Economia
Fca al top in Borsa dalla fusione. La tentazione di John Elkann

Ecco quanto incasserebbero gli Agnelli se vendessero ora. E in caso di fusione con GM? I calcoli
Fiat Chrysler Automobiles sempre in battuta a Piazza Affari, dove il titolo si avvicina agli 11 euro per azione (ai massimi dalla nascita del gruppo nato dalla fusione tra Fiat e Chrysler) in attesa di vedere se Peugeot, tradizionale alleato di Fca nel settore dei veicoli commerciali e dei monovolume, acquisirà i marchi Opel e Vauxhall da General Motors, il cui numero uno, Mary Barra, è oggi in visita al quartier generale Opel di Ruesselsheim in compagnia del presidente di GM (e di Opel Ag), Dan Ammann. Un’operazione che porterebbe la Francia con Peugeot-Opel da un lato e Renault-Nissan dall’altro a controllare circa il 54% del mercato europeo su cui Fiat ha una quota di appena il 6,6% con stabilimenti produttivi in gran parte localizzati in Italia cosa che, come nota Reuters, significa un costo del lavoro più elevato e maggiori diritti per la forza lavoro. Il che per un’azienda impegnata in un business sempre più maturo non è esattamente la condizione preferibile.

D’altra parte una volta liberatasi delle attività europee, General Motors, che tra il 2000 e il 2005 aveva già provato un’alleanza col gruppo italiano, risoltasi in un divorzio costato 2 miliardi di dollari al gruppo statunitense per evitare che Sergio Marchionne esercitasse la “put” in mano e vendesse anche il rimanente 90% del gruppo al produttore Usa, potrebbe prendere finalmente in considerazione l’ipotesi più volte avanzata da Marchionne di fondersi con Fiat Chrysler Automobiles.
Un’ipotesi, quella della fusione, che piacerebbe anche al neopresidente americano Donald Trump e che potrebbe tentare gli eredi Agnelli, che secondo voci che circolano da tempo sarebbero intenzionati a fare un passo indietro in Fca (di cui controllano il 29,41% tramite Exor) per mantenere solo il controllo di Ferrari (in cui Exor è socia al 22,91%). Ipotesi che da sola giustificherebbe l’attivismo di Marchionne, ufficialmente in uscita dal gruppo a fine 2018 ma secondo alcuni disposto a restare ai vertici, magari con un ruolo meno “operativo” come potrebbe essere una presidenza del nuovo numero uno mondiale che nascerebbe unendo GM e Fca.
In tale soggetto, dato che General Motors capitalizza quasi 56 miliardi di dollari e Fca non arriva a 13,5 miliardi di euro (circa 14,15 miliardi di dollari), se anche gli americani riconoscessero un premio del 15% rispetto alle quotazioni di stasera, ossia pagando 12,45-12,55 euro per azione e valutando Fca sui 15,5 miliardi di euro (16,3 miliardi di dollari), gli azionisti del gruppo italiano non arriverebbero neppure al 25%, di cui tra il 6% e il 7% circa in mano a Exor.

Una quota che sarebbe sufficiente per divenire il primo socio privato, essendo il produttore usa una “public company” che attualmente vede come azionisti principali l’UAW Retiree Medical Benefits Trust (il fondo sanitario di 724 mila ex lavoratori iscritti al sindacato del settore auto statunitense) col 9,34% e fondi come Vanguard (5,94% circa), Harris Associates (4,6%), State Street (3,74%) e BlackRock (3,18%) oltre che da Berkshire Hathaway (3,33%), la holding d’investimento del “guru” di Warren Buffett. Fondi che molti danno in buoni rapporti col manager amante dei pullover blu.
Se poi l’offerta fosse non in titoli Gm ma per cassa, per gli eredi Agnelli ci sarebbero più che pingui plusvalenze da realizzare: Exor aveva infatti in carico i titoli Fca a fine 2015 a 3,535 euro l’uno, con una plusvalenza implicita già alle quotazioni attuali di oltre il 200%. Se gli Agnelli valorizzassero oggi il proprio investimento, incasserebbero - escluso il convertendo - circa 4,14 miliardi di euro, con una plusvalenza di 2,8 miliardi.
(Segue...)