacità produttiva, spingendo gli azeri a chiedere una revisione al ribasso del prezzo, inizialmente fissato oltre il miliardo di euro Ora il bando è stato riaperto “alla luce delle nuove condizioni” per attrarre anche altri potenziali acquirenti.
Tuttavia, come riporta il Corriere della Sera, l'intesa siglata ieri lascia intendere che, pur di portare a termine la cessione, il governo sia disposto a percorrere anche la strada dello "spezzatino": la vendita dell’azienda a più soggetti, separando i rami d’attività o le aree geografiche ("Nord" e "Sud" dello stabilimento). Un approccio che però potrebbe frammentare ulteriormente un sistema industriale già fragile.
Le tre opzioni in gioco
Sul futuro dell’ex Ilva, e su come convincere gli investitori, si ragiona ora su tre scenari. L’opzione A prevede tre forni elettrici a Taranto e quattro impianti di preriduzione, uno dei quali a Genova, con un fabbisogno di gas di 5,1 miliardi di metri cubi annui e la necessità di una nave rigassificatrice.
L’opzione B, invece, contempla solo i tre forni elettrici a Taranto e impianti Dri costruiti altrove, probabilmente a Gioia Tauro, riducendo il fabbisogno a 1,4 miliardi di metri cubi annui ma con un impatto occupazionale più pesante.
Il piano C, proposto dal Comune di Taranto, prevede tre forni elettrici, un impianto Dri e un impianto per la cattura e lo stoccaggio della CO₂, senza nave rigassificatrice, con un fabbisogno di circa 2 miliardi di metri cubi annui.
Insomma, la firma di ieri non chiude del tutto la vicenda, ma la spinge in avanti. La vera partita , quella delle decisioni concrete e degli investitori pronti a metterci soldi, inizierà solo dopo il 15 settembre. Fino ad allora, la sensazione è quella di un match che si gioca a rallentatore, con il cronometro che però non smette di correre.