Economia
Mediaset, il modello ibrido e la strategia di Pier Silvio

Vantaggi dall'integrazione di Internet con il digitale terrestre
La tendenza prima verso forme di offerta tematiche, che guardano più alle esigenze mirate dei diversi pubblici, con contenuti e generi specifici di programmazione, di cui la pay tv (e nel nostro caso Sky) ha rappresentato l’esempio di maggior successo, ha costretto la stessa Mediaset a entrare e competere in un settore molto distante per offerta e competenze dal campo di gioco tradizionale. E nonostante il supporto della politica, tesa a favorire la tv in chiaro e il digitale terrestre (vedi interventi anche legislativi ad hoc per finanziare l’uso dei decoder e i maggiori limiti pubblicitari in capo alle pay tv), il tentativo di ingresso sul terreno della televisione a pagamento allo scopo principale di ridurre il peso del principale concorrente nel mercato televisivo – e così evitare di mettere in crisi il “confortevole duopolio” – si è rivelata, alla resa dei conti, perdente. Nel frattempo, poi in questo processo è intervenuta la rivoluzione di Internet, con l’affermarsi dei social media e dei contenuti generati dagli utenti (You Tube), in altre parole delle piattaforme di condivisione, che hanno aperto la strada, con l’aumentare della diffusione della banda larga nel nostro paese, al video streaming e ai servizi di video on Demand come Netflix, Disney+ e Amazon Prime.
Il caso Vivendi
Nel nuovo complesso scenario, ad aprile del 2016 Mediaset e Vivendi, di proprietà del magnate francese Vincent Bolloré, siglarono un accordo che sembrava destinato ad avere un impatto rilevante sul futuro della televisione, non solo in Italia. L’intesa, che arrivava sei mesi dopo l’ingresso di Netflix in Italia, un elemento chiave per meglio comprendere le ragioni dell’operazione, prevedeva uno scambio azionario e l’ingresso del colosso francese, già principale azionista di Telecom Italia, nel capitale della tv italiana, oltre all’acquisizione di Mediaset Premium. In questo modo, Mediaset si liberava del gravoso fardello di Premium, che aveva condizionato negativamente le sue strategie e i suoi conti, abbandonando un’attività estranea al proprio core business per concentrarsi sui territori più noti e battuti della tv in chiaro, grazie anche all’ulteriore iniezione di risorse del partner francese, potendo così dar vita a un processo di espansione anche a livello europeo. Mediaset inizia così la scalata a ProSiebenSat.1, uno dei due colossi della TV commerciale tedesca (l’altro è Rtl) e lancia il progetto di Mfe, il più importante network commerciale europeo, che alla quota azionaria dell’emittente tedesca (maggioritaria ma non di controllo), unisce quella delle tv di Mediaset, principale operatore televisivo commerciale sia in Italia che in Spagna (Teleçinco).