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Economia
Privatizzazioni, formula Poste. Rumors: sul tavolo subito l'Eni

C’è chi come l'economista della Bocconi Carlo Alberto Carnevale Maffè non usa mezzi termini e commenta: “Un caso di treccartismo del debito pubblico. La politica vuole il filetto della riduzione “formale” del debito ma non molla l’osso del controllo”. Sta di fatto che l’indiscrezione, diffusa ieri dall’agenzia Reuters citando “una fonte a conoscenza della situazione”, di un piano allo studio del ministero dell’Economia e finanze (Mef) per conferire a Cdp quote di società partecipate per tagliare il debito pubblico di circa 20 miliardi di euro sta già accendendo la fantasia di banchieri d’affari e broker.

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Secondo l’ipotesi allo studio, che sembra riprendere, ampliandole, voci già circolate un paio di settimane fa in merito al destino dell’ultima tranche di Poste Italiane in mano al Tesoro (29,26%), la stessa Cdp potrebbe finanziare l’acquisizione emettendo nuove azioni privilegiate da cedere a investitori istituzionali, allettati dalla prospettiva di un dividendo privilegiato. Oltre alla quota residua in Poste italiane, che da sola vale oltre 2,35 miliardi di euro alle quotazioni attuali, il Mef ha in portafoglio ancora il 23,58% di Enel, che vale altri 10,5 miliardi, il 4,34% di Eni, per un controvalore di 2,4 miliardi, il 30,20% di Leonardo, che vale poco più di 2,3 miliardi e il 53,37% di Enav, per quasi 1,1 miliardi.

Facendo la somma sono in tutto 18,65 miliardi. Da parte sua il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha confermato l’impegno a proseguire con la stagione delle privatizzazioni, anche se nel Def il target annuale è sceso dallo 0,5% allo 0,3% di Pil, pari a 5 miliardi l’anno.

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Per il momento tra Mef e Cdp “sono state scambiate delle idee, con obiettivo di tornarci a breve sopra e con l’impegno di prendere eventualmente decisioni concrete”, ma per cedere le partecipazioni detenute dal Mef in società quotate non c’è bisogno di alcun nuovo avallo normativo, si potrebbe procedere come lo scorso anno quando una tranche del 35% di Poste Italiane venne girata a Cdp.

Un trasferimento che permette, appunto, una riduzione formale del debito pubblico e, in teoria, un aumento dell’efficienza delle società pubbliche, ma che di fatto mantiene sotto il controllo del “Palazzo” le società in questione con tutte le conseguenze di governance del caso, come si è visto di recente con la gestione dei rinnovi o conferme dei vertici delle principali partecipate quotate in borsa.

Ma come potrebbe concretamente il governo centrare l’obiettivo che si è dato nel Def? L’operazione che, secondo i rumors che girano in Transatlantico, probabilmente è più prossima ad essere siglata è il trasferimento a Cdp della residua partecipazione in Poste Italiane, cui potrebbe essere affiancata la cessione del residuo 4,34% di Eni, così da raggiungere, se le quotazioni saliranno almeno di un altro 5%-10% rispetto ai livelli attuali, il controvalore desiderato di 5 miliardi di introiti entro fine anno.

(Segue...)

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