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Economia
Lagarde antipatica? Si, ma ha detto la scomoda verità

Sapevo che l’articolo su Christine Lagarde avrebbe suscitato dei dissensi e li avevo messi nel conto. Infatti la prima critica è venuta da mia moglie che ha giustamente rimproverato alla Presidente della Banca Centrale Europea i danni provocati dalla sua dichiarazione. Pure se ha detto la verità, ha sostenuto, nulla la costringeva a dirla, e in questo senso le sue parole sono state una gaffe. E non posso che darle ragione, come do ragione agli altri amici che mi hanno fatto notare la stessa cosa. Ma rimango del parere che è più grave avere la coda di paglia che dire in pubblico che qualcuno ha la coda di paglia. E nel caso specifico, al di là di queste osservazioni, dopo tutto secondarie, mi preme segnalare un atteggiamento tanto corrente quanto fastidioso.

A leggere i giornali, e a sentire le televisioni, sembrerebbe che quando qualcuno è in difficoltà – nel caso specifico un Paese come l’Italia – tutti abbiano il dovere di soccorrerlo. Anche a loro spese e perfino permettendogli, all’occasione, di violare i patti sottoscritti. Personalmente non ho nulla contro un simile comportamento, purché colui che proclama quei principi sia poi lo stesso che conta di metterli in pratica. Invece non ammiro per niente chiunque predichi la generosità altrui, con la speranza di trarne profitto, come fanno i giornali italiani, nell’interesse dei connazionali. Sarà una distinzione sottile, ma è una distinzione alla quale tengo.

Per cominciare, bisogna mettersi in testa che gli altri Stati non hanno nessun dovere di sostenerci e regalarci qualcosa. La Bce in particolare non ha un soldo, di suo, come del resto non ce l’ha nemmeno l’Unione Europea (o certo non nella misura richiesta per aiutare l’Italia) e quello che dice la Lagarde è una semplice, scomoda evidenza. Se poi sottolinearla turba i mercati e fa perdere soldi, certo, è un guaio, ma è un guaio che dipende sostanzialmente dalla situazione obiettiva, non dalle parole di chi la denuncia. Se un Paese ha i conti in ordine, e un’economia florida, nessuna dichiarazione può turbarlo. Si pensi alla Svizzera: la gente paga un aggio perché quel Paese tenga in cassaforte i soldi altrui. Proprio perché le Borse non badano alle parole, ma ai fatti.

E allora, mi si chiederà, come mai hanno reagito così alla dichiarazione della Lagarde? Innanzi tutto si sa che le Borse sono emotive (e la Lagarde avrebbe dovuto tenerne conto) e poi, finché c’è il Quantitative Easing, o qualcosa di simile, si spazza la polvere sotto il tappeto. Se si smette, il re è nudo. E tuttavia neanche il QE può continuare all’infinito, è bene saperlo.

Ma ciò di cui voglio occuparmi oggi è il buonismo parolaio attuale, divenuto un’inarrestabile slavina, basti vedere la proliferazione di “diritti” inventati per tutte le categorie. Ad ogni piè sospinto, si attribuiscono diritti ai malati, ai minorati, ai bambini (come se non fossero esseri umani, o fossero esseri umani speciali) ed anche ai soggetti più impensati, per esempio gli animali. Se qualcuno fa male a un cane o a un gatto, io lo punirei severamente, ma non in nome di un diritto di cui gli animali non possono essere titolari, ma in nome del disgusto che un simile comportamento barbaro e incivile ispira in ogni persona perbene.

Il clima collettivo è improntato a un buonismo tanto superficiale e in parte ipocrita, tanto sciropposo e untuoso da rendere antipatico perfino l’aggettivo “buono” (se esso non si applicasse anche al cognac). Si crede buono perfino il giovane giornalista imbecille che chiede ad uno cui hanno ammazzano un figlio se si sente disposto a perdonare l’assassino. Quel padre, a mio parere, avrebbe il diritto di rispondergli con un ceffone.

È proprio difficile resistere alla corrente. Oggi l’Italia è in difficoltà e tutti si esprimono come se l’Unione Europea e gli altri Stati dovessero sentire il dovere di aiutarci, dandoci miliardi, lasciandoci violare il patto di stabilità e al limite sostenendoci in Borsa, se i mercati dovessero esitare a prestarci del denaro. E io mi chiedo: in quale libro di storia hanno letto che gli Stati regalano qualcosa agli altri Stati? Se mai questo si è verificato, è stato per un calcolato e intelligente egoismo, come quando gli Stati Uniti crearono il Piano Marshall, col risultato di far nascere un’alleanza imperitura tra i vincitori e i vinti europei dell’Europa occidentale. Mentre Mosca otteneva l’opposto, coi sui satelliti.

Noi Paesi dell’eurozona siamo tutti indipendenti e ognuno è responsabile della sua economia, dei suoi terremoti e dei suoi corona virus. Perché diamine continuiamo ad aspettarci che, se ci mettiamo nei guai finanziari, gli altri avrebbero il dovere di salvarci? Se l’Europa cerca di frenarci nella nostra frenesia di indebitamento, è perché il nostro fallimento le provocherebbe dei danni, non per amore del Bel Paese. Possibile che sia necessario spiegare cose del genere a degli adulti capaci di intendere e di volere?

Qualcuno conta troppo sui guai che potremmo provocare agli altri. Finché essi saranno superiori al costo di aiutarci, ci aiuteranno un po’; non appena la bilancia penderà dall’altra parte, ci lasceranno cadere, e non dico dove per non scadere nella volgarità. Come faremmo noi, se fossimo al loro posto.

Questa unanime condanna moralistica nei confronti della Lagarde è del tutto fuor di luogo. Le sue parole saranno state inopportune, ma chi dice che l’Europa avrebbe il dovere di far questo e di far quello, delira. Ognuno ha il sacrosanto diritto di fare esclusivamente i propri interessi. Non a caso i francesi, per gli Stati, parlano di “egoïsme sacré. E , quando la signora Ursula von der Leyen ci promette mari e monti, a me rimane il sospetto che lo faccia perché promettere non costa nulla.

Chiunque chiede agli altri di essere buoni e generosi non è buono e generoso lui stesso: è egoista. Se volesse essere buono e generoso lui stesso, dovrebbe chiedersi piuttosto che cosa può fare per gli altri. Non che cosa può chiedergli.

giannipardo1@gmail.com

 

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